Da \"Vanity Fair\"
Giuseppe Povia - l\'autore di Luca era gay, la canzone in gara da domani al Festival di Sanremo che, prima ancora di essere ascoltata, ha scatenato polemiche perché in molti hanno pensato che trattasse l\'omosessualità come una malattia da cui poter guarire - racconta in esclusiva a Vanity Fair in edicola dal 18 febbraio la nascita della canzone e commenta le conseguenze mediatiche suscitate dal titolo del suo brano.
Pentito?
«Per niente. Questo casino, però, non l\'avrei mai immaginato».
È vero che ha cambiato il testo in corsa?
«No. L\'ho cambiato mille volte, ma prima. Un anno fa, per esempio, Luca era gay si intitolava Un altro uomo. Dopo che l\'ho depositata dal notaio, non l\'ho più toccata».
Bonolis e Del Noce non le hanno chiesto un\'aggiustatina?
«Mai. Quella che Paolo ha ascoltato la prima volta è la versione definitiva».
A chi si è ispirato?
«A un uomo che ho conosciuto in treno, nel 2005, prima di andare a Sanremo con I bambini fanno ooh. Durante il viaggio mi ha raccontato il suo percorso da gay a etero, padre e marito felice. Il suo vero nome, però, non è Luca».
E Luca Di Tolve, l\'ex militante dell\'Arcigay «guarito» con la preghiera, non c\'entra?
«L\'ho sentito solo una volta, al telefono. Mi dispiace aver usato il suo nome. Il \"mio\" Luca non è guarito, ha cambiato comportamento».
Che cosa l\'ha ferita in questi due mesi?
«I pregiudizi. Molti gay mi hanno massacrato senza aver ascoltato o letto nulla. Non ho mai pensato di trattare l\'omosessualità come malattia. Anche se a qualcuno avrebbe fatto comodo. Per me una malattia vera è il cancro».
La sua posizione nei confronti dell\'omosessualità qual è?
«Se un gay è sereno, buon per lui. Quelli che mi scrivono, però, dicono troppo spesso di essere felici. E secondo me non stanno così bene. Io racconto una storia: che uno abbia la coscienza sporca o pulita, l\'ascolti a modo suo».
Ciò che canta, a suo avviso, riguarda la maggior parte dei gay.
«Non lo so. Di sicuro i genitori influiscono parecchio sull\'orientamento».
Lei ha dichiarato che da quattro anni studia la questione gay.
«Dopo quell\'incontro, ho iniziato a documentarmi. Ma non voglio parlarne in un\'intervista, preferisco farlo durante i miei concerti».
Non può tirarsi indietro così.
«Sì che posso. Ho bisogno che la gente venga in teatro a vedermi. Posso soltanto dire che mi dà fastidio la disonestà intellettuale di chi dice che un individuo nasce omosessuale o eterosessuale. La natura non determina queste cose. È un discorso troppo lungo: lasciamo stare. Chiedo solo rispetto».
Lei è cattolico?
«No. Credo in Dio, ma mi sono sposato in Comune e non ho battezzato le mie due figlie. Le posizioni della Chiesa sui gay non sono le mie».
Esponendosi così, crede di aver fatto qualcosa di coraggioso?
«Sì. Mi piace andare controcorrente, non ce la faccio a vivere da pecora. La vita di un cantautore è fatta di rischi e io voglio che le mie figlie sappiano che il loro papà è sempre stato un combattente».
Che cosa pensa dei matrimoni per le coppie gay?
«Per me ci sono diritti che sono solo eterosessuali. Un uomo e una donna fanno un contratto, cioè un matrimonio, per avere figli che un giorno, in un modo o nell\'altro, manderanno avanti lo Stato. Due uomini, invece, al contrario di due donne che possono farsi inseminare, nonostante paghino le tasse non possono avanzare pretese, perché non avranno mai una discendenza. Per la tutela dalle malattie e l\'eredità, invece, sono per l\'estensione dei diritti a tutti. Il resto sono capricci».
