Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
Mouhamud Elmi Muhidin - Scafista della strage di LampedusaA ventiquattro anni d'età, il somalo Elmi Mouhamud Muhidin faceva il predatore di migranti. Lui e il suo gruppo criminale, che ha ramificazioni dalla Libia al cuore dell'Africa, hanno sequestrato due volte i disperati che dall'Eritrea cercavano futuro in Europa, naufragati nella strage di Lampedusa di un mese fa; rapiti in Sudan durante la traversata verso la costa e poi segregati in Libia, fino alla partenza per l'Italia. In entrambi i casi i profughi hanno dovuto pagare, attraverso i parenti all'estero: 3.300 dollari la prima volta, 1.600 la seconda.
I superstiti non hanno dimenticato il volto di Muhidin. Qualcuno se l'era stampato nella mente quando lo vedeva torturate gli uomini e violentare le donne: «Ho pregato Dio giorno e notte affinché mi facesse rincontrare in vita questo soggetto per fargliela pagare» ha confessato agli investigatori Alay Bahta, trentacinque anni, uno degli scampati alla strage, oggi testimone d'accusa.
Mouhamud Elmi Muhidin - Scafista della strage di LampedusaE l'avrebbe linciato volentieri, insieme agli altri ospiti del centro di accoglienza di Lampedusa, se i poliziotti non gliel'avessero tolto dalle mani. Il somalo aveva le chiavi della casa in cui i migranti furono rinchiusi dopo essere stati rapiti nel deserto, al confine tra Sudan e Libia, in attesa del pagamento del primo riscatto.
lampedusa«Era lui che contattava personalmente i nostri familiari - ha raccontato Bahta - e che, armato di pistola, ci ha minacciato più volte facendoci colpire con dei manganelli; un giorno dopo averci bagnati con dei secchi d'acqua e allagato il pavimento hanno preso dei fili elettrici e dopo averli appoggiati a terra ci hanno fatto prendere una scarica elettrica... Ci prendevano in giro e ridendo ci dicevano che se morivamo loro erano contenti perché noi eravamo solo dei cristiani, esseri inferiori a loro musulmani».
lampedusaSecondo le testimonianze raccolte dai poliziotti delle squadre mobili di Agrigento e Palermo, insieme a quelli del Servizio centrale operativo, tutte le donne sono state stuprate. «Quelle del nostro gruppo hanno subito violenze sessuali, tra le quali anche mia sorella - aggiunge Bahta -; tra gli autori di tali violenze vi era anche il soggetto somalo di cui ho riferito». Sua sorella è morta nella strage, qualcun'altra è scampata e ha potuto raccontare l'inferno vissuto nelle mani dei contrabbandieri di profughi.
lampedusaFanos Okba ha compiuto 18 anni il 1° gennaio scorso, a ottobre s'era messa in viaggio dall'Eritrea quando è incappata nella banda guidata dal «somalo», poi riconosciuto in Elmi Muhidin: «Sono stata oggetto di sequestro e di violenza sessuale da parte di quest'uomo che era a capo di altri somali... Una sera dopo essere stata allontanata dal mio gruppo sono stata costretta con la forza dal somalo e due suoi uomini ad andare fuori.
Dopo avermi buttata a terra e bloccata alle braccia ed alla bocca mi hanno buttato in testa della benzina provocandomi un forte bruciore al cuoio capelluto, alla pelle del viso ed infine agli occhi. Non contenti, i tre a turno hanno abusato di me...Tutte le venti ragazze che sono state sequestrate sono state oggetto di violenza sessuale».
NAUFRAGIO DI MIGRANTI A LAMPEDUSATra loro Wegahta Kiflay, poi vittima della strage; suo fratello Merhawi s'è salvato e adesso accusa Muhidin. «Per me e mia sorella hanno ricevuto da mio padre 6.600 dollari» dice , per lasciare la prigione in Sudan, più 3.200 per essere imbarcati verso la Sicilia, tramite «miei parenti in Israele» contattati dai genitori.
«Ci hanno trattenuti fino a quando i soldi venivano accreditati sui conti bancari sudanesi di Aman Express - ha raccontato Natnael Haile, 25 anni - intestati a tale Sedik o Mahdhi, che loro stessi fornivano ai nostri familiari». Tra gli oggetti sequestrati al palestinese Abdalmenem Hattour, considerato un complice di Muhidin e arrestato ieri insieme al somalo su ordine della Procura di Palermo, oltre a tre telefonini, due passaporti e altrettante carte di soggiorno c'erano pure due schede bancarie della Aman Bank.
LAMPEDUSAI testimoni hanno pure riferito che una sera Muhidin e altri predatori hanno portato fuori dalla casa due ragazze, ma una sola è rientrata. Si chiamava Sara. Ha raccontato che mentre le violentavano lei e l'amica hanno provato a fuggire, ma sono state riprese; lei subito, l'altra un po' più avanti, e non è più tornata. «L'avranno uccisa» ha detto Sara agli altri profughi. Si chiamava Youhana. Sara è morta al largo di Lampedusa.
Soccorsi per il barcone affondato a LampedusaTra torture e violenze, «l'unico a non essere stato toccato è un bambino di circa 4 anni» ha dichiarato Tiamea Desta, ventitreenne scampato alle torture e al naufragio. Il bambino si chiamava Lameck ed era stato stipato nel barcone, infilato a forza tra un corpo e l'altro, come gli altri minorenni, «perché occupassero il minimo ingombro, affinché potesse salire il maggior numero di persone possibile».
Lameck è una delle 336 vittime di Lampedusa.