Giordano Bruno Guerri per “il Giornale”
Tredicimila pagine e oltre 900 fascicoli, che raccontano la storia di 15mila persone, coinvolte nei crimini di guerra commessi in Italia durante l' occupazione nazifascista. È il cosiddetto «armadio della vergogna», rimasto chiuso per decenni, ritrovato solo nel 1994, ma da oggi consultabile on-line sull' archivio della Camera. Sul mistero dell' occultamento dei fascicoli, che riguardano anche le principali stragi nazifasciste in Italia ha lavorato una commissione d' inchiesta parlamentare tra il 2003 e il 2006. Ora si può accedere al sito: http://archivio.camera.it/
ufficiali nazisti eseguono una condanna
Da sempre tutti gli Stati come le famiglie - occultano documenti su vicende scabrose, o peggio. Basti ricordare che il Regno appena nato, nel 1861, distrusse buona parte dei documenti sulla «lotta al brigantaggio»: una vera guerra civile che comportò violenze che oggi ci fanno rabbrividire.
Soltanto più di un secolo dopo, nel 1963, uno studioso Franco Molfese - rintracciò parte dei documenti superstiti, dando avvio a una faticosa ricostruzione dei fatti non ancora conclusa e che non sarà mai completa.
La vicenda di cui si parla in questi giorni è simile, e anche in questo caso si deve in buona parte a un libro, pubblicato nel 2004 dal giornalista dell' Espresso Franco Giustolisi e intitolato appunto L' armadio della vergogna (Nutrimenti). Giustolisi è morto l' anno scorso senza poter assistere alla propria vittoria, all' apertura pubblica dell'«armadio della vergogna».
Al contrario di quello degli scheletri, questo era un vero e proprio armadio, scoperto nel 1994 a Roma, in uno sgabuzzino di palazzo Cesi-Gaddi (dove hanno sede vari organi giudiziari militari), in via degli Acquasparta. Dentro c' erano 695 fascicoli d' inchiesta e un registro contenente 2274 notizie di reato su crimini di guerra, 13.000 pagine, fra cui i più trucemente noti: eccidio di Sant' Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine, Marzabotto, Cefalonia, la risiera di San Sabba.
E poi: documenti sugli italiani deportati in Bassa Sassonia, sull' eccidio di duemila italiani vicino a Borek. E le carte segrete del Sismi, compreso l' appunto sulla fuga di Kappler e il ruolo che vi ebbe l' organizzazione Odessa. C' è una lista di giudici nazisti che fecero carriera anche dopo la guerra. E documenti che ci riguardano come carnefici: per esempio quelli sul generale Mario Roatta nei territori occupati.
Si tratta di documentazione di prima mano, ovvero delle istruttorie realizzate decenni prima dalla Procura generale del Tribunale supremo militare, che ne aveva ricevuto incarico dal Consiglio dei Ministri. Basti dire che c' è anche un promemoria del comando dei servizi segreti britannici, intitolato Atrocities in Italy, con il timbro secret.
Il 13 gennaio del 1960, con un atto «illegittimo e illegale», il procuratore generale militare Enrico Santacroce mise su molti di quei fascicoli il timbro: «Archiviazione provvisoria». Nel 1999 il Consiglio della magistratura militare, e nel 2001 la II Commissione Giustizia della Camera dei deputati, spiegarono l' occultamento dei documenti con presumibili - pressioni politiche per impedire qualsiasi azione giudiziaria contro i responsabili tedeschi. Motivo?
«Opportunità politica, in un certo senso una superiore ragione di Stato». Nel 2003, per iniziativa del deputato Carlo Carli (Pd), venne istituita una Commissione d' inchiesta furono interrogati anche Giulio Andreotti e Oscar Luigi Scalfaro che nel 2006 anni dopo formulò tre ipotesi. 1) In un periodo di guerra fredda, si volevano mantenere buoni rapporti con la Germania Ovest. Ma, aggiungo, oltre la guerra fredda, i motivi potevano riguardare i buoni rapporti economici.
2) Anche dei militari italiani erano accusati di violenze in Albania, Etiopia, Jugoslavia, Grecia, e portando a fondo l' accusa contro i tedeschi, si sarebbe riaperta anche quella contro gli italiani. 3) Fascisti e nazisti riciclati all' interno dei servizi segreti dei due Paesi sarebbero riusciti a insabbiare i documenti e quindi i processi.
ingresso campo di concentramento di dachau
La relazione di maggioranza, firmata dal deputato di Alleanza nazionale Enzo Raisi, sottolineò la mancanza di prove su ognuna delle tre ipotesi. É vero, le prove mancano, ma di certo una delle tre ipotesi o tutte e tre insieme è vera. Oggi la presidente della Camera Laura Boldrini dichiara: «Un Paese veramente democratico non deve aver paura del proprio passato». Giusto, però solo pochi nostalgici hanno paura di svelare gli orrori della Seconda guerra mondiale. Mentre tutti dobbiamo avere paura ancora di come politica e magistratura possano nascondere verità scomode. Anche quelle recenti e recentissime.