1- SCHERZI DELLA GIUSTIZIA DE’ NOANTRI: I PERITI, NOMINATI DALLA CORTE D’ASSISE DI PERUGIA - E NON DALLA DIFESA - HANNO ABBATTUTO L’ULTIMO BALUARDO DELL’ACCUSA AD AMANDA KNOX E RAFFAELE SOLLECITO: LE TRACCE DI DNA TROVATE SUL COLTELLO POTREBBERO NON ESSERE DI MEREDITH - E QUINDI NON SAREBBE IL COLTELLO DELL’OMICIDIO - 2- MOLTI DEI DUBBI CHE NEL PROCESSO DI APPELLO STANNO FACENDO CROLLARE IL CASTELLO DELL’ACCUSA C’ERANO GIÀ TUTTI NEL PROCESSO DI PRIMO GRADO. SOLO CHE NESSUNO AVEVA VOLUTO VEDERLI (C’ERANO MOLTE PIÙ PROVE FORSE CONTRO RUDY GUEDE) - 3- APPENA QUALCHE MESE FA, LE TELEVISIONI AMERICANE AVEVANO PARLATO DI \"DUBBI SULLE PROVE CONTROVERSE - COLTELLO, DNA, SANGUE - PRESENTATE AL PROCESSO DI PRIMO GRADO\". PER CHIEDERSI ALLA FINE COME MAI AMANDA NON VENISSE LIBERATA

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1- SCHERZI DELLA GIUSTIZIA DE\' NOANTRI
Pierangelo Sapegno per \"la Stampa\"

IlIl coltello che secondo l\'accusa è l\'arma del delitto Meredith coltelloknoxknox g

La cosa più difficile da spiegare adesso è la certezza incrollabile di quelli che dicevano che Amanda Knox era un diavolo assassino e Raffaele Sollecito il suo complice. Da ieri, non c\'è più una certezza. I periti Carla Vecchiotti e Stefano Conti, nominati dalla Corte d\'Assise di Perugia - e non dalla difesa - hanno abbattuto l\'ultimo baluardo dell\'accusa: le tracce di dna trovate sul coltello potrebbero non essere di Meredith - e quindi non sarebbe il coltello dell\'omicidio -, mentre per quelle sul reggiseno che portavano a Raffaele Sollecito «non si possono escludere fenomeni di contaminazione».

AmandaAmanda Knox a processo

Detto molto semplicemente: questa non può essere una prova. Ma chissà che non diventi invece una prova contro, perché a rileggere indietro questo strano processo c\'era stata una corsa eccessiva a chiuderlo in fretta e a giudicare subito buoni e cattivi, streghe e succubi, con una certa enfasi abbastanza misogina. A onor del vero, molti dei dubbi che nell\'appello stanno facendo crollare il castello dell\'accusa c\'erano già tutti nel processo di primo grado. Solo che nessuno aveva voluto vederli.

AmandaAmanda Knox

La sentenza - 26 anni ad Amanda, 25 a Sollecito - si fondò soprattutto su due pilastri: la testimonianza di Antonio Curatolo che diceva di aver visto i due ragazzi sul luogo del delitto e la perizia della polizia scientifica sull\'arma del delitto, un coltello da cucina ritrovato nella casa di Raffaele. Meredith fu uccisa nella notte del primo novembre 2007: fu trovata con la gola tagliata nella sua camera da letto, nascosta sotto un piumone imbrattato di sangue.

Ora, la testimonianza di Antonio Curatolo, un barbone che ammette una vita un po\' disordinata, non appare più così sicura: avrebbe fornito più di un elemento sbagliato facendo pure qualche pasticcio di memoria («Li ho visti vicini al pullmino delle discoteche»: ma quella notte le discoteche erano chiuse e non c\'era nessun pullmino; ha parlato di un mercato: e non c\'era nemmeno quello), tanto da far pensare che forse aveva semplicemente confuso la notte: sul luogo del delitto forse li aveva visti davvero, ma la sera prima, quando le discoteche erano aperte e c\'era stato il mercato.

amandaamanda knox

Ieri, poi, la perizia della polizia scientifica è stata distrutta dagli esperti genetico-forensi nominati dalla Corte: le tracce di dna trovate sul coltello che sarebbe stato utilizzato per uccidere Meredith potrebbero non appartenere a quest\'ultima. Secondo Carla Vecchiotti e Stefano Conti «gli accertamenti tecnici effettuati» non sarebbero attendibili «in quanto non sussistono elementi scientifici probanti la natura ematica della traccia stessa».

amandaamanda knox

Per le altre analisi, invece, quelle sul gancio del reggiseno indossato da Meredith nel momento in cui venne uccisa, i periti della Corte sostengono che «non si può escludere che i risultati ottenuti possano derivare dafenomeni di contaminazione ambientale e/o di contaminazione verificatasi in una qualunque fase della repertazione...».

