Aldo Cazzullo per il “Corriere della sera”
«Vorrei l' eutanasia, quando sarà il momento. La morte non mi fa paura. Ma dopo non c' è niente. E niente di me resterà: sarò dimenticato, come sono stati dimenticati scrittori molto più grandi».
Ecco, Andrea Camilleri non andava sempre preso alla lettera. A volte esagerava, inventava, o mentiva: perché Andrea Camilleri non sarà dimenticato. Ma era serio quando aggiungeva: «Mi viene voglia di prendere il viagra, di ringiovanire, pur di vivere ancora qualche anno, e vedere come va a finire».
Quando raccontava, le sue parole si sarebbero potute registrare e stampare senza cambiarne una, al limite infilando qui e là «figghiu», «tanticchia d' olio» e ovviamente i «cabasisi».
Amava parlare di suo padre Giuseppe, «un uomo leale, ironico, coraggioso, generoso.
Insomma: Montalbano».
Il padre di Andrea, però, era fascista.
Insomma, uno scrittore vissuto e morto comunista ha modellato il proprio eroe - forse il personaggio più popolare della letteratura e della fiction europea degli ultimi vent' anni - su un capo milizia che aveva fatto la marcia su Roma.
Non a caso, raccontava Camilleri, sua madre - prima di sposarlo - detestava suo padre. Lo vedeva passare con manganello, fez e camicia nera, e lo considerava «un delinquente di prim' ordine». A Porto Empedocle gli scontri furono duri. Giuseppe Camilleri, già veterano della Grande Guerra - uno dei pochi ufficiali siciliani della Brigata Sassari - era il leader delle squadracce; poi divenne segretario del fascio. «Mia madre fu costretta a sposarlo: matrimonio combinato.
ugo gregoretti andrea camilleri
Nozze di zolfo, toccate anche a Pirandello: gli zolfatari facevano sposare i loro eredi per concentrare la proprietà, e ritardare il fallimento cui erano condannati. Ma lei cambiò subito idea sul marito. Scoprì un uomo meraviglioso - narrava Andrea -. È stata mia moglie, che l' ha conosciuto bene, a farmelo notare: "Montalbano è per tre quarti tuo papà, e tu hai scritto una sua lunga biografia"».
Un episodio in particolare accaduto a Giuseppe Camilleri sarebbe potuto accadere a Montalbano. Il capo dei comunisti di Porto Empedocle era un sarto: Salvatore Hamel. Ala dura del partito, tipo Pietro Secchia. Cinque anni di carcere, sei di confino. Tornato a casa, faceva la fame. Papà Camilleri volle aiutarlo, ma alla sua maniera: «Mastro Turiddo, fate una bella divisa nera per me e per quattro miei amici, e non prendetela come un' offesa». Generosità, ironia, rispetto dell' avversario; tutte cose da Montalbano. «Quando mio padre morì - ricordava Andrea - al passaggio del tabuto, del feretro, Turiddo Hamel, tutto vestito di nero, s' inchinò fino a terra».
Giova ripeterlo: non tutto quello che Camilleri raccontava andava preso alla lettera. Diceva ad esempio di essere stato tra i giovani siciliani che avevano seppellito Pirandello, morto nel 1936, quando lui aveva undici anni. Il Nobel aveva chiesto di essere cremato e che le ceneri fossero disperse nella contrada in cui era nato, Càvusu, dal greco Kaos . Ma il vescovo di Agrigento rifiutò di celebrare le esequie a un' urna. Alcuni discepoli di Pirandello affittarono una bara, in cui misero le ceneri, e riuscirono così a compiere le ultime volontà del maestro. Tra loro c' era il piccolo Andrea.
Fu chiamato alle armi il primo luglio 1943.
Si presentò alla base navale di Augusta e chiese la divisa. «Quale divisa?» gli risposero, e lo mandarono a spalare macerie in pantaloncini, maglietta, sandali e fascia con la scritta Crem: Corpo reale equipaggi marittimi. La guerra di Camilleri durò nove giorni. «Nella notte dell' 8 luglio il compagno che dormiva nel letto a castello accanto al mio sussurrò: "Stanno sbarcando". Uscii sotto le bombe, buttai la fascia, tentai l' autostop: incredibilmente un camion si fermò. Arrivai così a Serradifalco, nella villa con la grande pistacchiera dove erano sfollate le donne di famiglia. Zia Giovannina fece chiudere i cancelli e mettere i catenacci: "Qui la guerra non deve entrare!".
andrea camilleri conversazione su tiresia 1
Arrivarono gli americani e abbatterono tutto con i carri armati. In testa c' era un generale su una jeep guidata da un negro. Passando vide una croce, là dove i tedeschi avevano sepolto un camerata fatto a pezzi da una scheggia. Il generale batté con le nocche sull' elmetto del negro, e la jeep si fermò. Prese la croce, la spezzò, la gettò via. Poi diede altri due colpi sull' elmetto, e la jeep ripartì. Sfilarono sedici uomini. Io ero annichilito dalla paura. Erano tutti siciliani. Mi sciolsi in un pianto dirotto.
