Bye Bye Bowie
Marco Giusti per Dagospia
Per me, per tutta una generazione cresciuta con le nouvelle vague di tutto il mondo, c’è una sola immagine che alla fine resta del David Bowie cinematografico. Quella di Furyo di Nagisa Oshima, quando il Maggiore Jack “Strafer” Cellier si avvicina a Ryuchi Sakamoto e lo bacia. Tutta la tensione del film, di una violenza latente e fino a lì ancora non esplosa, si rovescia su noi spettatori con una carica d’amore che solo i registi nati nella nouvelle vague e solo i cantanti rock possono mettere in scena con questa precisione.
Bowie, con un occhio di un colore e uno di un altro, riempie quella scena di tutto il deserto attraversato da Peter O’Toole in Lawrence d’Arabia, per non parlare dei suoi video, della musica di Sakamoto, dell’Impero dei sensi di Oshima. Ma ci vedo o ci vorrei vedere dentro anche tutti i carrelli, i movimenti di macchina da presa di Glauber Rocha, di Bernardo Bertolucci, di Martin Scorsese.
Probabilmente Bowie non era neanche un attore, almeno in senso stretto. In tutti i suoi film appare sempre non come un attore, ma come Bowie che si mette in scena e cambia con la sua sola presenza il senso di una scena. Eccolo che fa Andy Warhol in Basquiat di Julian Schnabel, eccolo che appare in Fuoco cammina con me di David Lynch, eccolo truccato da non so cosa in Labyrinth o in Barbagialla il pirata o come Ponzio Pilato in L’ultima tentazione di Cristo, capolavoro di Scorsese che dovremmo rivedere ogni tanto.
Pure ne Il mio West di Giovanni Veronesi illumina la scena del suo strampalato killer che si presenta con la fotografa personale. Ah, il sogno di poter avere Bowie che fa il killer in un western toscano con Leonardo Pieraccioni! E pensare che era possibile nelle produzioni di Cecchi Gori…
david bowie nei panni di andy warhol in basquiat
O in The Prestige di Christopher Nolan, che compie qualche stregoneria. Certo, lo sappiamo tutti che è magnifico in quelli che, assieme a Furyo, sono i suoi film più rappresentativi, L’uomo che cadde sulla terra di Nicolas Roeg e Miriam si sveglia a mezzanotte di Tony Scott, quasi un doppio della Catherine Deneuve truffautiana o bunueliana.
david bowie nei panni di nikola tesla in the prestige
Ancora la nouvelle vague, ovvio… Il primo dimostra che è lui il vero alieno, ma è così anche in Furyo (o no?), il secondo che è un vero vampiro, perché vampirizza tutto il film. Ma, e qui il film e il titolo del film di Roeg sono fondamentali, Bowie è sempre e sarà per sempre l’uomo che cadde sulla terra, l’uomo che trovi da una parte, della scena, dello schermo e non ne capisci mai la provenienza.
Pura immagine. In Gigolò non è il massimo, ma fa coppia con un altro doppio, con un’altra aliena, Marlene Dietrich. Molti anni dopo Bowie, in uno dei suoi ultimi video, riproporrà un nuovo sdoppiamento con Tilda Swinton, quasi un suo clone.
david bowie the man who fell on earth
Mentre dovete aggiungere alle filmografie bowiane anche la sua piccola apparizione muto o quasi in una scena di pub di Fumo di Londra di Alberto Sordi. Non scherzo. Me lo disse la sua amica Caroline Munro che compare nella stessa scena accanto a lui. Giovanissimi, bellissimi. Absolute beginners.
Già con l’aria di chi è piombato lì da chissà dove. Ma se devo scegliere un titolo, ecco, riguardatevi ancora Furyo, un film che avrò visto decine e decine di volte e conosco a memoria. Non c’è niente di più bello del maggiore Jack “Strafer” Cellier e dei suoi occhi di due colori diversi.