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1 - IL CARROCCIO SI ALLONTANA DAL CAV - ORA SONO A RISCHIO MILANESE E IL MINISTRO ROMANO...
Gianluigi Paragone per "Libero"
Dico subito che mi dispiace davvero tanto che il compagno Tedesco si sia salvato in nome di un garantismo al botulino. Alfonso Papa invece andrà dentro, come si dice nel gergo. L'ex magistrato eletto nelle file del Pdl (ora gruppo misto) sarà uno di quel 40 per cento di detenuti che affolla le carceri in attesa di giudizio. È un dato che fa orrore? Sì, quel dato è una palese stortura, è una ferita aberrante per uno stato di diritto; ma questo era noto a tutti anche prima della discussione alla Camera sull'arresto di Papa e di quella al Senato sull'arresto di Tedesco.
È una stortura, dicevamo, di una giustizia che andava riformata - e noi da queste colonne ci siamo espressi più volte per una riforma seria della materia - e che invece in tutti questi anni non è stata riformata. O per debolezza della politica o per sua incapacità.
ALFONSO PAPABerlusconi sostiene che le manette gli fanno orrore? Beh, ha avuto una lunga stagione politica per incidere il bubbone.
Dispiace ammetterlo, ma ha perso la sfida. Nella fase delle indagini c'è un notevole squilibrio tra le parti e non era salvando Papa o Tedesco che questo squilibrio avrebbe trovato la convergenza. Papa, che tra l'altro è stato magistrato, vivrà questa anomalia tutta italiana esattamente come capita a migliaia di detenuti anonimi dei cui diritti ci facciamo baffo. Lo status di parlamentare non gli ha garantito alcun privilegio.
ALBERTO TEDESCOPerché questo era il vero oggetto del contendere, e cioè se nella burrasca di una giustizia imperfetta i parlamentari hanno ancora immunità più o meno totali. La risposta è stata nì, nel senso il senatore del Pd è stato salvato dal voto segreto mentre il deputato ex Pdl no.
E a questo punto monta un sospetto grande come una casa e cioè che mentre la Lega (perché sul Carroccio erano puntati tutti gli occhi) è stata coerente, non si può certo affermare il contrario per i compagnucci del Senato. Solo un caso che, dopo tantissimi tormenti sull'ex assessore della Sanità pugliese, costui è stato salvato? Forse, però di certo quelli del Pd ci perdono la faccia.
MARCO MILANESEChi non ci perde la faccia è il Carroccio, accusato per tutto il giorno di barattare chissà cosa. È andato dritto come un treno, sfilandosi da una lunga narrazione di centrodestra che proprio sulla Giustizia ha cominciato a perdere voti (anzi, ora dovranno difendersi loro dai sospetti di doppiogiochismo). La Lega è tornata a fare la Lega; l'opposizione sperava in un voto diverso per seminare zizzania nella militanza leghista. Non è successo: ha vinto la linea Maroni, che da ministro dell'Interno forte proprio in materia di legalità non poteva ritrovarsi con il suo partito in posizioni più tolleranti.
Il sì all'arresto è, in chiave politica, un voto pesante. È un voler interrompere, sul tema specifico, una convergenza tattica con Berlusconi. La sconfitta di Milano è ancora troppo fresca per poter passare in fanteria. Al di là delle responsabilità amministrative del sindaco Moratti, un carico negativo ce lo mise proprio il premier con le sue dichiarazioni sui processi, sui pm politicizzati e su altro ancora.
MILANESE E TREMONTIDichiarazioni che hanno fatto perdere voti all'intero centrodestra. Immunizzare Papa sarebbe stato come andar dritto verso il precipizio. Il Pdl non aveva scelte: sulla giustizia il Cavaliere non ritiene di cambiar registro pertanto il voto dei parlamentari non poteva che essere negativo. La Lega no. La Lega aveva il fiato sul collo dei suoi militanti, già arrabbiati per lo scarso bottino di questi ultimi tempi.
La Lega non poteva che consegnare Papa al suo destino. E non potrà che concedere il bis su Marco Milanese, anche se si tratta del braccio destro di Giulio Tremonti. Così come non potrà difendere il ministro dell'Agricoltura Saverio Romano (indagato per mafia) quando in aula arriverà il voto di sfiducia delle opposizioni. La Lega deve dimostrare di avere ancora intatto il proprio dna, che non concede sconti a chi ha ombre pesanti. Altrimenti quel malcontento che oggi serpeggia tra militanti e simpatizzanti tracimerà in vero e proprio dissenso.
saverio romano foto mezzelani gmtNon è difficile prevedere che in Padania Bossi "venderà" per bene questo sì nelle feste di partito. Un po' per calmare gli animi («La Lega non è parte della Casta né la vuole salvare», dirà il Senatur), un po' per mandare messaggi in vista dell'autunno. Non vi è nulla di scontato nella ripresa e Berlusconi dovrebbe rivedere il proprio ottimismo "sempre e comunque".
Nella maggioranza molte cose stanno cambiando e altre potrebbero cambiare. Ieri non solo la Lega si è smarcata sull'arresto di Papa, ma ha tenuto la propria posizione pure sulla questione dei rifiuti, provocando tensioni dentro lo stesso Pdl. Insomma le cose non vanno per nulla bene. E non da oggi. Pensare che possano migliorare sarebbe prendersi in giro.
2 - CASTELLI, VOTERO' NO, PRONTO A DIMETTERMI. DECISIONE PERSONALE, NE HO DISCUSSO CON BOSSI...
(ANSA) - "Come già annunciato ieri sera, non parteciperò al voto in Senato sull'Atto Senato 2824. La mia è una decisione esclusivamente personale, di cui ho discusso ieri con il Segretario Federale Umberto Bossi". E' quanto afferma in una nota il viceministro leghista, Roberto Castelli ribadendo la sua contrarietà al rifinanziamento delle missioni.
"Le motivazioni - spiega - sono molte e troppe per essere tutte ricordate. Richiamo le più importanti, che mi hanno determinato in questa scelta, sicuramente la più difficile della mia ormai lunga avventura politica nella Lega Nord. È infatti la prima volta che mi trovo a prendere una decisione difforme da quella del mio partito. Ma sono contento che Umberto Bossi abbia capito le mie ragioni, derivate anche dalle mie esperienze di vita".
Castelli contesta in particolare la finalità della missione in Libia sottolineando che "é del tutto evidente, allo stato dei fatti, che l'intervento umanitario non può reggere ed è del tutto incredibile. D'altro canto, essendo io un esponente del governo, non posso certo nascondermi che questa scelta ha ricadute di natura politica.
Pertanto, qualora il Presidente del Consiglio e il Segretario del mio partito ritenessero che questa mia posizione sia incompatibile con la carica di governo, mi dichiaro disponibile a dimettermi immediatamente".