I VEGAN CHIC MANDANO IN MALORA LE CAMPAGNE. E NON SOLO – LA MODA DEL LATTE DI SOIA STA MANDANDO IN ROVINA I PASTICCERI, MENTRE RADDOPPIA IL PREZZO DEL BURRO PER LA PSICOSI SULL'OLIO DI PALMA – LA UE OBBLIGA A CHIAMARE “LATTE” SOLO IL PRODOTTO DI ALLEVAMENTI. ORA QUELLO DI SOIA SI CHIAMERA’ “SPREMUTA DI PISELLI”?

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Carlo Cambi per “la Verità”

 

OLIO DI PALMA OLIO DI PALMA

Aggiungi un posto a tavola che c' è una sentenza in più. L' ultima riguarda il latte di soia e tutto quel milieu similar vegano che ci sta dietro e che è vittima di una sorta di lavaggio del cervello. Anche la vexata quaestio dell' olio di palma ha trovato un giudice, non a Berlino ma a Bruxelles. Che ha detto sostanzialmente che usare l' olio di palma si può. Gli effetti più devastanti di queste mode nutrizioniste alimentate da fake news sono non tanto gastronomici quanto economici.

 

LA CORTE DI GIUSTIZIA

Prendiamo la sentenza della Corte di giustizia europea che tre giorni fa ha stabilito che si può chiamare latte solo quello che è prodotto dagli animali. I vegan che condannano chi mangia qualsiasi cosa provenga dagli animali però si divertono a chiamare i loro alimenti latte di soia, formaggio di tofu, bistecca di seitan. Ora sarebbe interessante porre loro una domanda: il significante non è egualmente offensivo dei vostri principi come il significato? Non è una faccenda per semiologi, ha a che fare con la persuasione occulta.

il latte di soia non cosi salutare come dicono il latte di soia non cosi salutare come dicono

 

Ebbene a chi per moda, ma anche per necessità, deve rinunciare al cappuccino è difficile dire beviti una spremuta di fagioli, se invece si presenta come latte di soia ha tutto un altro sapore, se poi è latte di riso è anche meglio. Ebbene i giudici europei hanno detto che non si può riaffermando un principio che vale fin da Giustiniano: «Nomina sunt consequentia rerum». Tradotto: parla come mangi. I giudici europei hanno stabilito perciò che da qui in avanti le denominazioni «latte», «yogurt» o «burro» per i cibi vegan non sono accettabili in quanto non vi è un prodotto lattiero-caseario all' interno.

 

porzioni di latte porzioni di latte

Era ora. Perché mentre gli allevatori italiani che producono vero latte, veri formaggi e vere bistecche fanno la fame (il latte di vacca è tornato sotto i 30 centesimi al litro alla stalla, quello di pecora non arriva a 25, la carne si paga sempre meno anche se gli italiani hanno cominciata a consumarla con più raziocinio puntando alla qualità) le multinazionali della soia ingrassano.

 

Basti dire che in Italia negli ultimi due anni le vendite di estratti vegetali in forma di latte sono aumentate del 48% con prezzi che vanno da 1,90 a 3,50 euro al litro al consumo, oltre il doppio di un litro di latte. Un business che si fonda in gran parte sulla psicosi delle intolleranze, ma anche sul dilagare di una cultura pseudo-vegana. Che ha forti conseguenze sull' agricoltura, come la scomparsa del burro.

vegani vegani

 

Questo ci porta a una seconda sentenza, che è antica di un paio di mesi. Viene da Bruxelles dove la Ferrero ha avuto ragione sul colosso della distribuzione Delhaize che aveva iniziato una campagna contro la Nutella per vendere cioccolata spalmabile senza olio di palma. I giudici di appello belgi hanno stabilito che parlare male dell' olio di palma è «menzognero, ingannevole e denigratorio».

 

GRASSI SATURI

In effetti anche l' olio di palma è stato al centro di campagne che lo hanno demonizzato. Tutto parte dal fatto che l' olio di palma ha una quantità di grassi saturi rilevante, ma non è quello che ne ha di più. Si è anche detto che l' olio di palma è un attentato all' ecologia perché si distruggono le foreste del Sud Est asiatico per far crescere le palme. Ma è anche vero che la palma offre 3,5 tonnellate di prodotto per ettaro, 5 volte più della colza (davvero poco raccomandabile) e 9 volte più della soia che è benedetta da tutti ma non si sa poi perché.

miley al latte miley al latte

 

La verità è che esistono due oli di palma e che da tempo è nata un' associazione che si batte per rendere sostenibile l' olio di palma. E ci è riuscita. Le industrie alimentari italiane che consumano all' incirca 350.000 tonnellate di olio di palma all' anno ora usano solo quello biologico, anche se per molti dichiarare un prodotto «olio di palma free» è diventata un' occasione di marketing.

 

il burro va tenuto fuori dal frigo il burro va tenuto fuori dal frigo

Resta vero che l' olio di palma copre il 35% per cento del mercato degli oli vegetali (quello di oliva rappresenta appena l' 1%) perché è economico, insapore e ben si presta all' uso alimentare. In fatto di grassi saturi ne ha meno di tanti altri oli che non sono finiti sotto accusa e di certo meno del burro che è diventato il suo principale sostituto.

 

Tanto che si è prodotta una fortissima crisi del burro con prezzi che in pochi mesi sono raddoppiati perché in Europa -è il secondo importatore al mondo di olio di palma - di burro non ce n' è abbastanza.

 

COMBINATO DISPOSTO

VEGETARIANI VEGANI VEGETARIANI VEGANI

La crisi del burro è particolarmente forte in Italia dove è un ingrediente insostituibile nei dolci. Oggi 1 chilo di burro si paga fino a 5 euro contro i 2,30 di due anni fa. Con queste premesse l' industria dolciaria è in grave crisi. E tutto nasce da false convinzioni.

 

Consumare meno latte a vantaggio di quello vegetale fa produrre meno burro, demonizzare l' olio di palma fa aumentare la richiesta del burro. Il combinato disposto è che oggi il burro è merce rara e il mercato è stravolto. Chissà se ora emergerà un' altra intolleranza: quella alle speculazioni.

 

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