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Tacito per Dagospia
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Senza un voto negativo in Consiglio. Solo con una decina di lanci di agenzia avvelenati. E soprattutto in sua assenza: alla fine ci sono riusciti a fare dimettere Carlo Verdelli, direttore della nuova struttura editoriale della Rai fortemente voluta un anno fa dal direttore generale Antonio Campo dell’Orto, e poi abbandonata a se stessa – per viltà o insipienza o sperando di salvare il proprio collo lasciando cadere nel cesto quello altrui - ogni volta che Monica Maggioni, presidente della Rai, e un pugno di consiglieri trasversali a ogni maggioranza, Arturo Diaconale, Carlo Freccero e Franco Siddi (detti la piccola banda dei quattro, nuovi eroi del partito Rai) hanno demolito il lavoro quotidiano della struttura editoriale, irriso, criticato, screditato, usando a piene mani dichiarazioni pubbliche, alla fine di ogni consiglio di amministrazione, “una struttura che non si sa cosa faccia”, compreso l’ultimo di ieri, martedì 3 gennaio, “un Piano editoriale da bocciare”, ignorando la regola elementare che i consiglieri di qualsiasi azienda parlano solo a porte chiuse e mai screditando l’azienda in pubblico. Pena le immediate dimissioni dalla medesima azienda, qualche volta passando dalla porta, più spesso dalla finestra.
verdelli e campo dallorto franco siddi
Ma la Rai non è una azienda normale: vive costantemente insolentita dagli italiani, azzannata dalla politica, ma anche golosamente sfruttata dai politici e dal pubblico E non è normale (a quelle latitudini di servizio pubblico) un marziano come Carlo Verdelli, che da sempre lavora in silenzio, non va in tv, non va alle cene, alle feste, non partecipa alle camarille, non fa e non riceve favori, mandando in bestia la caciara romana che vorrebbe masticarselo a dovere per poi chiedergli di piazzare un caporedattore al Nord, una carissima amica al Sud e il figlio scemo al Centro.
carlo verdelli CAMPO DALL ORTO MAGGIONI
Monica Maggioni – che a forza di essere definita una grande giornalista ha finito per crederci – non ha mai sopportato Verdelli che le faceva troppa ombra. Quando Maggioni dirigeva Rainews ai tempi di Luigi Gubitosi che la teneva in palmo di mano, esaudendo ogni suo capriccio, la rete stava in un abissale 0,2 per cento di share. Verdelli ebbe l’imprudenza di dire in Commissione di Vigilanza che “fare quanto un prefisso telefonico con 140 giornalisti è un problema che proveremo a raddrizzare”. Da quell’affronto, l’inimicizia fu per sempre.
Tanto che quando il maledetto piano editoriale uscì inopinatamente sulle pagine dell’Espresso (a fine novembre) per bruciarlo nel rogo pubblico dei commenti di ogni dilettante di passaggio, in molti, compreso il ‘’Foglio’’ di Renzi, indicarono proprio nel presidente Maggioni una possibile indiziata. Circostanza che lei si affrettò a smentire con una calda lettera, nonostante la rivelazione del ‘’Foglio’’ fosse anonima e non poi così circostanziata da meritare una smentita su carta intestata.
Gli altri tre della banda da ieri festeggiano, avendo trovato finalmente qualcosa su cui ballare. Arturo Diaconale, un curioso esemplare di sopravvissuto berluscones, direttore di un giornalino intitolato ‘’L’opinione delle libertà’’, ha aperto le ostilità un minuto dopo la fine del Consiglio dettando alle agenzie il suo giudizio di “inapplicabilità del Piano”.
campo dall orto monica maggioni rosy bindi
Un’altra dozzina di critiche da Franco Siddi, cupo sindacalista sardo in pensione, e Carlo Freccero, che ormai sembra l’imitazione dell’imitazione di Crozza: “Piano da rifare, naturalmente”, “E’ sbagliato spostare il Tg2 a Milano, anzi antistorico”, “Impossibile accorpare Rainews e Tg regionali”. “Le macroaree sono una brutta invenzione, bocciate”. E poi: “Piano raffazzonato”, “Piano superficiale”, “Piano inapplicabile”.