Poi chiesi chi fosse l' uomo sulla jeep. Mi risposero: "Chisto è o mejo generale che avemo; ma como omo è fitusu. S' acchiama Patton"».
massimo d'alema nel 1999 sulla barca a vela icarus ph roberto koch:contrasto
Nella Sicilia liberata dal nazifascismo, gli amici di Camilleri rifondarono ognuno un partito. Uno, la Dc. Un altro prese il Psi. Lui decise di prendersi il Pci. Ma gli ufficiali americani dissero di no; più in là dei socialisti, niente. «Così andai dal vescovo. Lui ci pensò su e acconsentì: "Se qualcuno deve fare il partito comunista a Porto Empedocle, meglio tu di un altro"». Poi venne Portella della Ginestra. «Era il primo maggio. Al mattino mi sbronzai, per festeggiare. Poi mi dissero della strage di compagni, la prima strage politica, ordita per impedire al Pci di governare. Vomitai fiele per il resto del pomeriggio. Da allora non ho più toccato un goccio di vino». Le sigarette, sì.
demolita la casa d'infanzia di camilleri 2
Quando non era ancora uno scrittore di successo, vedeva sovente passare Moravia sotto casa, in zona Rai, e fermarsi davanti alle vetrine del salumiere. «Bestemmiava tra sé, credo perché non poteva mangiare le leccornie che guardava. Non ho mai avuto il coraggio di rivolgergli la parola». E Pasolini? «Mi chiesero di portare a teatro il suo Pilade . Andai a trovarlo a casa della comune amica Laura Betti. Pier Paolo si raccomandò che prendessi gli attori dalla strada, non dall' accademia. Gli risposi che così gli spettatori non avrebbero capito nulla; piuttosto avrei rinunciato. "Devo partire per un viaggio, ci sentiremo al mio ritorno" rispose Pasolini. Lo ammazzarono pochi giorni dopo».
camilleri a che tempo che fa 6
Il primo romanzo di Camilleri, Il corso delle cose , venne rifiutato da dieci case editrici e uscì da Lalli, un editore che stampava i libri a pagamento ma per quella volta fece un' eccezione e lo pubblicò gratis. Del secondo, Un filo di fumo , si accorsero Gina Lagorio e Livio Garzanti. Una vocazione tardiva, dopo una vita da insegnante al centro sperimentale, regista Rai, produttore delle serie di Maigret e Sheridan.
Poi un giorno Camilleri suggerì a Leonardo Sciascia di scrivere un saggio sulla torre di Carlo V a Porto Empedocle, che fu teatro di un eccidio oscuro di cui è rimasta traccia nelle leggende locali: 114 uomini uccisi alla stessa ora, nello stesso luogo e nello stesso modo. Erano scoppiati i moti del 1848. Piuttosto che vedere liberi i reclusi, i carcerieri li ammazzarono facendo esplodere due bombe e chiudendo le condotte di areazione. Leonardo disse ad Andrea che la storia gli piaceva, ma avrebbe dovuto scriverla lui. Nacque così La strage dimenticata , Sellerio. Il primo di una serie di successi.
«Devo molto anche a Maurizio Costanzo - riconosceva lui -. Mi portò in tv e disse: a chi compra il libro di Camilleri e non è contento, rimborso i soldi io. Poi si rivolse a un altro ospite del suo show, Pietro Calabrese, allora direttore del " Messaggero" , e gli suggerì di farmi collaborare. Cominciai così a scrivere pure sui giornali».
Per Camilleri, «Sciascia era un anticomunista trinariciuto, e questo ci costò qualche litigata. Si è servito della politica per i - nobili - fini suoi. Gli pesava molto essere deputato ma gli interessava far parte della commissione Moro, per avere accesso a certi documenti.
