“AL BERNABEU 90 MINUTI SONO MOLTO LUNGHI” – L’ENNESIMA RIMONTA DI ANCELOTTI: NESSUN MIRACOLO, È IL DNA DELLA “CASA BLANCA” – LA MOSSA DI CARLETTO (SU SUGGERIMENTO DEL FIGLIO DAVIDE) E JOSELU CHE DIVENTA “L’HOMBRE DEL PARTIDO”: LA SCORSA ESTATE IL REAL L’HA PRESO IN PRESTITO DALL’ESPANYOL PERCHE’, IN ATTESA DI MBAPPÉ, NON AVEVA SENSO SOSTITUIRE BENZEMA CON UN COSTOSO CAMPIONE. MEGLIO UN ONESTO MESTIERANTE. JOSELU SI È COSÌ TROVATO IN UNA SITUAZIONE PIÙ GRANDE DI LUI, MA… - VIDEO
La liga casi perfecta y llegar a la final con tantas lesiones importantes es un mérito increíble de Ancelotti. Y mira que yo le he dado palos, pero esto es todo suyo pic.twitter.com/HtGRQUDlFD
— Yihi (@YihiRM) May 9, 2024
Paolo Condò per la Repubblica - Estratti
Continua a succedere. Succede sempre. Al minuto 87 della semifinale di mercoledì il Real Madrid era battuto e liquidato, 0-1 in casa e fuori dalla Champions per mano del Bayern. Cinque minuti dopo, diciamo al 92’, Carlo Ancelotti era costretto ad agitare vigorosamente le mani in segno di calma, perché il 2-1 appena guadagnato doveva ancora passare il vaglio di un recupero extralarge. Ma intanto il Real era tornato dalla parte dei salvati, spingendo il Bayern in quella dei sommersi.
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Le rimonte del Real al Bernabeu attengono in buona quota al campo dell’irrazionale, e dopo tanti episodi sulla stessa falsariga la sensazione è che ormai si tratti di una profezia che si autoavvera: la classica cosa che succede perché tutti si aspettano che succeda. Ma la chiave di eventi così ordinariamente incredibili è altrove, e riguarda il Dna di una squadra, o meglio di un club.
CARLO ANCELOTTI CANTA L'INNO DEL REAL
Il gol del pareggio lo spiega molto bene. Per questi livelli il tiro di Vinicius è assolutamente normale, Neuer lo aspetta saldo sulle gambe per assorbirlo, davanti a lui si muovono Joselu e Dier che lo marca. L’errore del portiere — quel portiere! — è assurdo, ma può succedere.
Tutti sbagliano, prima o poi, e il fatto che accada in quel momento, all’88’, è un evidente calo di tensione. Neuer fin lì ha parato una mezza dozzina di occasioni da gol, e almeno un paio erano colossali. Quella è una palla facile, e il filo di distrazione conseguente gli è fatale.
Anche Dier la valuta facile, e per lui l’azione è conclusa. Si rilassa un attimo, lascia che Joselu lo preceda davanti a Neuer, forse pensa già a come posizionarsi per ricevere dal portiere e rilanciare. Ma se l’errore di Neuer fa parte dell’imponderabile, quello di Dier è un peccato consapevole perché il difensore deve proteggere il portiere fino all’ultimo. Dev’essere pessimista, immaginare lo sbaglio, prevedere il worst case scenario e comportarsi di conseguenza.
Sempre ottimista dev’essere l’attaccante, che spera nella topica altrui e quindi si mette nelle condizioni di sfruttarla. Non succede, ma se succede. Joselu scatta senza chiedersi perché e percome, nelle interviste ha ripetuto un milione di volte che il suo compito è farsi trovare pronto, l’ha fatto fino a trasformare la frase in una nenia, ma non prima di averla capita. Arriva primo sulla palla sgusciata da Neuer, la colpisce al volo. Indisturbato.
È un miracolo? Ma no. È applicazione. Se dopo il pareggio di Manchester avevamo sottolineato il Dna survivalista dei campioni del Real, disposti ad accollarsi qualsiasi sacrificio pur di prevalere, il finale col Bayern ne ha esaltato la classe operaia. Riguardate l’azione del 2-1. Il passaggio che apre la difesa è un sinistro di Nacho, lui che è destro. La palla arriva a Rudiger che di sinistro, lui che è destro, sforna al volo un cross baciato per il bis di Joselu.
CARLO ANCELOTTI CANTA L'INNO DEL REAL
Ecco, Joselu. La scorsa estate il Real Madrid l’ha preso in prestito dall’Espanyol, appena retrocesso in seconda divisione, per un motivo molto semplice: in attesa di Mbappé, che arriverà a luglio, non aveva senso sostituire Benzema con un costoso campione. Meglio un onesto mestierante, tanto nel ruolo Ancelotti avrebbe adattato il magnifico (e carissimo) Bellingham. Joselu, che due anni fa assistette da tifoso alla finale di Champions vinta a Parigi dal Real sul Liverpool, si è così trovato in una situazione più grande di lui, ma l’ha fatto con la testa giusta.
CARLO ANCELOTTI CANTA L'INNO DEL REAL
Questa sì da Real Madrid: è entrato in campo con una garra da far paura, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di meritarsi quella maglia, quel palcoscenico, quell’occasione. Se Ancelotti al solito vi è sembrato serafico e divertito mentre attorno a lui esplodeva un vulcano, è perché lo sapeva.
Non solo conosce gli uomini dietro ai giocatori: ha pure un vice, suo figlio Davide, che glieli ricorda quando è il momento di inserirli. E di avviare la solita magia.
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