Appena qualche mese fa, le televisioni americane erano giunte alle stesse conclusioni. Alla Cnn avevano parlato di «dubbi sulle prove controverse - coltello, dna, sangue - presentate al processo di primo grado». E avevano citato pure quel testimone «poco attendibile», per chiedersi alla fine come mai Amanda non venisse liberata.

lala madre di Amanda Knox Edda Mellas e la sorella Deanna

Negli States, la campagna per la ragazza di Seattle non si è mai fermata. Ne parlò persino Hillary Clinton dopo la sentenza di condanna e il New York Times arrivò a scrivere un pezzo durissimo, «Un\'innocente all\'estero», firmato da Timothy Egan, in cui assieme all\'indagine («piena di crepe») si attaccava pure, con un certo eccesso, il pubblico ministero. Sono riusciti persino a produrre sette documentari e una fiction con una star della tv americana come Hayden Panettiere.

AmandaAmanda Knox

Ma se tutto questo a qualcuno può sembrare eccessivo, la cosa che più colpisce è che il processo di appello sta portando alla luce le stesse conclusioni che loro vanno ripetendo da anni. E fra le altre cose, la Cnn aveva realizzato un docu-film, «Amanda Knox: murder abroad», omicidio all\'estero, che sembra scritto addirittura con i lanci di agenzie e le notizie che oggi stanno riempiendo le scrivanie dei giornali.

Certo, erano per la maggior parte le stesse tesi della difesa, composta da ottimi e buoni avvocati come la celebre Giulia Bongiorno e Luciano Ghirga. Non è un caso che Edda Melles, la mamma di Amanda, oggi abbia spiegato al giornalista della Abc che «questa è una grande notizia. Ma i nostri periti ce l\'avevano sempre ripetuto che le cose stavano così». Facile dedurre che i giornalisti americani si erano rivolti soprattutto a loro per le inchieste che stavano facendo.

AmandaAmanda Knox

Eppure, sul versante opposto, hanno sempre tirato dritto senza mai il minimo dubbio. Non è che l\'errore stava da un\'altra parte, non è che forse qualcuno avrebbe fatto meglio ad accorgersene prima? Sinceramente, non sappiamo se Amanda e Raffaele siano innocenti e non è per fortuna compito nostro stabilirlo. Ma a leggere gli atti e a seguire le udienze una cosa saltava agli occhi: forse non c\'erano prove serie per condannarli. C\'erano molte più prove forse contro Rudy Guende. Scherzi della giustizia: Amanda e Raffaele hanno preso 26 e 25 anni. Lui, 16.


2 - LA VERITÀ CAPOVOLTA DA UNA PERIZIA IN RITARDO SI POTEVA FARE PRIMA, È ARRIVATA DOPO TRE ANNI. TUTTO DA BUTTARE, COME A GARLASCO
Paolo Di Stefano per il \"Corriere della Sera\"

AmandaAmanda Knox

«La verità non sembra mai vera» , diceva il vecchio Simenon, che, dopo aver frequentato per tanti anni il commissario Maigret, di questioni giudiziarie se ne intendeva parecchio. La verità del delitto di Perugia, invece, per quell\'effetto ottico che spesso colpisce l\'opinione pubblica ma che non dovrebbe mai riguardare i giudici, sembrava vera ai più, specie dopo il verdetto di primo grado: i colpevoli erano loro, punto e basta. Ieri il colpo di scena.

AmandaAmanda Knox

Affidato, udite udite, non a una prova emersa dalle ombre più riposte dell\'inchiesta o da un nuovo testimone saltato fuori dal nulla, ma da una banalità alla quale non si era pensato prima. Una banalità dettata da ordinario buon senso: come quello che suggerisce di vestirsi prima di uscire di casa o di ingranare la prima per muoversi in auto.

