Malcom Pagani per "l'Espresso" - Colloquio con Pasquale Chiesa
COSSIGAFrancesco Cossiga "ha smesso di parlare alcuni mesi prima di decidere di smettere di vivere. Ma quando interruppe ogni rapporto con Renato Farina era lucido e stava ancora bene". In una casa di mezzo tra le oscurità di Regina Coeli e le luminose ombre dell'Accademia dei Lincei, in faccia a una piccola collezione di antichi libri sardi, Pasquale Chessa, giornalista, storico, biografo di Cossiga, riflette sulle ultime incredibili picconate postume.
Tirate brutali, analisi perfide, giudizi pesanti su protagonisti dell'attualità e della politica, ricostruzioni insinuanti fatte scivolare in un volume intervista ("Cossiga mi ha detto") appena pubblicato da Marsilio. Lo firma, con tutto quel che ne consegue, Renato Farina. Dentro balla una narrazione che l'ex presidente non avrebbe voluto vedere pubblicata. Provò a bloccarla. Come raccontano le sue carte lasciate all'attenzione della famiglia e alla cura scientifica di Pasquale Chessa. "L'operazione di Farina è sospetta. Come mai non ha fatto uscire il libro, già pronto, con Cossiga ancora in vita?".
RENATO BETULLA FARINAPerché Chessa?
"Sapeva che sarebbe scoppiato un inferno. Cossiga già nel 2008, quasi due anni prima dell'aggravarsi della sua salute, aveva spedito una lettera di rinuncia all'editore di Farina, all'epoca Piemme, restituendo i 12.500 euro dell'anticipo e diffidando dal mandare in stampa alcunché. Chiuse ogni contatto, da un giorno all'altro, come ferocemente gli capitava".
Farina fa coincidere il rifiuto di Cossiga con l'avanzare della malattia.
"Mente. Sapendolo. Profitta delle parole di un uomo che non può più smentirlo. Cossiga era capace di stabilire con i suoi intervistatori uno speciale rapporto di fiducia. Sapeva come forzare i toni e persino i fatti per fare notizia, ma sapeva anche di poter contare sulla loro complicità professionale, sul controllo del racconto, sull'esattezza di date e nomi e sul senso generale. Gli premeva fosse il suo. Ecco la falsificazione operata da Farina. Lasciando le parole di Cossiga nude e crude, ne altera il senso. Spostando in avanti le date suggerisce che fu la malattia a impedire la revisione del testo. Non è così. Fu una scelta ragionata e consapevole".
Farina si arrese?
"Insistette con la famiglia. Con garbo, Giuseppe Cossiga, il figlio, ricostruisce i tempi confermando la scelta del padre. Non pubblicare il libro. Ma Farina avanza, nonostante dai documenti e dalla lettera emerga come il presidente "avesse deciso di ritirare ogni suo contributo di appoggio al progetto"".
Cossiga lasciò Farina al suo destino.
"Mi parve il segno che, da qualche parte, il fango fosse tracimato. Farina potrà anche esibire stralci di conversazione, ma non c'è bisogno di scomodare gli psicanalisti per sapere che le parole non sempre rispondono alla verità".
Farina e Cossiga si conoscevano. Quando si rafforzò il rapporto?
"Il contatto ravvicinato fu stabilito quando Cossiga, sotto pseudonimo, iniziò a scrivere per "Libero" su richiesta di Feltri. La vanità del potere lo portava a fidarsi. Era curioso e possedeva un'innata capacità di mimesi. Colpiva la competenza culturale con cui maneggiava materie così diverse tra loro. Se incontrava un musulmano si faceva imam, se discuteva con un prete diventava teologo, se si trovava di fronte a una spia, si trasformava nel capo delle spie".
E Farina lo era a tutti gli effetti?
"Me lo disse lui stesso, all'hotel Senato di Milano, in coincidenza con la scoperta dei media del suo doppio ruolo. Giornalista e agente Betulla. È la tesi che sostiene nel libro: "Sono entrato nei servizi su ordine del presidente per favorire l'ascesa del generale Pollari". Mi sembrò una chiamata di correo".
La turbò?
"Non capivo perché ne parlasse a me, ma vissi la rivelazione come una potenziale minaccia nei confronti di Cossiga. Non avevo particolari motivi per amare Farina. Diverse culture, diverse frequentazioni. Per dire: nella mia infanzia sono stato scout. Mi è rimasta una sottile idiosincrasia per un certo sentore di sagrestia. Le mani sudate, il parlare obliquo, la cantilena lamentosa. Mi interessava però il suo punto di vista ultracattolico".