CAMPO DALL ORTO E MONICA MAGGIONI
Il bello è che Verdelli nella sala Orsello dove si svolgeva il Consiglio e da dove usciva quel popò di agenzie avvelenate non era stato neanche invitato. Anzi fino al giorno prima la sua presenza gli era stata assicurata personalmente da Campo dell’Orto, che il giorno dopo, appena la Maggioni a capotavola ha arricciato il naso, ha fatto retromarcia: “No, non puoi entrare”.
Così è andata in scena la mirabolante pochade del Consiglio riunito intorno alla sedia vuota di Verdelli, che veniva arrostito in effige, bruciando le 100 pagine del suo Piano. Con il fantastico duo Siddi & Diaconale che dicevano di avere preparato giusto così, nelle ultime ore del week end, addirittura un “Contro Piano” di due pagine. Due pagine anziché cento, che ci vuole?
gianluca semprini sulla maggioni presidente rai
Bocciata l’integrazione tra testate. Bocciata la cancellazione di inutili e costosissime edizioni notturne di tg, sostituite dal flusso di Rainews. Bocciata la nascita di una grande redazione Web capace di condurre Rai nel mondo ancora inesplorato della Rete e dei Social. Bocciato il tg sud. Bocciato l’accorpamento delle sedi regionali in cinque centri di produzioni.
Tutto bocciato, ma senza voto. Tant’è che il mite Campo dall’Orto, finito il Consiglio, ha provato a rabbonire Verdelli dicendogli che non era andata poi così male, non tutto era perduto, ci sarebbero state delle “rivisitazioni del Piano”, ma che comunque “il Piano era una buona base di partenza”.
“La pensano così davvero?”
“Davvero”.
Ma mentre Verdelli ascoltava le rassicurazioni di Campo dall’Orto, “tranquillo, il Piano cammina”, continuava a uscire la valanga di agenzie che quello stesso piano seppellivano.
“Puoi smentirle?” gli ha chiesto Verdelli.
“Smentirle? No, per carità non facciamo polemiche”, gli ha risposto il povero Campo che neanche si era accorto di quante notizie erano sfuggite al suo controllo, credendo di essere ancora ai tempi di quando giocava nel campetto di Videomusic.
Né si era accorto di essersi messo definitivamente nelle mani della piccola banda dei quattro che facendo vincere la conservazione del “nulla cambi affinché nulla cambi” lo trascineranno alla rovina con tutta la Rai al seguito, 11 mila dipendenti compresi.
gigi d alessio al pianoforte con monica maggioni gianni letta e romana liuzzo
“Allora considero quelle dichiarazioni dei consiglieri una buona base di partenza, la mia”.
Firmate le dimissioni, attimo di sbalordito silenzio in tutto il settimo piano di viale Mazzini, poi ha cantato per primo Diaconale: “Personalmente stimo molto Verdelli e mi dispiace”. Poi Siddi: “Un grande professionista”. Poi Freccero: “Che peccato, ma ora lavoreremo a testa bassa”.
fia65 walter veltroni carlo verdelli
Chi? A fare cosa? A testa bassa senza neanche un gettone mensile?
Monica Maggioni, la più addolorata, non ha cantato.
In compenso lo hanno fatto i soliti della compagnia di giro della Commissione di vigilanza Rai, che i gettoni li incamerano ogni settimana, i Gasparri, i Brunetta, i Margiotta: “Non creda di cavarsela così, il dottor Campo dall’Orto. Ora le dimissioni toccano a lui”.
Stai a vedere che ha sempre ragione il vecchio Delio Tessa, poeta: “L’è il dì di Mort, alegher!”.
fedele confalonieri monica maggioni
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