nicole kidman marco tronchetti provera
Luigi Ferrarella per Il Corriere della Sera
Condanna in Tribunale a 20 mesi nel 2013, assoluzione in Appello nel 2015, assoluzione annullata in Cassazione nel 2016: nell' annoso ping-pong di sentenze sulla ricettazione collocata nel 2004 e imputata nel 2010 dal pm Alfredo Robledo all' ex presidente di Telecom Marco Tronchetti Provera, ieri il nuovo processo d' Appello torna a far cadere la pallina nel campo dell' assoluzione di Tronchetti, «perché il fatto non costituisce reato».
«Dopo tanti anni credo sia un giorno molto importante di chiarezza, facile dire che avendo fiducia nella giustizia alla fine si ha giustizia», commenta Tronchetti accanto ai legali Marco Deluca e Giuseppe Lombardi, ringraziati «per la passione con cui hanno lavorato. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, e ho rinunciato alla prescrizione nella convinzione che questo è un Paese democratico in cui bisogna rispettare lo Stato e la giustizia, il pilastro su cui si fonda una società democratica. I fatti sono cocciuti e io sono cocciuto quanto i fatti».
In attesa delle motivazioni, la formula assolutoria sembra far ritenere decisiva la ritenuta assenza dell' elemento psicologico della ricettazione, cioè del dolo specifico del profitto.
La Cassazione, annullando la prima assoluzione, aveva infatti ritenuto «incensurabilmente accertato la consapevole acquisizione dei dati sottratti» dalla Security aziendale di Giuliano Tavaroli all' agenzia investigativa Kroll e comprovanti lo spionaggio illegale di Kroll ai danni di Tronchetti per conto dei rivali brasiliani; la riunione tra Tavaroli, Tronchetti e gli avvocati Chiappetta e Mucciarelli su come utilizzare quei dati; «l' espressa autorizzazione di Tronchetti all' utilizzo» nel modo suggerito da Tavaroli (fingere di far arrivare dal Brasile alla segreteria di Tronchetti un cd rom anonimo); e l' avviso di Tronchetti alla segretaria circa l' arrivo dal Brasile di un plico importante.
Tronchetti ha però sempre affermato di aver solo dato mandato ai legali (che l' hanno confermato) di esaminare il materiale e di andare a fare denuncia in Procura. Il pg Felice Isnardi e l' avvocato di parte civile Lucio Lucia obiettavano che in realtà nessuna denuncia fosse poi stata presentata né da Tronchetti né da Telecom, né a una Procura in Italia né in Brasile, dove un uomo di Tavaroli andò solo a consegnare alla polizia il cd anonimo.
«Non vedo che differenza ci sia tra "denuncia" e "consegna alla polizia", ma comunque Tronchetti non c' entra», ribatte ieri l' avvocato Deluca in una arringa mai interrotta dai giudici Paparella-Cairati-Brambilla neanche di fronte all' attribuzione alle controparti di dire «fesserie», «scempiaggini» e cose «ai limiti della buona fede».
Tronchetti, riassume Deluca, «non era un esperto di diritto ma la sua chiara indicazione fu fare denuncia: il prof. Mucciarelli ha rivendicato l' indicazione di farla in Brasile, e l' esecuzione di questo suo parere fu poi affidata all' ufficio legale Telecom» (il cui capo Chiappetta in aula ha detto di nulla sapere) «e alla Security che, come mostrato dalle sentenze su Tavaroli» (3 anni e 8 mesi) «aveva autonomia».
Ma soprattutto, argomenta Deluca, «fare denuncia, cioè rivolgersi alla difesa pubblica per non arrendersi a una aggressione, non può mai costituire profitto del reato». Ed è questo il punto che, in attesa di una nuova Cassazione, pare essere stato accolto dall' Appello-bis di ieri come già dal primo Appello.
Dove i giudici avevano valutato che, poiché «dalla ricostruzione di Tavaroli (in ciò coincidente con Chiappetta e Mucciarelli) risulta che Tronchetti manifestò un intento esclusivamente difensivo, nel senso che ribadì la necessità di fare denuncia, la volontà di denunciare, seguita da effettiva denuncia, non può integrare il dolo di profitto richiesto» dalla ricettazione.