CAMILLERI PARLA TI ASCOLTO LIBRO SEGRETO
La litigata più dura fu quando, nei giorni del rapimento, Leonardo andò a fare visita a Berlinguer insieme con Guttuso. Berlinguer disse che c' erano poche speranze di ritrovare Moro vivo, poiché nella vicenda erano collusi la Cia e il Kgb. Sciascia lo scrisse sul "Corriere", Berlinguer smentì. Chiamato a testimone, Guttuso inevitabilmente disse che Leonardo non aveva capito bene. Lui se ne lamentò con me, ma io presi le difese di Guttuso: "Tu hai sicuramente ragione, ma Renato siede nel comitato centrale del partito, che cos' altro poteva dire?". Sciascia si arrabbiò moltissimo: "Tutti cusì siete voiauti communisti, meglio il partito della verità e dell' amicizia!"».
marino sinibaldi e andrea camilleri
Nella politica di oggi, a Camilleri non piaceva nessuno. A Berlusconi dedicò una poesia che lesse in piazza Navona a una manifestazione dei girotondi: «Ha più scheletri dentro l' armadio lui/ che la cripta dei cappuccini a Palermo/ Ogni tanto di notte, quando passa il tram/ le ossa vibrano leggermente, e a quel suono/ gli si rizzano i capelli sintetici/ Teme che le ante dell' armadio si aprano/ e che torme non di fantasmi ma di giudici in toga/ balzino fuori agitando come nacchere/ tintinnanti manette».
D' Alema gli ispirò il personaggio del diavolo Delamaz, «un bruco coi baffetti che pilotava 'na varca sia pure fatta di foglie». Prodi? «Dovrebbe fare un corso di dizione. Tra una sua parola e l' altra passano due treni accelerati di una volta». Stimava meno ancora Renzi, e alla vigilia del referendum disse al «Corriere» che si sarebbe fatto portare a braccia - lui cieco - al seggio pur di votare No. Ma non era tenero neppure con i Cinque Stelle: «Non mi interessano. Non ci credo. Mi ricordano l' Uomo Qualunque: Grillo è Guglielmo Giannini con Internet. Nascono dal discredito della politica, ma non hanno retto alla prova dei fatti». Figuriamoci Salvini: «Mi fa vomitare».
marco travaglio saluta andrea camilleri (2)
Era però grande amico dell' ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, che definiva «il primo risarcimento del Piemonte alla Sicilia dai tempi della conquista. Ci siamo conosciuti per caso: ero a Torino, Marcello Sorgi che allora dirigeva "La Stampa" mi aveva organizzato una cena con Fruttero e Lucentini. All' ultimo momento cambiò programma: "Andrea, ti porto da Caselli"».
Fu innamoramento, non incrinato neppure dall' esito del processo Andreotti. «E perché mai? Non sono stati forse dimostrati i suoi rapporti con la mafia precedenti il 1980? E ci ricordiamo cosa accadde in quegli anni a Palermo? Chinnici saltato per aria, Piersanti Mattarella assassinato?». Di Andreotti però conservava un biglietto amichevole. «Fu quando, di passaggio a Catania, rilasciai un' intervista a una minuscola tv locale, del tutto ignota fuori dalla Sicilia e tanto meno a Roma, in cui distinsi l' atteggiamento di Berlusconi che sfuggiva ai giudici da quello di Andreotti che li affrontava. Due giorni dopo mi arrivò un suo scritto: "Grazie per avere capito il mio calvario. Suo G. A."».
Non aveva pudore a parlare della cecità, cui aveva dedicato uno splendido monologo ispirato dalla figura di Tiresia, l' indovino. «Da quando non vedo più, i pensieri tinti - così Camilleri chiamava la paura della morte - mi visitano più spesso. Cerco di scartarli; però tornano. A volte mi viene la paura del buio, come da bambino. Una paura fisica, irrazionale. Allora mi alzo e a tentoni corro di là, da mia moglie. Per fortuna ho Valentina Alferj, cui detto i libri: è l' unica che sa scrivere nella lingua di Montalbano, anche se è abruzzese.
Fino a poco fa vedevo ancora le ombre. Sono felice di aver fatto in tempo a indovinare il viso della mia pronipote, Matilde. Ora ha tre anni, è cresciuta, mi dicono che è bellissima, ma io non la vedo più. Di notte però riesco a ricostruire le immagini. L' altra sera mi sono ricordato la Flagellazione di Piero della Francesca.
Ho pensato all' ultima volta che l' ho vista, a Urbino, e l' ho rimessa insieme pezzo a pezzo. È stato meraviglioso» .
andrea camilleri (5) Andrea Camilleri commissario montalbano montalbano luca zingaretti. massimo d'alema a palazzo chigi nel 1998 ph guido harari:contrasto CAMILLERI