Francesco Spini per “la Stampa”
Slitta al 2017, nei primi giorni di gennaio (probabilmente dopo l' Epifania), l' acquisizione da parte di Ubi Banca di tre delle quattro banche che nel novembre del 2015 costituirono una specie di prova generale dell'attuale bail in (il salvataggio interno) per evitare la liquidazione, e che misero in ginocchio centinaia di possessori di obbligazioni subordinate.
Le nuove Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti - nate nell' ambito della procedura di risoluzione che le scorporò dalle bad bank, cariche dei crediti deteriorati - dovevano finire alla banca guidata da Victor Massiah entro il 31 dicembre. Per lo meno anche alla Vigilanza della Bce le attese erano queste, visto che proprio a questo giornale Ignazio Angeloni, membro del consiglio guidato da Danièle Nouy, pochi giorni fa aveva confidato la fondata speranza di Francoforte di veder chiusa l'operazione in tempo utile.
Invece no. Il termine del 31 dicembre non è perentorio, ma legato ai contributi delle banche al Fondo di Risoluzione. Insomma, il termine potrà essere sforato senza conseguenze. E così sarà. Ieri si sono riuniti i consigli di gestione e di sorveglianza di Ubi Banca. I consiglieri sono stati informati dello stato dell'arte della trattativa, avanzatissima, ma per la firma l'appuntamento è stato dato a gennaio.
Non ci dovrebbero essere intoppi: Ubi ha ottenute molte concessioni da Francoforte. Il passaggio avverrà a un prezzo simbolico, la banca bresciana potrà estendere l' applicazione dei modelli interni sui rischi, godere di 600 milioni e passa di crediti fiscali, degli avviamenti negativi.
Prima del passaggio il Fondo di Risoluzione ricapitalizzerà le tre banche per una cifra vicina ai 500 milioni per portare il loro indice patrimoniale Cet1 al 9%, in seguito Ubi farà la sua parte con altri 350-400 milioni per mantenere il proprio indicatore all' 11%. Prima della firma però ci sono ancora questioni legali da risolvere, inoltre va chiuso il cerchio sui crediti deteriorati successivamente alla risoluzione.
Il comitato investimenti del fondo Atlante II ha dato il suo nulla osta all'acquisto di una fetta consistente di tali prestiti: circa 2,5 su 3,6 miliardi totali. Per oggi sono già stati preallertati i cda delle tre good bank guidate da Roberto Nicastro per il via libera alla vendita di tali crediti. All' appello, tra le banche buone, ne manca una: CariFerrara, la Cenerentola del gruppo.
Il suo acquisto è allo studio della Popolare dell' Emilia Romagna. Che però vuole una banca alleggerita dai costi. Il 21 dicembre l' istituto ha dichiarato 400 esuberi su 850 dipendenti. In 250 rischiano il licenziamento con 24 mensilità. Lando Sileoni, leader della Fabi, attacca: Vogliamo conoscere, in via ufficiale, le motivazioni per le quali sembrerebbe che Bankitalia, prima azionista della CariFerrara, abbia scelto quale unica e conclusiva soluzione l' applicazione della legge 223 sui licenziamenti collettivi o, in alternativa, la messa in liquidazione della stessa azienda. In tal modo, dice Sileoni, Bankitalia celebra il funerale di CariFerrara.