Emanuela Rossi per www.startmag.it
C’è a Siena una bomba pronta a esplodere: è il petitum ovvero le richieste di risarcimento danni giunte negli anni a Montepaschi e che in parte potrebbero concretizzarsi dopo la condanna degli ex vertici Alessandro Profumo e Fabrizio Viola da parte del Tribunale di Milano nel processo sulle presunte irregolarità nella contabilizzazione dei bilanci nel periodo tra il 2012 e il primo semestre del 2015 e per le false comunicazioni solo per l’ultimo semestre del 2015. Tutto mentre il governo nei giorni scorsi ha firmato il decreto con cui si impegna a far uscire il Tesoro, dal 2017 primo azionista con il 68%, dal capitale della banca entro la primavera del 2022. La questione dei contenziosi, c’è da scommettere, sarà affrontata dal consiglio d’amministrazione in agenda per il 5 novembre.
LA SENTENZA CONTRO PROFUMO E VIOLA
Con la sentenza della scorsa settimana, dunque, l’ex presidente del Monte di Paschi di Siena, e attuale amministratore delegato di Leonardo, Alessandro Profumo, e l’ex ad di Mps, Fabrizio Viola, sono stati condannati a 6 anni di reclusione, a una multa da 2,5 milioni ciascuno, al risarcimento delle parti civili ammesse, all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni e dalle cariche direttive nelle imprese per 2 anni. La condanna è invece pari a tre anni e sei mesi per l’ex presidente del collegio sindacale, Paolo Salvadori.
“La condanna – come ha rilevato Repubblica – è per aver rappresentato i veicoli societari Alexandria e Santorini nei conti Mps come portafogli di titoli di Stato miliardari, mentre quei Btp erano solo a garanzia di derivati con cui Mps assicurava dal default dell’Italia le controparti Nomura e Deutsche Bank; il tutto con ‘scambio’ tra i due tassi molto dannoso per Mps”. Si tratta di una pratica avviata dalla gestione precedente, quella di Giuseppe Mussari e di Antonio Vigni, “per girare alle due banche d’affari perdite Mps del 2008 e che i manager giunti a rimpiazzarli, con il conforto di Consob e Bankitalia, non hanno ricontabilizzato, tenendo una mina nei conti della banca che mesi dopo (2016) chiedeva 5 miliardi in aumento di capitale ai soci”.
A QUANTO AMMONTA IL PETITUM?
Occorre dire che nei conti di Rocca Salimbeni giacciono 2 miliardi di euro di richieste danni proprio relative alla gestione Profumo-Viola tra il 2012 e il 2015 che ora potrebbero materializzarsi e finire nelle tasche delle 4 mila parti civili di risparmiatori, tra cui l’associazione “Buongoverno di Siena”.
Si tratta però solo di un quinto dei contenziosi che pendono sulla testa di Montepaschi perché al 30 giugno scorso, come asserito poche settimane fa dall’ad Guido Bastianini durante l’audizione in commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, il totale superava i 10 miliardi.
In particolare per i contenziosi “probabili” le richieste erano pari a 6,6 miliardi, per i “possibili” pari a 2,2 miliardi e per i “remoti” pari a 1,4 miliardi. Nel primo caso gli accantonamenti erano il 26% delle somme richieste e costituivano i due terzi circa di tutti gli accantonamenti a fronte di contenziosi. Come emerge dalla presentazione della semestrale, invece, non erano state accantonate risorse a fronte dei circa 2,2 miliardi di richieste per i danni causati dalla gestione Profumo-Viola in quanto “la banca ritiene il danno non probabile”. A questo punto, secondo Repubblica, “uno stuolo di legali e consulenti è già al lavoro per produrre una stima di accantonamento che sia coerente e al contempo sostenibile per il patrimonio da mesi fragile della banca”.