AmandaAmanda Knox

Una banalità a cui si poteva arrivare tre anni e mezzo fa, quando tutto ebbe inizio: una semplice perizia sulla (presunta) arma del delitto, una perizia che è diventata, nel processo d\'appello, una verifica «al di là di ogni ragionevole dubbio» , formula che con la sua risonanza quasi letteraria appare ai profani come una sorta di «extrema ratio» dettata dalla disperazione, e che invece avrebbe dovuto essere una normale «primissima ratio» .

RudyRudy Guede

Così, l\'aritmetica della dimostrazione è crollata miseramente e costringerà gli inquirenti a ripartire da zero. Perché in realtà, non c\'era nessuna aritmetica e la dimostrazione, partendo da presupposti errati, non era un sillogismo ma solo quello che la retorica di Aristotele chiama un entimema, cioè un\'argomentazione che ha il solo, grave, difetto di fondarsi su premesse non certe: la premessa sbagliata era che le tracce di quel coltello appartenevano alla vittima. E adesso siamo di fronte a una verità capovolta, o meglio azzerata.

AmandaAmanda Knox

Come è successo già in passato tante volte: ultimo caso memorabile quello di Garlasco e del giovane Alberto Stasi, imputato per l\'omicidio della sua fidanzata Chiara e infine assolto per una questione di orari non coincidenti. Anche questo un «particolare» emerso tardi, ma che avrebbe meritato una verifica immediata risparmiando a tutti un iter lunghissimo e penoso. Nella storia giudiziaria è citatissimo il caso del morto-vivo di Avola, Paolo Gallo, scomparso una mattina dell\'autunno 1954 e dato per defunto, assassinato dal fratello Salvatore.

amandaamanda knox blog15

La giustizia non volle sentire ragioni: ignorando le testimonianze contrarie, condannò Salvatore all\'ergastolo e con lui a quattordici anni di detenzione il figlio Sebastiano per occultamento di cadavere. Peccato che sette anni dopo si scoprì che il morto era vivo e abitava pacificamente a pochi chilometri da casa, in un paesino del Ragusano. Caso, certo, ben diverso da quello perugino, ma con un «particolare» in comune: anche lì il lapsus, il vuoto che ottunde e il contagio di un\'opinione pubblica che aveva già emesso la sentenza.

amandaamanda knox blog03

Anche lì le verifiche che andavano fatte preliminarmente (qualche attento sopralluogo) vennero meno, chissà perché, chissà come. Anche lì la verità sembrava più vera del vero, con buona pace del vecchio Simenon. «Elementare, Watson!» è la celebre frase (a torto) attribuita a Sherlock Holmes quando illustra all\'amico la complessa soluzione del caso. Ma qui più che un detective dallo «sguardo acuto e penetrante» e dal profilo puntuto tipico dell\'uomo d\'azione come quello del protagonista di Conan Doyle; più che la tenacia fastidiosa e apparentemente distratta di un tenente Colombo, sarebbe bastato un minimo di buon senso da casalinga di Voghera o dintorni.

RaffaeleRaffaele Sollecito

Perché in realtà quella sull\'omicidio della povera Meredith non è proprio una verità capovolta dalla sottigliezza di cervelli superiori che soltanto un genio letterario può concepire, ma dalla banalità di una constatazione terre-à-terre. In un contesto in cui la Perizia Scientifica viene invocata come l\'ultima conquista della tecnologia giudiziaria, punto di partenza inequivocabile da cui l\'intelligenza dell\'inquirente deve prendere le mosse, proprio una perizia (minuscolo) affidata a terzi è stata sempre negata ai difensori che la chiedevano dalla prima ora.

meredithmeredith kercher

Finché un giudice che dispone del buon senso della casalinga di Voghera ha detto: ma sì, facciamola, questa perizia, giusto «per andare al di là di ogni ragionevole dubbio» . E in effetti il dubbio del giudice-casalinga si è rivelato più che ragionevole. Ora, finalmente, dobbiamo ammettere che Simenon aveva ragione: la verità che una volta tanto sembrava più vera del vero ai più, si è trasformata in una verità (per quanto parziale) che non sembra vera: vuoi vedere che i colpevoli non sono né la misteriosa Amanda Knox né l\'indecifrabile Raffaele Sollecito?

delittodelitto meredith

Sollecito sembra un cognome beffa. Come si sa, non è un aggettivo che si attaglia alla giustizia italiana. E prima che la verità capovolta, o meglio azzerata, diventi una verità autentica (per quanto possa non sembrare vera) bisognerà aspettare altro tempo.

 

 

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