Ferruccio De Bortoli per “L’Economia - Corriere della sera”
Secondo il presidente dell' Abi, Antonio Patuelli, la reputazione delle banche non corrisponde alla realtà. Ha ragione. La crisi del credito in Italia è stata profonda ma si avvia lentamente a una soluzione. Con l'aiuto pubblico al Monte dei Paschi, la laboriosa cessione delle good banks da parte del Fondo di risoluzione e il probabile ingresso dello Stato (attraverso un aumento di capitale che diluirà Atlante) nella Popolare di Vicenza e in Veneto Banca, si intravvede finalmente una via d' uscita.
Lo Stato entra a prezzi di saldo in banche ripulite, o almeno si spera, a spese di migliaia di azionisti e obbligazionisti talvolta ignari dei rischi cui andavano incontro. Con quale strategia? Anche le sofferenze nette, secondo le stime dell' Abi, risultano attualmen te calate a 77 miliardi. Grazie anche all'operazione Unicredit. Il Fondo Atlante le ridurrà presto di altri 14 miliardi.
Il lavoro di smaltimento dei non performing loans - i crediti deteriorati - è imponente ma non è detto che, nelle more delle procedure di recupero o per incagli contabilizzati ancora in bonis, non emergano altre amare sorprese. Una certa prudenza, nell'archiviare la stagione buia del credito, sarebbe dunque opportuna.
VORAGINI
L'incredibile vicenda delle due popolari venete e del Monte Paschi dovrebbe far riflettere sulla capacità del sistema di controllare e accertare la qualità del credito, al di là di certe incomprensibili rigidità regolamentari europee e qualche nostrana distrazione.
Il fondo Atlante era intervenuto a Vicenza e a Montebelluna, con la sotto garanzia di Unicredit e Intesa, nel maggio 2016, per 2,5 miliardi complessivi. Si era convinti, con l'avallo della Bce, che quello fosse l'importo sufficiente per coprire i buchi del passato. In pochi mesi ci si è resi conto che la voragine era ben più ampia, otto miliardi. Nemmeno i rischi legali erano stati calcolati.
Al Monte dei Paschi è accaduto qualcosa di analogo. Il fabbisogno finanziario è via via cresciuto. Poco prima degli stress test della Bce, nel luglio dello scorso anno, Ubi era pronta a intervenire a Siena con un aumento di capitale di 2,5 miliardi. Oggi il fabbisogno è di 8,8 miliardi. Il piano messo a punto da Jp Morgan, della fine dello scorso anno, ne stimava 5.
La domanda che viene spontanea è che cosa sarebbe accaduto agli azionisti e agli obbligazionisti se fossero passate proposte di aumento e di quotazione rivelatesi, solo poche settimane dopo, del tutto inadeguate? Il caso della spagnola Bankia ha fatto scuola. Nel 2011, quella che si presentava come una sintesi virtuosa di sette casse di risparmio, venne quotata prima di scoprire un buco gigantesco che avrebbe portato al successivo intervento dello Stato.
Il sistema bancario italiano in gran parte va bene. Ed è assolutamente comprensibile che voglia chiudere un capitolo doloroso per l'immagine complessiva del mondo del credito. Eppure, se si guarda nello specifico del caso veneto, si nota che la Banca centrale europea ha voluto che si coprissero anche le sofferenze future come se temesse - i pregiudizi anche etnici sono radicati - un' operazione di pulizia del tutto parziale che non tiene conto di incagli e sofferenze future, già però prevedibili.
L'intervento con denaro pubblico nel salvataggio di alcuni istituti dovrebbe suscitare un ampio dibattito sul modo di fare banca nel nostro Paese - anche per valorizzare le buone condotte - e sul comportamento di Banca d'Italia. L' occasione per consolidare gli anticorpi.
Il timore è invece che il balsamo statale sia scambiato, come avvenuto in altri settori, come un intervento obbligato, quasi dovuto, che non comporta una riflessione profonda su qualità del management, efficacia della governance e condotta delle associazioni di categorie. Perché gli associati, il cui comportamento ha poi danneggiato istituti sani e ben gestiti non sono stati isolati e eventualmente denunciati per tempo?
EMILIO BOTIN SENIOR PADRE DELL ATTUALE CAPO DI SANTANDER
Erano tutti all'oscuro di tutto? Nella loro inchiesta «Banche impopolari» (Mondadori), Andrea Greco e Franco Vanni descrivono con esattezza la differenza abissale di comportamenti fra Vicenza e Sondrio, tanto per fare un esempio. Ma come potevano convivere sotto lo stesso tetto associativo?
La mancata risposta a un interrogativo di questo tipo non consente di rubricare come un incidente di percorso la conferma di Giuseppe Mussari alla presidenza dell'Abi, voluta dalle banche maggiori, quelle sane. L'esplosione delle sofferenze è spiegata dalla profondità della crisi economica, dallo sgonfiarsi dell' attività edilizia soprattutto nel Nord Est.
RELAZIONE BANKITALIA SU ANTONVENETA
Ma avvalorare, in un ripetuto storytelling, che la causa delle perdite, ricadute su azionisti e obbligazionisti, sia esclusivamente dovuta alla brusca inversione del ciclo economico, è una pericolosa post verità. Fa torto alla bontà di molte gestioni.
Gran parte dei crediti perduti venne concessa con benevolenza, anche agli amici, agli azionisti destinatari di «prestiti baciati», a parti correlate, in anni da «vacche grasse». L'impressione all' estero è che da noi prevalga una tendenza manageriale al «bull market» e che le lezioni di prudenza dei Mattioli, dei Cingano e dei credito, di valutazione delle garanzie, al di là dell' applicazione di modelli e algoritmi.
AUTORIZZAZIONE DRAGHI PER ANTONVENETA
Così come si staglia, all'orizzonte, un gigantesco tema di redditività, che in Italia varia tra il 2 e il 7 per cento, molto al di sotto della media europea. In un' epoca di tassi bassi, di avvento di nuove tecnologie, il modello di business non si esaurisce nel raccogliere e prestare denaro, ma nel moltiplicare le commissioni, non raramente senza distinguere le buone dalle cattive.
L'arrivo del denaro pubblico dovrebbe, dunque, essere accompagnato dall' impegno a discutere di più e apertamente dei nodi strutturali e comportamentali del sistema. A cominciare dalla prossima assemblea di Banca d' Italia. Non è solo una questione di costo del lavoro. Anche perché quelle ricapitalizzazioni saranno fatte, giustamente, grazie alle tasse degli italiani, ovvero al loro risparmio.
Emilio Botin, capo del Santander, scomparso nel 2014, diceva che un banchiere dovrebbe seguire tre regole: prestare solo a chi si conosce, non comprare prodotti che non si comprendono, non vendere mai ai clienti quello che non si è disposti a comprare per la propria banca. Avendo la sua Santander rifilato con destrezza, L'Antonveneta al Monte Paschi, affossandolo, forse non era nel torto.