LA NOTA DI 'REPUBBLICA' SULL'INTERVISTA AL PORTAVOCE AL SHABAAB
In merito a quanto riportato oggi dal quotidiano “Libero”, che fa proprie e rilancia illazioni circolate nei giorni scorsi su Internet in merito all’intervista realizzata al portavoce dell’organizzazione terroristica Al Shabaab, la direzione di Repubblica osserva quanto segue.
1) Conferma che Pietro Del Re ha intervistato lunedì scorso Ali Dehere, portavoce dal 2016 del gruppo jihadista somalo Al Shabaab e appartenente alla tribù Hawiye Murusade.
L’uomo è vivo, e non “morto da alcuni anni”, come il quotidiano “Libero” vorrebbe. E ne fanno fede le dichiarazioni recenti rilasciate a organi di stampa internazionali che per comodità di consultazione si elencano e che riguardano:
la rivendicazione dell’attentato del 30 dicembre scorso con un camion-bomba che ha provocato a Mogadiscio almeno 80 morti (1). Gli attacchi del 4 marzo contro alcune ong nel nord del Kenya come “invito” ai cooperanti “infedeli” a lasciare la regione(2). Le dichiarazioni alla BBC del 2 aprile scorso, in piena pandemia di coronavirus, per accusare “i crociati” stranieri di aver introdotto in Somalia il Covid-19 (3)
1. https://www.voanews.com/africa/al-shabab-claims-responsibility-deadly-bombing-somali-capital
2. https://www.neweurope.eu/article/al-shabaab-tells-christians-to-leave-northeastern-kenya/
(3) https://www.bbc.com/news/world-africa-52103799
2) La persona deceduta a cui il quotidiano “Libero” fa riferimento è Ali Mahmoud, l’imam fondamentalista chiamato anche sceicco Cali Dehere, fondatore nel 1996 delle Corti islamiche a Mogadiscio, e morto effettivamente nel 2014. Persona diversa da quella intervistata da Repubblica. Il quotidiano “Libero” incorre dunque in un errore di persona.
3) Pietro Del Re è stato ascoltato come testimone nei giorni scorsi dal Ros dei carabinieri in merito all’inchiesta della Procura di Roma sul sequestro a scopo di Terrorismo di Silvia Romano e in quella occasione ha dato pieno riscontro delle modalità e del contenuto dell’intervista Raccolta dal portavoce di Al Shabaab.
REPUBBLICA FA PARLARE ANCHE I MORTI
VITTORIO FELTRI per Libero Quotidiano
Noi di Libero non indossiamo i panni di maestrini e davanti agli errori o agli incidenti dei nostri colleghi non ci stracciamo le vesti. Giunge notizia in redazione che il capoccia del terrorismo islamico intervistato dalla Repubblica, portavoce di Al Shabaab, in realtà non esiste o, meglio sarebbe morto anni orsono. Non siamo in grado di giurare sulla veridicità di questo particolare, in realtà interessante.
La suddetta intervista, pubblicata con evidenza sulla prima pagina del giornale diretto da Molinari, succeduto a Verdelli, viene giudicata falsa dai jihadisti e noi prendiamo atto con stupore della smentita resa pubblica ieri con insistenza da varie fonti di informazione.
Il giornalista che l' ha diffusa, Pietro Del Re, al momento non ha commentato: non ha detto se il suo lavoro è stato corretto oppure viziato da un imbroglio da lui subito sia pure in buona fede.
terrorista spacciato per fonte da rep
Tutto può essere successo.
Sta di fatto che il suo colloquio circa il rapimento e il rilascio di Silvia Romano sarebbe stato una patacca presa per buona non solo dall' autore dell' articolo, ma anche dalla direzione del giornale.
Non è la prima volta che accadono cose del genere, ricordo un caso analogo avvenuto al Corriere della sera al tempo in cui il direttore era Pietro Ostellino. La società è seminata di imbrogli e talvolta ne sono vittime anche cronisti non di primo pelo. La brutta figura in certe circostanze è garantita, ma aggiungiamo che l' insidia della presa in giro è sempre in agguato.
Non vogliamo infierire contro i colleghi di Repubblica, ci limitiamo a dire che noi abbiamo intervistato migliaia di personaggi vivi ma uno morto non ci ha mai rilasciato dichiarazioni.
Segnalo che il defunto in questione aveva affermato, tra l' altro, che Silvia Romano era un ostaggio, non una prigioniera di guerra, quindi merce preziosa da barattare in cambio di denaro utile a finanziare l' attività terroristica. Le nostre condoglianze a la Repubblica.