1 - CONTE, SALVINI E IL SALUTO A RENZI IN AUTOGRILL LE VERITÀ NASCOSTE DELLO 007 IN PENSIONE
Estratto dell’articolo di Giuliano Foschini per “la Repubblica”
«Questo non è un libro di riflessioni, ma di fatti, cose, azioni, intrighi vecchi e ancora in corso». Marco Mancini, lo 007 (oggi in pensione) più famoso d’Italia, l’uomo finito due volte in carcere e poi assolto per fatti ancora oscuri, perché coperti dal segreto di Stato, la spia che custodisce alcuni dei segreti più importanti del nostro Paese, ha scritto un libro che comincia così: si chiama “Le regole del gioco”, pubblicato da Rizzoli, e sarà in libreria nelle prossime ore.
MARCO MANCINI - LE REGOLE DEL GIOCO
Mancini […] racconta un pezzo di storia del nostro Paese, dalla lotta al terrorismo interno italiano, alla stagione di Al Qaeda (con la scabrosa vicenda del rapimento d Abu Omar su cui però l’ex spia resta afona) arrivando fino a oggi, con il lavoro del controspionaggio che Mancini dirigeva nei confronti per esempio della Russia, prima dell’invasione dell’Ucraina, in un racconto che sembra il canovaccio di una serie americana.
Ma “Le regole del gioco” è un libro, com’era in realtà anche facile attendersi, pieno di messaggi: all’attuale governo, a cui Mancini concede anche un’apertura, usando parole al miele sia per Giorgia Meloni («solo a lei potrei riferire segreti di Stato») sia per l’Autorità delegata, Alfredo Mantovano, ai quali però lancia una specie di ultimatum, in una lettera aperta alla premier: lancia l’allarme sull’attuale situazione del controspionaggio e chiede di usarla come “arma” per gestire i flussi migratori, sostenendo per esempio che la strage di Cutro poteva essere evitata.
renzi e mancini incontro all autogrill di fiano romano
Mancini lancia messaggi al vice premier Matteo Salvini, di cui ricorda un’inedita visita in carcere (come quella dell’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, si scopre ora grande amico di Mancini), quando appunto il nostro 007 era stato arrestato e Salvini era soltanto un consigliere regionale.
E si toglie diversi sassolini con l’ex premier Giuseppe Conte, di cui racconta inediti e inusuali incontri a Palazzo Chigi, con discussioni di promozioni a numero 2 dell’Aise, il nostro servizio Esterno (promesse condivise anche con l’allora ministro degli Esteri, Luigi di Maio) prima di un’improvvisa frenata. Dettata, fa intendere, dalla famosa storia dell’autogrill di Matteo Renzi.
la chat della professoressa che ha fotografato renzi e mancini con un blogger
Lo 007 in pensione insiste con la storia — sulla quale onestamente non possono che restare dei dubbi — di un appuntamento, nel mezzo della crisi che stava portando alla caduta del governo Conte proprio per mano di Renzi, con l’ex premier per uno scambio di doni natalizi: i “babbi”, speciali wafer romagnoli, che distribuiva ad amici e conoscenti.
Ma esprime tutte le sue perplessità sulla circostanza che vuole un’ignara professoressa, fortunata testimone oculare dell’incontro «durato soltanto 13 minuti» scrive, e autrice degli scatti che poi grazie alla trasmissione Report diventeranno mesi dopo pubblici. La magistratura ha accertato che le cose sono andate così ma Mancini si chiede se i vertici dei Servizi avessero verificato se qualche agente «avesse avuto contatti, anche occasionali, con l’insegnante o il suo compagno».
La vicenda dell’autogrill, per come è raccontata nel libro, è oggettivamente molto interessante, non fosse altro perché è quella che mette fine alla sua carriera. «L’11 maggio del 2020 — scrive — il direttore del Dis, Gennaro Vecchione, mi chiese con urgenza il curriculum.
In quel periodo il presidente Conte mi intrattenne quattro volte a Palazzo Chigi, lusingandomi con prospettive di carriera. Anche Luigi di Maio, in quel momento ministro degli Esteri, mi convocò due volte alla Farnesina per riferirmi esplicitamente il suo sostegno (…) Il 22 gennaio del 2021 il presidente Conte fece le sue nomine. E io contro ogni anticipazione ero stato escluso: che è accaduto?». Mancini lascia intendere che qualcuno potesse aver avvisato Conte dell’incontro, “innocente”, con Renzi all’autogrill. Che insomma quella era stata una trappola. Fatale.
