Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il Corriere della Sera
Parole altrui (cioè degli accusatori che dopo 10 anni raccontano d'aver pagato tangenti) ma anche parole proprie, cioè degli indagati come il pd Filippo Penati, accusato di averle ricevute: non sono solo quelli sinora depositati al Tribunale del Riesame, sulle 8 perquisizioni di 11 giorni fa, gli elementi d'accusa di cui dispongono i pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia nella loro indagine per le ipotesi di concussione, corruzione e finanziamento illecito ai partiti, scaturita dalle dichiarazioni del costruttore Giuseppe Pasini e dell'imprenditore del trasporto urbano Piero Di Caterina.
penati bersaniDi certo, infatti, nel fascicolo esistono intercettazioni telefoniche tra Penati - ex sindaco ds di Sesto San Giovanni, poi presidente della Provincia di Milano e quindi vicepresidente (ora dimessosi) del Consiglio regionale lombardo - e quel Di Caterina protagonista nell'indagine del triplo ruolo di finanziatore a suo dire di Penati per molti anni, di dichiarante su queste e altre dazioni alla politica, e però anche di indagato come «collettore di tangenti» .
LA LETTERA DI DI CATERINA A PENATI E BINASCO«Indagini tecniche»
Il segnale dell'esistenza di intercettazioni affiora da un'espressione («indagini tecniche» ) contenuta in un passaggio dell'informativa redatta dagli uomini della Guardia di Finanza nella polizia giudiziaria milanese il 15 luglio di un anno fa per i pm milanesi Francesco Greco, Laura Pedio e Gaetano Ruta.
Nella comunicazione di notizia di reato, proposta nei confronti di Penati e altre 6 persone per un'ipotesi anche di associazione a delinquere che però non ha mai trovato seguito, gli inquirenti già ipotizzavano «che potesse esserci uno stretto legame affaristico tra Di Caterina e Penati, risalente ai tempi in cui quest'ultimo era sindaco.
Le indagine tecniche avviate (ecco il punto, ndr) confermavano immediatamente tale ipotesi investigativa, dato che Di Caterina, che nel frattempo aveva in essere delle controversie con Atm (la municipalizzata dei trasporti milanese, ndr) e con le amministrazioni dei Comuni di Sesto San Giovanni e Cinisello Balsamo in merito alle concessioni per i trasporti pubblici locali, si rivolgeva proprio a Penati allo scopo di trovare un interlocutore politico idoneo che potesse mediare con le parti in causa» .
PENATI BERSANINessun contenuto di queste intercettazioni è sinora riportato nel dettaglio, ma almeno si comprende come e perché sia nata la prima perquisizione a Di Caterina il 16 giugno 2010, occasione del sequestro nel suo portafoglio della copia dell'ormai nota mail spedita da Di Caterina il 26 aprile 2010 a Penati e a Bruno Binasco, braccio destro dello scomparso imprenditore Marcellino Gavio, «nella quale Di Caterina fa riferimento a cospicue dazioni di denaro effettuate nel corso degli anni in favore di Penati» .
GIORDANO VIMERCATI E FILIPPO PENATI«Pinocchio» smemorato
I primi passi dell'inchiesta mostrano che gli inquirenti, pur riconoscendo una generale credibilità alle chiamate in correo di Pasini e Di Caterina, ne vagliano possibili incongruenze e omissioni. L'informativa del 10 febbraio 2011, ad esempio, svela che gli accertamenti sul conto «Pinocchio» di Pasini, presso la banca lussemburghese dove nel 2001 formò la provvista di denaro e ritirò in contanti i 4 miliardi chiestigli a suo dire da Penati e consegnati sempre a suo dire a Di Caterina, fanno drizzare le antenne degli inquirenti su un atteggiamento di Pasini padre e figlio:
«Emerge che hanno taciuto l'esistenza di altri conti esteri (Lussemburgo e Svizzera) utilizzati per ricevere e trasferire denaro» : specie «operazioni per cui non è stata fornita alcuna contabile» , e altre che «per l'entità degli importi, in particolare quelle con riferimento Chiave e Keyside Development» , vanno «quantomeno approfondite» .
Caffè e «oneri conglobati»
Come spesso in queste vicende, infine, al canovaccio serio si sovrappone talvolta il registro della farsa. Dopo il «venga a prendere un caffè» di un assessore per convocare un costruttore al pagamento di una bustarella, ecco ora alcuni ex colleghi dell'indagato architetto Marco Magni, recordman di incarichi a Sesto, spiegare ai pm che uno dei mille nomi per dire tangenti era la voce «oneri conglobati» conteggiata nei piani economici finanziari che venivano redatti per i clienti.