CINE-PESTIVAL DE’ NOANTRI - TRA MULLER IN USCITA, ZERO SOLDI, INDIFFERENZA DEI MEDIA E FILM SENZA MOTIVO (DI STARE IN UN FESTIVAL), LA TENTAZIONE DI CHIUDERE BARACCA E BURATTINI
Malcom Pagani per il “Fatto quotidiano”
Per l’autorappresentazione di un tramonto, niente di meglio che un arcobaleno di parole. In bella vista, sul bidone metallico e multicolorato posto all’ingresso di Viale De Coubertin, la fotografia definitiva di un luogo che avrebbe voluto competere con il Potsdamer di Berlino e duellare a pari armi con il South Bank di Londra, è uno slogan mesto.
“L’Auditorium fa la differenza”, dice l’adesivo e guardandosi intorno, mentre i passanti si liberano di lattine, plastiche e cartoni, vien da chiedersi se non si tratti di mera autoironia.
il cast di soap opera al festival di roma
All’epoca in cui venne immaginato, il Festival, volano politico elettorale di Walter Veltroni, era un’altra cosa. Per disegnare l’Auditorium si chiamò all’opera l’autorità di Renzo Piano. Si spesero centinaia di milioni di soldi pubblici per un progetto che riqualificasse la zona dell’ex Villaggio Olimpico e che sulla carta, in una città normale, avrebbe previsto naturali sinergie culturali con l’altro salasso collettivo denominato Maxxi.
genovesi col cast di soap opera
Aspettative e intenzioni rimaste lettera morta anche quest’anno perché, dicono, a Giovanna Melandri, Müller proprio non piace e certe asimmetrie caratteriali, a Roma, sono da sempre più importanti del risultato generale. Il Festival, eterno ibrido tra festa popolare, parata di regime e variegato carrozzone de noantri al retrogusto di porchetta, non ha mai avuto una sua identità.
Aspettando in passerella il ritorno del vero Monnezza, il grande Tomas Milian che l’intuizione di Dardano Sacchetti elevò a mito popolare, mentre gli operai eliminano la tanta rumenta che a poche ore dal via riempie ancora le strade, è tardi per trovarla. Chi lavora allo smaltimento di sbarre arrugginite, nastro adesivo e fil di ferro, tra una transenna da spostare e una bestemmia in aria non se ne preoccupa.
I lavori sono in corso anche se oggi, giura assecondando il fatalismo cittadino un disincantato addetto di guardia al red carpet: “Sarà tutto a posto, noi ospitiamo il cinema e il bello del cinema è anche la sua improvvisazione”. Sarà, ma intanto, mentre la nona edizione attende la sua serata inaugurale con Soap Opera di Genovesi e gli stand in preparazione sembrano un teatro di posa abbandonato, a far rumore è la sorda lotta di potere all’ombra del terzo e ultimo mandato di Marco Müller.
L’ex direttore di una lunga stagione veneziana con ogni probabilità emigrerà altrove e al suo posto il locale Pd, leggi Zingaretti e Bettini (la supervisione è di Veltroni e del ministro della Cultura Franceschini) prepara ipotesi di successione. I nomi sul tavolo sono tanti. Si viaggia dall’opzione Carlo Freccero (l’idea è quella di accorpamento tra il Festival e il suo Fiction Fest, ma anche se “Freccia” giura che non esista nulla di più vero della fiction , l’ipotesi è improbabile) a Giorgio Gosetti e Gianni Amelio nel ruolo di alternative plausibili.
NOVELLA 2000 - GIOVANNA MELANDRI
Al di là del valore delle singole scelte, non è una buona notizia. Un po’ perché pur alla guida di una macchina lenta e legata a doppio filo alle precedenti peggiori logiche partitiche dello spettacolo italiano, in condizioni drammatiche e con l’ingombrante compagnia di Renata Polverini, il direttore uscente si è sbattuto per arrivare al traguardo nel triplo ruolo di cercatore di fondi, garante della qualità complessiva del programma e mediatore con le produzioni internazionali che a Roma (preceduta da Venezia e Toronto) non avevano intenzione di mandare nessuno dei loro film di punta.
MILLENNIUM DAVID FINCHER E ROONEY MARA
Un po’ perché Müller è un selezionatore di talento e ha nel suo portafoglio crediti e contatti internazionali che in pochi possono vantare. È stato così anche stavolta. Ma una volta salutati Richard Gere e David Fincher e ospitato il 22 ottobre (a prezzo di notevoli battaglie dialettiche con la Walt Disney) “I guardiani della galassia”, il nuovo, straordinario Guerre Stellari, oltre 600 milioni di dollari di incassi in America, tra le parti in commedia non ci saranno sorrisi, accordi di pace, né tipici finali consolatori da fumetto.
Si cambierà pagina e ci si dirà addio. Visti i conti (non c’è un euro da anni, ci sono troppi assunti ereditati dalle precedenti gestioni e non si è capito esattamente a chi tra Provincia, Regione e Comune tocchi saldare i debiti) la tentazione degli enti sarebbe stata quella di chiudere baracca o continuare progressivamente a ridimensionare, ma la coincidenza con il decimo anno della manifestazione e le tante brame di collocazione del personale artistico con la giusta tessera in tasca, remano in un’altra direzione.
Allora, archiviata l’edizione numero 9, toccherà salutare trionfalisticamente anche la dieci. Quella delle rivoluzioni apparenti che nulla spostano e in nulla, soprattutto, sono destinate a incidere.
i guardiani della galassia poster
fabio de luigicristiana capotondi alessandro genovesiale e franzricky memphiselisa sednaoui cristiana capotondi chiara francini elisa sednaoui al festival di romachiara francinicristiana capotondi