1- 2012 E SIAMO ANCORA QUI A DOMANDARCI: ESSERE O ‘’PENESSERE’’? SIAMO ABITUATI A VEDERE ESPORRE COME "BELLO" IL CORPO FEMMINILE MA IL CAZZO RIMANE TABÙ INOSSIDABILE 2- AL LEOPOLD MUSEUM DI VIENNA OGGI SI È APERTA LA MOSTRA “UOMINI NUDI” CON CAPOLAVORI DELL’ERA GRECO-ROMANA FINO A DÜRER, RUBENS, CÉZANNE, KLIMT, SCHIELE, E OVVIAMENTE ESPLODE LA POLEMICA PER IL MANIFESTO, UN’OPERA CON PUDENDA ALL’ARIA DEI FRANCESI PIERRE ET GILLES, CON CONSEGUENTE PECETTA-CENSORIA SUI FALLI 3- PERCHÉ IL NUDO MASCHILE NON VIENE RISPETTATO AL PARI DI QUELLO, CELEBRATO, DELLE DONNE? RISPONDE IL PORTAVOCE DEL MUSEO: “L’UOMO NUDO, DIVERSAMENTE DALLA DONNA, PURTROPPO È ANCORA SPESSO ASSOCIATO ALL’ABUSO SESSUALE”

1- A VIENNA VA IN SCENA LA CENSURA DEI CALCIATORI NUDI
Letizia Cini per http://qn.quotidiano.net

Più del valore artistico poté il soggetto. Un uomo nudo, nel caso del giovanottone-totem che appare con turista piazzato in posizione strategica. Già, perché la cosa si complica - e si moltiplica - passando alla fonte del soggetto in questione: ovvero, "Uomini nudi", mostra in corso al Leopold Museum della civilissima città di Vienna (www.leopoldmuseum.org). Là dove l'opera d'arte è appunto il corpo maschile, felicemente senza veli. Niente di strano? Mica vero...

In quanto se da sempre l'immagine di un corpo femminile privo di abiti nell'arte figurativa non provoca e non ha provocato più di tanto sgomento (regina Vittoria a parte), le pudenda maschili, in ogni epoca, sono e sono state fonte di facili ironie: sul fronte dimensioni (vedi il povero "David" di Michelangelo) o censure, che hanno richiesto l'impiego di foglie di fico delle più svariate misure.

Oggi che abbiamo smesso di mettere le mutande alle sedie - e quindi anche alle opere d'arte - ecco che l'uomo nudo trova spazio al Museo Leopold, colmando questa imperdonabile lacuna. E non certo con robetta qualsiasi, ma con opere di artisti di altissima caratura, lungo un arco temporale che spazia dall'Illuminismo del XVIII secolo ai giorni nostri. Approcci artistici e modelli di mascolinità contrastanti nei tanti capolavori di Dürer, Rubens, Cézanne, Klimt, Schiele, citando solo alcuni dei maestri in mostra a Vienna. Per dimostrare l'indimostrabile, per i più.

Che anche l'uomo nudo - sì, anche in quel punto - è bello. Ma i tempi, evidentemente, non sono maturi: così il Leopold ha deciso di autocensurare i manifesti della mostra, con tre calciatori nudi, opera degli artisti francesi Pierre & Gilles. I peni dei giocatori, sono stati coperti con una striscia rossa...


2- PERCHÉ GLI UOMINI NUDI VENGONO LIQUIDATI SENZA TANTI COMPLIMENTI
Dagoreport dall'articolo di Mary M. Lane per il "Wall Street Journal" di oggi, edizione americana - http://on.wsj.com/PfgUZx

Perché il nudo maschile non viene rispettato? Per secoli, i corpi nudi delle donne sono stati celebrati dall'arte occidentale come oggetti del desiderio. Dalla "Nascita di Venere" di Botticelli (1485) alla foto di Demi Moore nuda e incinta (Anne Leibovitz - 1991), la forma femminile è sempre stata idealizzata come canone di bellezza.

Povero corpo maschile, invece. I papi nella storia hanno coperto le parti nude delle statue in Vaticano. Perfino il poco "minaccioso" David di Michelangelo, arrivato in replica in un museo londinese, suscitò l'immediata reazione della regina Vittoria, che lo fece coprire con una foglia di fico.

Quindi un po' di imbarazzo per la mostra del Leopold Museum era prevedibile. Non era immaginabile però il livello di scandalo che si è raggiunto nei giorni passati, culminato con la censura (ex post) dei manifesti in giro per la città.

"La nostra società non è abituata a vedere uomini nudi", ha detto il portavoce del museo Klaus Pokorny dopo la valanga di proteste. "E' un problema della nostra cultura, in parte causato della religione".