2 - MA QUELLE MEMORIE NON AIUTANO A FARE LUCE SU UNA STAGIONE OSCURA
Estratto dell’articolo di Carlo Bonini per “la Repubblica”
La memorialistica degli ex 007 è genere assai esplorato nei Paesi di lingua anglosassone. […] Non fosse altro perché chi ha ricoperto incarichi apicali nella sicurezza nazionale può contribuire, a distanza di tempo, a restituire lacerti di verità lì dove la verità è, per definizione, dissimulata, manipolata, trasfigurata, in nome della ragione di Stato.
Non ce ne voglia, dunque, l’ex agente segreto Marco Mancini, in quiescenza dall’estate del 2021, al secolo “tortellino” (nome di battaglia guadagnato negli anni ’80 come carabiniere della sezione speciale anticrimine di Milano) e quindi “doppio Mike” (come in gergo sarebbe stato apostrofato da capo divisione del Sismi e quindi da dirigente del Dis) se, richiuso il suo ponderoso “Le regole del gioco”, ci si scopra delusi per l’occasione mancata da queste 339 pagine.
Al netto di una ciclopica considerazione di se stesso e del risentimento per non aver ottenuto dallo Stato ciò che riteneva di meritare (la a lungo inseguita nomina alla vicedirezione dell’Aise, la nostra agenzia di spionaggio all’estero), la ricca […] aneddotica — declinata […] con tono da […] “sburòn” (in Romagna) — delle sue memorie brilla soprattutto per ciò che non vi si trova. Ci saremmo aspettati, per dire, una digressione sulle attività del Sismi di Nicolò Pollari in Calabria.
O qualche interessante delucidazione sulle attività di “controspionaggio offensivo” condotte dallo stesso Pollari, Mancini, Pio Pompa dall’appartamento “coperto” di via Nazionale, a Roma. E non su agenti di un’Intelligence estera o su pericolosi jihadisti, ma sul lavoro condotto su questo giornale da Giuseppe D’Avanzo e dal sottoscritto, o sulle indagini condotte dal procuratore di Milano Armando Spataro nella ricerca delle responsabilità per il sequestro di Abu Omar.
giuliana sgrena e marco mancini
Eravamo certi di trovare finalmente una spiegazione della “regola del gioco” in base alla quale il celebrato Sismi di Pollari e Mancini, in violazione della legge istitutiva dei Servizi, avesse imbarcato come informatori giornalisti professionisti (possibile non meritasse neanche una nota a piè di pagina almeno il noto giornalista dal nome in codice “Betulla”?). O sulle ragioni che a un certo punto indussero Nicola Calipari (direttore della divisione ricerca del Sismi e medaglia d’oro al valore, ucciso a Baghdad durante l’operazione di recupero della giornalista del “Manifesto” Giuliana Sgrena) a non fidarsi proprio di lui, Marco Mancini. E invece, niente.
Ci siamo dovuti accontentare di leggere i dettagli dell’amicizia speciale di Mancini con Francesco Cossiga. Della riconoscenza verso Matteo Salvini per una visita in carcere durante la detenzione per il sequestro di Abu Omar. Del sincero disprezzo per Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Gennaro Vecchione per una vicedirezione di Aise promessa e poi goffamente rimangiata.
E dell’altrettanto sincera ammirazione per la premier Giorgia Meloni e il sottosegretario Alfredo Mantovano […] il memoir è costruito per convincere il lettore a porsi un’unica domanda: il perché di tanto accanimento e diffidenza verso questo servitore dello Stato. Può soccorrere forse qualche indizio. La maniacale annotazione e conservazione, con tanto di giorno, ora e minuti, delle sue conversazioni con un presidente del Consiglio, un ministro e un direttore del Dis che si impegnavano alla sua nomina a vice direttore di Aise.
E la formidabile spiegazione dell’ultimo fotogramma della sua carriera di agente segreto: l’incontro con Matteo Renzi in un autogrill di Fiano Romano mentre il governo Conte era alla disperata ricerca di far rientrare lo strappo di Renzi. […] è difficile dire cosa guadagnerà la saggistica italiana dal suo nuovo acquisto Marco Mancini. Ma leggere “Le regole del gioco” è decisamente utile a comprendere cosa ha perso la nostra Intelligence. E perché, per quanto l’autore non sappia darsene pace, non lo rimpianga.
La morte di Calipari alfredo mantovano giorgia meloni Marco Mancini