“STAVO PROGRAMMANDO IL PRECAMPIONATO CON IL TOTTENHAM. POI È ARRIVATO PARATICI E LÌ HO CAPITO CHE ERA TUTTO FINITO” – LA RIVELAZIONE DI PAULO FONSECA AL “TELEGRAPH” – “LUI VOLEVA UN ALLENATORE DIFENSIVO. IO VOGLIO VINCERE OGNI PARTITA, MA SOLO VINCERE NON MI BASTA. DEVO ESSERE OFFENSIVO E DOMINARE LE PARTITE. QUESTE SONO COSE CHE MORIRANNO CON ME…”
Era fatta. Tanto che Paulo Fonseca aveva cominciato a lavorare al suo Tottenham “offensivo” ancor prima di firmare il contratto. Poi è arrivato Paratici “e lì ho capito che era tutto finito”.
In un’intervista al Telegraph l’ex tecnico della Roma ha sottolineato quanto fosse vicino agli Spurs (“l’accordo era fatto”), ma che tutto è precipitato quando hanno nominato Paratici amministratore delegato. “Lui voleva un allenatore difensivo”.
Alla fine – ma parecchio alla fine – hanno preso Nuno Espirito Santo.
“L’accordo è stato fatto. Stavamo programmando il precampionato e il Tottenham voleva un allenatore offensivo. Non ero stato annunciato, ma avevamo già pianificato tutto. Le cose sono cambiate quando è arrivato il nuovo amministratore delegato. Non eravamo d’accordo su alcune idee e ha preferito un altro allenatore. Io ho alcuni principi. Volevo essere l’allenatore di una grande squadra, ma voglio il progetto giusto e un club dove la gente crede nelle mie idee, nel mio modo di giocare”.
“Il presidente e il direttore sportivo (Steve Hitchen) mi avevano chiesto di costruire una squadra che giocasse un calcio attraente e offensivo. Tutte le mie squadre hanno questa impostazione. Non mando le mie squadre a difendere vicino alla propria area”.
Fonseca ricorda al Telegraph che la sua filosofia:
“Abbiamo l’obbligo con i tifosi di produrre uno spettacolo, un bello spettacolo. Questo è l’obbligo dell’allenatore. Voglio vincere ogni partita, ma solo vincere non mi basta. Devo essere offensivo e dominare le partite, avere un centrocampo offensivo e mostrare coraggio nel gioco. Queste sono cose che moriranno con me. È successo così tante volte che sono tornato a casa dopo aver vinto una partita e mia moglie mi ha chiesto ‘perché sei infelice?’ Ed è perché non avevo vinto come volevo. Non è abbastanza. Devo creare un bello spettacolo per le persone che pagano i biglietti e amano il calcio. Almeno ci provo”.