In audizione il manager aveva ripercorso le tappe dei principali procedimenti penali che riguardano Mps: tra il 2008 e 2011 cause penali legate perlopiù all’acquisizione di Antonveneta, nel 2012 l’avvio delle indagini da parte della Procura della Repubblica di Siena per falso in bilancio e manipolazioni di mercato inerenti ai bilanci di esercizio 2009-2012 (operazioni Alexandria e Santorini), a novembre 2015 il rinvio a giudizio da parte della Procura di Milano per Mussari, Baldassarri e Vigni, condannati in primo grado a novembre 2019.
Sempre durante l’audizione Bastianini ha ricordato che al 31 marzo 2020 la banca fronteggiava “108 controversie promosse da soggetti che hanno investito in obbligazioni subordinate emesse dall’istituto, per un petitum complessivo di circa 47 milioni di euro. Tale contenzioso è per la maggior parte relativo a investimenti in obbligazioni Lower Tier II, e gli attori sono perlopiù soggetti che hanno subito una conversione ex legge dei loro titoli in azioni ordinarie”.
L’ad è poi tornato sulla richiesta danni da 3,8 miliardi di euro da parte della Fondazione Mps, arrivata lo scorso agosto dopo l’iniziativa del sindaco di Siena, Luigi De Mossi, e giudicata “poco opportuna per mille motivi” come altre operazioni del genere. Si tratta di una richiesta “che si riferisce ad eventi di dieci-dodici anni fa, avrei sperato che non arrivasse, ci è arrivata in occasione della semestrale e l’abbiamo raccontata con maggiore dettaglio possibile” nella relazione semestrale. Comunque, ha concluso, “la riteniamo una causa su cui abbiamo ottimi argomenti per contrastare le loro richieste” ha sottolineato augurandosi poi che “non ci siano impatti economici per la banca”.
Le parole di Bastianini sono state commentate dalla presidente della commissione bicamerale, Carla Ruocco (M5S), secondo cui si intravedono “luci e ombre nella gestione della banca” e risultano “seri interrogativi sulla gestione fallimentare dell’allora banca privata, sulla professionalità del management della stessa banca, sul mero rispetto della forma in danno della sostanza, sul necessario intervento riparatore dello Stato e sul ruolo che lo stesso deve avere una volta impiegate le risorse pubbliche e forse, anche, nell’attività di vigilanza sullo stesso intermediario”.
IL DECRETO PER LA CESSIONE DEGLI NPL
Il provvedimento, che secondo Il Sole 24 Ore era pronto già a inizio settembre e che nei giorni scorsi aveva completato i passaggi tecnici al ministero dello Sviluppo economico, autorizza la scissione degli 8,1 miliardi di crediti deteriorati ad Amco, l’ex sga, e propone tre strade per la privatizzazione dell’istituto di credito: la fusione con un’altra banca, l’offerta del pacchetto azionario del Tesoro, la gara. In direzione della prima possibilità è sembrata particolarmente utile la designazione a presidente di Unicredit di Pier Carlo Padoan, ministro a Via XX Settembre all’epoca del negoziato con Bruxelles, Francoforte e Vigilanza che ha portato alla ricapitalizzazione di Mps.
Intanto il prossimo appuntamento è l’emissione di un bond Tier 1 aggiuntivo di 700 milioni che dovrà essere acquistato da privati almeno per il 30%.
Della cessione dei crediti deteriorati ad Amco ha parlato anche Bastianini in audizione nella commissione presieduta da Ruocco sottolineando che l’operazione Hydra consente a Siena “di affrontare l’attuale crisi economica con una posizione più solida, di tornare a generare capitale nel medio periodo e di poter attrarre nuovi investitori”. Insomma “costituisce per Mps una fondamentale opportunità per ridurre in misura significativa la rischiosità creditizia del gruppo”.
Nell’occasione l’ad ha ricordato che la riduzione di patrimonio connessa all’operazione si è ridotta da 1,1 miliardi a 960 milioni e che grazie alla scissione di npl Mps si allinea ai migliori standard del mercato italiano per la rischiosità creditizia con un gross npl ratio del 4% a giugno 2020. Durante il suo intervento Bastianini ha pure evidenziato le condizioni sospensive tra cui il tetto di 150 milioni per il pagamento delle azioni ai soci che eserciteranno il recesso.