Giorgio Arfaras per “la Stampa”
Le sanzioni occidentali, sia statali sia private, hanno messo con le spalle al muro l'economia della Russia. Elvira Nabiullina, la governatrice della Banca centrale russa, lo ammette con un linguaggio criptato, quando dice che «l'economia non può vivere di riserve all'infinito», e che già nel secondo trimestre del 2022 - cioè, adesso - l'economia russa entrerà in un periodo di «trasformazioni strutturali».
Vladimir Putin e Elvira Nabiullina
In una relazione alla Duma, ha parlato di «sanzioni che colpiscono soprattutto il mercato finanziario, che però cominciano a farsi sentire su tutta l'economia»: sia quelle decise dagli Stati, come l'uscita dal sistema delle informazioni del sistema finanziario, lo Swift, come il congelamento delle riserve in valuta della Banca Centrale russa, come il blocco delle ricchezze dei pretoriani del regime, sia quelle decise da società private, come il blocco delle esportazioni dì tecnologia, e come la chiusura delle attività delle grandi aziende dal mercato russo.
Sono da qualche tempo disponibili le previsioni della caduta dell'economia russa, stimata intorno al dieci per cento nell'anno in corso, e della ripresa successiva, che sarà, sempre secondo queste stime, molto modesta ancora per molti anni. Le previsioni qualitative, quelle non misurate dal Pil, sono forse peggiori, perché centrate sulla mancanza dei beni di consumo e delle componenti occidentali, e dei viaggi all'estero resi quasi impossibili, che riportano la Russia al passato sovietico.
Mosca ha una reazione duplice: quella politica, direttamente dal presidente Vladimir Putin, che sostiene come l'economia si stia stabilizzando, e che il «blitzkrieg» delle sanzioni occidentali non abbia messo con le spalle al muro la Russia, e quella tecnica, espressa dalla governatrice della Banca Centrale, che conia il nuovo eufemismo di «trasformazioni strutturali» per dire che la Russia non ha più le risorse per andare avanti.
Manifestanti arrestati a Mosca 5
L'economia russa è infatti centrata sulle materie prime, soprattutto quelle dell'energia non rinnovabile. Queste sono una parte cospicua delle entrate dello Stato, che così può tassare poco i cittadini, e una parte ancora più cospicua delle esportazioni, grazie alle quali la Russia può importare ciò che le serve senza essere competitiva con dei prodotti sofisticati.
È la «maledizione delle materie prime», che disincentivano, grazie alla ricchezza che procurano, la formazione dì un'economia diversificata e competitiva. Un obiettivo invocato negli anni ripetutamente da Putin, che però non è raggiungibile per un decreto dall'alto. Chi intraprende un'attività economica che può avere una qualche possibilità dì successo deve avere certezza della proprietà, deve potersi rivolgersi a dei tribunali che abbiano dei giudici indipendenti dal potere politico, deve poter essere rappresentato da una parte politica. Tutte condizioni che si sono formate nei secoli in Europa per poi estendersi a poche altre parti del mondo.
Si hanno così due strategie, quella «conservatrice» di Putin, che sostiene che nulla di grave è accaduto con le sanzioni, e quindi si può andare avanti lasciando le cose come sono, e quella che possiamo definire «riformista» di Nabiullina, che fa capire come l'economia russa debba cambiare per rimediare alla sua vulnerabilità. Putin vuole rassicurare la cittadinanza e alimentare l'orgoglio patriottico, ma assume implicitamente che la Russia possa dare avanti ancora per decenni grazie alle materie prime non rinnovabili, in un mondo sempre più "verde". Nabiullina si rende conto che la Russia ha bisogno di un'economia diversificata e competitiva, che però necessità di un assetto politico più democratico.
Insomma, due strategie politiche, quella della presidenza e quella della Banca Centrale, che non potranno, per ragioni diverse, avere successo. E quindi le «trasformazioni strutturali» di cui parla Nabiullina potrebbero essere non tanto le necessarie riforme, quanto il ridimensionamento di un'economia sempre più sotto schiaffo alle esigenze della guerra che il Cremlino considera necessaria alla sua sopravvivenza politica.
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