Massimo Giannini per “Affari & Finanza - la Repubblica” - Estratti
LUIGI LOVAGLIO MONTE DEI PASCHI DI SIENA
“Hai presente il Palio? I cavalli sono dentro i canapi, ma ne manca sempre uno, che osserva, scalpita, scalcia e aspetta. Finché non entra lui, la mossa non parte. Ecco, su Siena siamo fermi lì. Il cavallo buono non entra nei canapi, e quindi c’è lo stallo...”. La metafora usata dal Banchiere Anziano qualche giorno fa appariva un po’ logora, ma rendeva bene l’idea. La privatizzazione del Montepaschi si era fermata.
Il commiato definitivo del Tesoro dall’azionariato della banca senese, promesso da tempo, sembrava rinviato sine die. E invece, dopo lunghe tribolazioni, alla fine il cavallo si è deciso ad entrare nei canapi, e il Palio è partito. Quel cavallo è Bpm, che compra il 5% insieme alla sua neo-controllata Anima, che ne rileva il 3.
A seguire, secondo gli accordi, entrano Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, e Francesco Gaetano Caltagirone, con un 3,5% a testa. È una buona notizia per lo Stato, che rimpingua le sue povere casse: il Mef ha ancora in mano l’11,7%, ma cedendo un altro 15% incamera una plusvalenza da 1,1 miliardi, che si va ad aggiungere ai 2,7 miliardi già ottenuti con le tre vendite del 2023.
andrea orcel andrea ceccherini sergio mattarella
Siamo ancora lontani dal pareggiare i costi del salvataggio da 7 miliardi, ma un discreto ritorno si comincia a vedere. L’istituto è largamente risanato, Luigi Lovaglio ha fatto un eccellente lavoro di ripulitura del bilancio, con un utile che nei primi nove mesi dell’anno è aumentato di 407,7 milioni, portando le stime su fine anno intorno a 1,6 miliardi, in crescita del 68% rispetto all’esercizio precedente.
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Ma questa soluzione è buona anche per il futuro del Monte? Qui il giudizio è più problematico. Via Nazionale — come ribadisce ancora una volta il Banchiere Anziano — ha provato in tutti i modi a favorire una soluzione tutta interna al sistema creditizio. Ma a quanto pare non c’è stata trippa per gnomi. La pista Unicredit è tramontata quasi subito: Andrea Orcel ha tutt’altro per la testa, impelagato com’è nella scalata a Commerzbank.
Altre due ipotesi in campo sono cadute subito: o un socio bancario estero, tipo i francesi di Crédit Agricole, oppure Unipol, che con Mps avrebbe creato un polo di bancassicurazione fortissimo.
C’era un macigno enorme, sulla strada per Parigi o su quella per Bologna (che Carlo Cimbri avrebbe imboccato volentieri, visto che ha già in pancia il 24,6% di Bper e il 19,7% della Popolare di Sondrio).
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Quel macigno l’hanno piazzato subito Meloni e Salvini. Nel primo caso, vale il principio sovranista: i nostri cadornisti all’acqua pazza hanno un imperativo categorico, “non passa lo straniero”. Nel secondo caso, pesa il pregiudizio anti-comunista: i patrioti neri regalerebbero Mps persino all’“usuraio Soros”, piuttosto che veder rinascere un gigante della Finanza Rossa (come da piano Fassino-Consorte di vent’anni fa).
Restava la chance Bpm, la preferita dalla Banca d’Italia, perché attraverso una fusione avrebbe configurato una vera operazione “di sistema”. Hanno provato a convincere Giuseppe Castagna, ma alla fine il massimo che gli hanno strappato è un ruolo da pivot, visto che il piano Bpm 2023-2026 è restare “in solitaria”.
«Con un po’ di sano dirigismo — confessa ancora il Banchiere Anziano — il problema si sarebbe risolto così: Fabio Panetta avrebbe convocato Castagna a Palazzo Koch e gli avrebbe ‘comandato’ l’acquisto dell’intera quota in mano al Tesoro. Ma questo governatore non lo farà mai…».
Forse è un bene, visto che quando ci provò Antonio Fazio, all’epoca di Fiorani e dei “furbetti del Quartierino”, i risultati furono disastrosi. Ma forse è un male, perché così Mps resterà in una sorta di limbo dorato, nelle mani di soci industriali solidissimi ma non bancari in senso stretto come Caltagirone e Milleri, la “strana coppia” che combatte da anni la battaglia in Generali contro Mediobanca.
E c’è persino chi non esclude che Mps sia solo la tappa intermedia, per rilanciare l’offensiva su Piazzetta Cuccia. Non si può escludere, e non c’è da meravigliarsi: questa è la cifra del capitalismo tricolore, animato dai “soliti noti” e ridotto ormai a pochissimi player. Come dice il Banchiere Anziano: «Possibile che per qualunque partita industrial-finanziaria aperta in questo Paese ci restano sempre e soltanto i Caltagirone, i Del Vecchio o gli Aponte?».