Attilio Barbieri per “Libero quotidiano”
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Mangiare costa sempre di più. Nonostante a giugno i prezzi restino sempre molto freddi, con un aumento dello 0,1% su base mensile e una diminuzione dello 0,2% su base annua - stesso calo registrato a maggio - i prezzi dei generi alimentari rincarano. Mentre sull'indice generale incide il -12% fatto registrare dai beni energetici, il carrello della spesa segue una traiettoria ben diversa.
Secondo l'Istat i cartellini degli alimentari sono cresciuti a giugno del 2,1, con una distinzione netta, però, fra alimentari non lavorati che hanno fatto registrare un +1,2% a fronte degli alimentari non lavorati rincarati del 3,5%. Ma a fregarsi le mani per questi andamenti non sono certo né i coltivatori né, tantomeno, gli allevatori. Il balzo dei prezzi sul bancone è secco: latte +3,1%, salumi +3,5%, verdura +4,6%, frutta +11,5%, carne +2,7%. Ma all'origine molte di queste derrate stanno calando, come segnala la Coldiretti.
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IL CASO DEL LATTE
Emblematico il caso del latte bovino: a fronte di un aumento superiore al 3% al consumo, la quotazione alla stalla è letteralmente precipitata. In Lombardia, assieme all'Emilia il maggiore mercato lattiero caseario italiano, un litro di alimento bianco si paga poco più di 36 centesimi al litro, il 9,9% in meno di un anno fa. Effetto anche del crollo registrato nelle esportazioni dei nostri formaggi leader, come Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Una caduta che ha messo in ginocchio un consistente numero di allevatori ai quali viene offerto un prezzo inferiore addirittura al costo di produzione.
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Ancora meno comprensibili gli andamenti di prezzo per gli alimentari lavorati. Il pesce surgelato aumenta del +3,5%, la pasta del +3,3%, lo zucchero del 2,8%, l'acqua minerale dell'1,8%, il pane dell'1,4%. Emblematico il caso dei formaggi: mentre il loro prezzo medio sul bancone aumenta dell'1,6%, le quotazioni al caseificio sono sempre in caduta libera. Per fermarci ai formaggi più venduti, il Parmigiano Reggiano stagionato 12 mesi, a giugno si vendeva dal produttore a 7,56 euro al chilogrammo, il 31,41% in meno rispetto allo stesso mese del 2019. E a giugno il Grana Padano era calato del 6,65%.
Non a caso i due consorzi di tutela delle Dop hanno deciso di ritirare ciascuno oltre 300mila forme. « A incidere sulle quotazioni», sottolinea la Coldiretti, «sono le difficoltà in cui versa la ristorazione, tuttora alla prese con una difficile ripartenza dopo il lockdown. Una situazione che ha favorito le speculazioni al ribasso nei campi e nelle stalle con il paradosso che mentre i prezzi al consumo aumentano, quelli pagati agli agricoltori e agli allevatori crollano, dalla carne al latte fino a molti ortaggi. Le quotazioni riconosciute ai produttori in molti settori - sottolinea la Coldiretti - non coprono più neanche i costi e mettono a rischio il sistema agroalimentare nazionale».
ESPLODONO LE ALBICOCCHE
L'unico segmento dove si verifica una corrispondenza fra gli aumenti dei prezzi al consumo e quelli all'origine è la frutta fresca, per la quale l'Istat ha registrato rincari al bancone nell'ordine dell'11,5%. Effetto anche del raffronto fra la campagna di raccolta 2020 con quella dello scorso anno, quando un ondata di caldo fece maturare di colpo la frutta di stagione in tutta Europa, facendone precipitare le quotazioni al campo. Mentre quest' anno il raccolto è stato particolarmente scarso per le grandinate. Si spiegano così il +109,5% delle albicocche, il +57,4% delle ciliegie, il +55,1% delle fragole e il +82,6% delle pesche, registrati all'origine.
Numeri che non descrivono a loro volta il dramma di molti frutticoltori la cui produzione è stata più che dimezzata a causa degli eventi atmosferici e i cui ricavi sono comunque pericolosamente vicini ai costi sostenuti. Andamento inspiegabile anche per i salumi. Mentre prosciutti, mortadelle, coppe e salami rincarano del 3,5% sul bancone, la carne dei suini d'allevamento è addirittura precipitata alla stalla a 2,06 euro al chilo, il 22,3% in meno rispetto a un anno fa.