Marco Zatterin per "la Stampa"
ZAPATEROVenerdì la Commissione Ue ha giurato che non si poteva fare, ieri ha detto invece che non ci sono problemi. Per non sbagliarsi, il premier Zapatero aveva tirato diritto come nulla fosse con la decisione di chiudere «temporaneamente» la porta della Spagna ai lavoratori romeni. Colpa della disoccupazione al 20% della popolazione che sta tenendo a casa 5 milioni di persone. «Non c'è n'è per noi, figuriamoci per gli altri», riassume una fonte diplomatica madrilena. A Bruxelles sono imbarazzati, l'esame tecnico rivela che la mossa è compatibile con le norme per la libera circolazione. Il problema è dunque un altro: è che qualche Paese, come l'Olanda, potrebbe presto seguire l'esempio.
GLI INDIGNADOS SPAGNOLISono tempi durissimi per la gente iberica. Appena quattro anni fa l'economia correva come se il cielo fosse il solo limite. In un sussulto, si è finiti a un passo da una bancarotta che la cura da cavallo disegnata dal governo socialista ha, per il momento, evitato. Il rischio, però, resta. Le stime dicono che a fine anno la Spagna sarà uno dei pochi paesi dell'Eurozona a crescere meno dell'Italia (0,7%), mentre un giovane su due non avrà un posto.
È una tragedia che ha scatenato la protesta del popolo degli «Indignados», occupatori pacifici di piazze in cerca di una prospettiva, non sempre statici visto che hanno appena marciato uniti verso Madrid da ogni dove. Una cinquantina di loro è poi partita alla volta di Bruxelles, con l'intenzione di raggiungerla a piedi, in settembre. Sono 1500 chilometri per farsi sentire anche nel cuore dell'Europa, sperando di raccogliere adepti lungo la via, come Forrest Gump.
indignados«Vogliamo un cambiamento», recita il loro manifesto. Zapatero ha cercato di rispondere varando riforme a raffica. Aveva certo in mente la speculazione che lo tiene sotto tiro, ma la rivolta dei giovani indignati ha giocato pure un ruolo cruciale. Il ripristino della deroga al libero stabilimento di lavoratori, prevista fino al 2014 dal trattato di adesione di Bucarest all'Ue, nasce anche qui. È una misura che impone ai romeni che intendano lavorare in Spagna di avere un contratto e di un permesso. Prima potevano entrare senza limiti e tentare la sorte.
indignadosLo stop non riguarda gli 800 mila romeni che già risiedono in Spagna, ma solo i nuovi arrivati. Il governo spiega che gli accordi consentono di introdurre limiti in casi d'urgenza, anche se le restrizioni per i lavoratori dei paesi dell'Est ultimi aderenti all'Ue sono cadute in maggio (non in dieci Paesi fra cui Francia, Germania e Italia). Così, legalmente, ci ha ripensato.
RomeniLa norma, che sarà in vigore ad agosto, apre una questione politica importante. L'Europa si conferma l'entità che le capitali invocano nell'emergenza ma dimenticano quando hanno un problema personale. L'Olanda, per esempio, ragiona su come limitare l'accesso degli stranieri se non in casi eccezionali. Così la Danimarca che sfida i patti di Schengen.
I socialisti spagnoli dicono che l'obiettivo è diverso. Su 800 mila romeni che già risiedono nel Paese, il 38% non ha un lavoro: «Mi sembra ragionevole assorbire prima quelli che sono qui», spiega Anna Terron, viceministro al Welfare. A Bucarest si teme di finire su un crinale rischioso, perché «la Spagna è la prima a reintrodurre i vincoli». Era stata anche la prima a togliere le restrizioni nel 2009. La crisi le ha consigliato di fare dietrofront.