Apprezzato anche da altri?
"Godeva di grande credito culturale, fino al punto di essere massimo consulente di una trasmissione simbolo del centrosinistra come l'Infedele di Gad Lerner. Infedele appunto: quando si scoprì che Farina era una vera e propria spia, furono in molti a rimanerci male. E allora perché mi chiedo, ha deciso di mettere in piazza le registrazioni di Cossiga?".
Si è fatto un'idea?
"Il suo libro serve a un solo scopo. Dimostrare che il suo burattinaio è Cossiga e non Pio Pompa (ndr l'agente che smistava informative e collezionava dossier)".
Come finì l'incontro all'Hotel Senato?
"Arrivò Cossiga e iniziò ad apostrofare Farina da lontano, a gran voce: "Renato diglielo che sei un eroe, che hai servito la patria, che sei andato da Milosevic su mandato di Lamberto Dini. Devi recarti alla Procura della Repubblica, raccontare tutto". Mi sembrò inutilmente enfatico ma poi capii. Era un modo, tipicamente cossighiano, di parare il colpo in anticipo. Se all'orizzonte apparivano difficoltà, Cossiga dava il meglio di sé. E infatti, attenzione alle date: la guerra in Serbia è del 1999, il ministro degli Esteri era Lamberto Dini, il presidente del Consiglio D'Alema. Pollari viene nominato capo del Sismi a fine 2001".
Anche sullo spionaggio Cossiga nutriva una certa competenza.
"Di carattere legislativo e istituzionale. Nell'età democristiana, che è una categoria più significativa di quella di Prima Repubblica, rappresentava l'uomo di Stato molto più che il quadro di partito. E il segreto è qualcosa che ha a che vedere col potere dello Stato. Per questo, non senza malizia, gli piaceva citare Bobbio".
Tutto qui?
"Se capitava in un tavolo in cui nel raccontare i risvolti più indicibili della quotidianità politica si era andati oltre, concludeva, dopo uno dei suoi rari silenzi con un motto affilato e definitivo: "Se non aveste stupidi preconcetti morali, sareste delle ottime spie".
Farina non li aveva?
"Certamente no. Cossiga diceva sempre: "Quello ha i cassetti pieni". Dava un grande valore alla funzione istituzionale dei servizi segreti. E quando ne parlavamo irrideva ogni mio dubbio, per così dire etico, democratico. Ma fissava un limite alle azioni segrete: dovevano rimanere tali. Allora mi toccava giocare sul tasto dell'ironia, ricordando che Farina veniva intercettato dal pm Spataro proprio nel momento in cui Pio Pompa gli dava istruzioni per cercare di carpire notizie riservate con la scusa di un'innocente intervista".
Accadde davvero?
"Andò ad intervistarlo mentre Spataro e Pomarici intercettavano lui il suo suggeritore, conoscendo in anticipo il contenuto di ciò che gli avrebbero chiesto. Come in un racconto di Simenon, quando il lettore ne sa di più della spia. E chi è andato per suonare, esce suonato" (ride).
La diverte?
"Con Cossiga allora mi piaceva immaginare la faccia di Feltri e di Sallusti, scoperto che gli scoop di Farina erano farina del sacco di Pompa. Se uno non è in grado di fare la spia, facevo cadere distrattamente provocando il presidente, sarebbe meglio scegliesse un'altra direzione".
Dove cigola tragicamente il libro di Farina?
"Ci sono nomi inventati, date confuse, dialetti sardi straziati. A Farina si può perdonare tutto, ma Saltabranca no! Il nome dello storico direttore antifascista della Nuova Sardegna nel dopoguerra, è Arnaldo Satta Branca. Ecco: gli errori di Farina funzionano come lapsus. Rivelano un'approssimazione in cui nuota un disprezzo per la sostanza delle cose".
Esempi?
"Cossiga amava citare un piccolo testo del grande scrittore americano William Styron, il famoso autore della "Scelta di Sophie". Un libello luminoso sulle nebbie della depressione: "Un'oscurità trasparente". Nella trascrizione di Farina Styron diventa Jostein Gaarder, autore di un volume divulgativo intitolato "Il mondo di Sofia". Andiamo al succo: Farina non ha capito la citazione. E ha inventato aiutandosi con Wikipedia. Tutto vero quindi. Ma tutto falso".
Sembra arrabbiato?
"Ai tempi di Zeus, Cossiga l'avrebbe fulminato".