DAGONEWS
Un pacco di nome Saipem. Con tutto il rispetto per la gloriosa società di infrastrutture petrolifere, controllata al 42% da Eni, la partita che si sta giocando in questi giorni fra Palazzo Chigi, Cane a sei zampe e Cassa depositi e prestiti ricorda il gioco del cerino.
A menare le danze è naturalmente l’Eni, abituata a fare i propri comodi con qualunque governo. Claudio Descalzi ha detto chiaramente a Matteo Renzi che se il Tesoro vuole incassare anche quest’anno il consueto ricco dividendo dal colosso petrolifero gli deve togliere il macigno della Saipem. Niente ultimatum, per carità (Descalzi è sotto scacco della magistratura e deve a Renzi la poltrona), ma un solido ragionamento fattuale.
Tanto per ricordare due cifre, a parte i guai giudiziari, Saipem ha chiuso il primo semestre con un fatturato in calo a quota 5,3 miliardi, ha perso 709 milioni di euro e il suo indebitamento raggiungerà i 5 miliardi a fine anno. Una bella zavorra per il gruppo di San Donato Milanese.
La soluzione prospettata da Descalzi al governo è quella sapientemente fatta uscire nei giorni scorsi sulla stampa: una bella operazione della Cdp. Ma bella è dire poco. Si suonino le fanfare alla prima impresa della gestione di Claudio Costamagna, desideroso come pochi di rilevare un bel pacchetto di azioni Saipem allo scopo, si leggeva su un giornalone, di “difenderne l’italianità”.
Questo perché le quotazioni di Saipem sono bassine e un takeover sarebbe a prezzi scontati. E poi sarebbe una brillante operazione di quella “politica industriale” che tanto manca al nostro Paese. Oh yes.
Il problema è che all’ex banchiere di Goldman Sacks stanno tirando parecchio la giacchetta e in Cdp, a microfoni spenti, c’è chi si lamenta di come qualcuno stia infiocchettando un problemone come la Saipem. Costamagna è molto dubbioso sull’operazione.
Non è contrario per partito preso, ma vuole vederci chiaro, capire quanti soldi costa e che vantaggi porterebbe alla Cdp. Anche perché l’uomo che ha preso il posto di Bassanini si è già reso conto che la Cassa non è seduta su alcun tesoro. Anzi, sta pagando la scarsa redditività dei titoli di Stato e ha già un parco-investimenti, attraverso il Fondo strategico italiano, la cui redditività è tutta da verificare.
Tutta da verificare, per quello che conta, anche l’opinione dell’”azionista” Eni Pier Carlo Padoan. Come segnalato ieri da Dagospia, il ministro dell’Economia non attraversa una fase felice del suo rapporto con Renzi. E si lamenta con gli amici che è costretto a subire parecchi diktat e che il rapporto con il premier cazzaro è scandito da troppi sms e poco dialogo. Gli si chiede di sforare (sul deficit) e sforerà (con il permesso di Bruxelles). Chissà se sforerà anche Costamagna.