Alcuni si sono lamentati che il manifesto con i tre calciatori nudi ricordava loro esperienze sessuali traumatiche. "L'uomo nudo purtroppo è ancora spesso associato con l'abuso sessuale, diversamente dalle donne nude", spiega Pokorny.

Due pesi e due misure. Da sempre.

Nel ‘500 il dipinto di San Sebastiano (di Fra Bartolomeo) fu rimosso dai preti fiorentini perché le fedeli si ammassavano nei confessionali rivelando di avere fantasie sessuali sul santo.

Nel 1898, il pittore viennese Gustav Klimt fu costretto a coprire un suo poster di un Teseo nudo che sconfiggeva il minotauro, creato per promuovere la prima mostra del movimento artistico della Secessione. Il poster è tra le opere della mostra, sia nella sua versione censurata che in quella originale.

"Uomini nudi" inizia con le statue dell'antichità, tra cui una dell'ufficiale di corte egiziano Snofrunefer datata 2400 A.C. Ma il grosso della mostra è composto da opere degli ultimi 200 anni.

Il 19° secolo è stato l'epoca d'oro del nudo maschile. Gli ideali dell'individualismo e della ragione, così fortemente abbracciati da Voltaire e Kant a fine ‘700, arrivarono nell'arte francese della prima metà dell'800. La nudità era usata per distinguere gli eroi (che si caratterizzavano per la loro indipendenza e uso della ragione) dall'uomo comune.

"La nudità maschile era associata all'indipendenza", anche se questa portava poi a una morte eroica, dice Daniela Hammer-Tugendhat, professoressa di storia dell'arte all'Università di Arti Applicate di Vienna.

I nudi maschili ebbero un ruolo dominante nelle celebri accademie artistiche europee, che all'epoca erano composte da soli uomini. Un esempio è "Vista della Scuola d'Arte del pittore Alexandre Cabanel", di Tancrède Bastet (1883).

"C'erano anche, occasionalmente, donne che posavano come modelle, ma allora era più facile (e più economico) usare modelli maschili nelle accademie", dice Geraldine Johnson, storica dell'arte dell'Università di Oxford.

Nella mostra, la "Morte di Ippolito" di Joseph-Désiré Cour (1828) rappresenta la figura nuda del greco che viene ucciso dopo aver rifiutato le avances della sua matrigna, mentre un angelo in "Uguaglianza prima della morte" di Adolphe Bouguereau (1848) si mette davanti per coprire un corpo senza veli.

"Gli uomini nudi erano spesso inseriti in contesti ‘sicuri' - dipinti come figure mitologiche o religiose, compresa quella di Cristo -, un ottimo modo per evitare ogni discussione sulla loro sessualità", dice Johnson. "Era inconcepibile pensare a figure religiose in termini sessuali".

All'inizio del 20° secolo, l'eroismo maschile ha cominciato a perdere colpi, lasciando spazio alla cupa introspezione degli artisti austriaci Egon Schiele, Anton Kolig e Richard Gerstl

"Molti fattori storici cominciarono a minacciare la società maschile tradizionale", dice Hammer-Tugendhat. L'industrializzazione voleva dire che la forza lavoro dell'uomo non era più così importante. Le donne cominciavano a chiedere un ruolo nella società, e l'impero austriaco si stava indebolendo.

Gli artisti mettevano in dubbio l'utilità di ritrarre ancora l'uomo moderno come un eroe dell'antichità. In questo periodo, Schiele fu molto prolifico, e produsse molti autoritratti nudi prima di morire per l'Influenza Spagnola a 28 anni. "Schile fu il primo artista a ritrarsi nudo", spiega il curatore della mostra Tobias Natter.

Gli artisti di inizio secolo cominciarono a dipingere se stessi sia nudi che svestiti, in pose simili, per accentuare il contrasto tra la loro persona pubblica (coperta) e quella privata (scoperta). "L'autoritratto con Paletta" di Richard Gerstl (1907), finito poco prima del suo suicidio all'età di 25 anni, mostra l'artista nudo che fissa lo spettatore con occhi selvaggi.

Schiele e Gerstl aprirono la strada a un secolo di artisti che si sono ritratti nudi, un tema radicalizzato poi da figure come l'americano Robert Mapplethorpe.

Con il proliferare della fotografia, si diffusero anche i ritratti di body-builder e atleti svestiti.

I movimenti femminista e per i diritti omosessuali, a partire dagli anni '70, hanno prodotto un numero sempre maggiore di artisti donne, gay o bisessuali come Andy Warhol, che hanno interpretato le loro fantasie sessuali attraverso l'arte. Il museo esplora questi temi nelle sue due sezioni più esplicite, con opere come "Querelle" di Warhol e gli autoritratti di Urs Lüthi che esplorano l'identità sessuale.

 

 

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