E le adozioni?
«Non sono d\'accordo con chi dice \"Meglio che lasciarli in istituto\". I bambini in istituto non stanno male, anche se dovrebbero ovviamente avere una mamma e un papà. E poi, quante sono le coppie etero in attesa di adottare? Pensiamo a loro».
È mai stato avvicinato da Comunione e Liberazione?
«Sì. Li rispetto, ma io sto da una parte e loro dall\'altra. C\'erano anche loro al Family Day del 12 maggio 2007, io però ho partecipato solo perché mi interessa la famiglia. E quando vedo che non si spendono soldi per la ricerca sulle malattie rare e infantili, la famiglia tradizionale o la sanità, che cazzo me ne frega della legge sulle coppie di fatto? È importante? Mettetevi in fila indiana, come alle poste».
Che intende per famiglia tradizionale?
«L\'uomo fa l\'uomo e dà la guida spirituale, la donna nutre e alleva i figli. E insieme formano equilibrio e stabilità. Oggi, però, nessuno vuole fare la sua parte. Gli uomini si depilano».
Parteciperebbe a un gay pride?
«Io sono per il dialogo con tutti. Ma perché, quando marciano, si mostrano nudi e nessuno dice niente? Andrei anche alla festa del Primo Maggio, se i comunisti chic, quelli con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra, mi invitassero».
Ha votato alle ultime elezioni?
«No. Non mi rispecchio in nessun partito».
Grillini e Mancuso dell\'Arcigay l\'hanno accusata di seminare odio, idee suicide, vendette e dissapori.
«Da noi c\'è ancora libertà di pensiero e sono loro a seminare odio, a discriminarmi. Dicono che si preoccupano per i ragazzi ai primi approcci con il sesso. Io rispondo che quegli stessi ragazzi potrebbero cambiare idea. Anche se loro dicono che è impossibile che un gay diventi etero. E che, se lo fa, è un gay represso».
Vladimir Luxuria l\'ha presa in giro con un video, Luca non era etero. L\'ha visto?
«Simpatico, mi piace. Lui, però, dice sempre le stesse cose».
Se una delle sue due figlie dovesse dirle, un giorno, di essere gay, come la prenderebbe?
«Le parlerei a lungo. Fare il padre non è facile, come non è facile fare il figlio».
L\'anno scorso disse che per lei era importante avere popolarità, credibilità e considerazione: adesso?
«Per ora ho popolarità e considerazione. Quanto alla credibilità, sono convinto che, dopo aver ascoltato la mia canzone, tanta gente cambierà idea».
Ha sentito Il pettirosso di Gino Paoli?
«No. Lui è un grande artista, ma se, come ho sentito, parla di un pedofilo che viene in qualche modo perdonato, non sono d\'accordo. Per i pedofili ci vuole la pena di morte».
Quando andava in giro con la gonna, i gay la corteggiavano?
«Sì. Piaccio molto ai gay. Quando un ragazzo mi guarda, me ne accorgo che \"attizzo\". Mi succede anche con le donne. Ma la gonna la portavo per non passare inosservato ai concorsi canori».
L\'anno scorso, da escluso, ha detto che il Festival di Baudo era di centrosinistra. Quest\'anno, con lei in gara, è di centrodestra?
«No. È di Bonolis, uno che fa solo cose che gli piacciono».
È d\'accordo con le idee di Al Bano sull\'omosessualità?
«Sì. Ha sbagliato solo a usare certi termini: \"guarigione\", \"imperfezione\", \"problemi\"».
Rocco Buttiglione ha preso le sue difese.
«Mi irrita che siano solo quelli di destra ad appoggiarmi».
Tornando indietro, che cosa non rifarebbe?
«Il periodo dai 16 ai 22 anni, quello della droga e dell\'alcol. Adesso ho eliminato tutto: le canne, il vino, le sigarette».
E i film porno? Ho letto che è un appassionato.
«Solo ogni tanto, quando sono in tour. Mai da solo, però».