Marco Giusti per Dagospia
tori e lokita red carpet cannes
Cannes. Lo so bene che pensate solo al calcio, tra lo scudetto del Milan e la partita di stasera della Roma. E qui, a parte l'acquazzone di ieri sera e il tempo da pioggia di oggi che disturbera' il tappeto rosso di "Elvis" di Baz Luhrman con tanto di Maneskin (pure qua? Come i video di Zelensky...), l'aria è quella di un festival finito.
Dopo averci massacrato con la ricerca dei biglietti, ho visto vecchissimo critici rimanere con gli occhi sbarrati sullo smartphone per ore disperati, ci si prepara alla resa dei conti finali.
È piaciuto al pubblico della Lumiere il nuovo film dei fratelli Dardenne "Tori e Lokita", anche se, come loro nono film in concorso a Cannes, non aggiunge molto di nuovo ne' alla loro filmografia ne' al loro impegno sociale. Minimalista, tratta di piccole , tristi avventure di immigrazione di una ragazza senza documenti in Belgio, Lokita, Mbundo Joely, che deve mandare i soldi alla mamma strega del villaggio per fare studiare i fratellini e ripagare quelli che l'hanno portata in Europa, e di un ragazzino cresciuto in fretta, Tori, Pablo Schils, che dovrebbe essere suo fratello, ma non lo è, che lei ha incontrato all'orfanatrofio.
Senza documenti, non riuscendo a provare di essere fratelli, i due si devono arrangiare lavorando per i piccoli traffici di droga locali gestiti da bianchi e da cuochi italiani. Tutta gente orrenda e senza cuore che quando puòapprofitta anche di Lokita. "Non sei te a diverti sentire sporca" le dice Tori "Sono loro che sono sporchi".
L'unico momento di conforto per j due è proprio nel rapporto tra fratello e sorella, voluto da entrambi, e sancito dall'esecuzione in italiano, perché sono sbarcati in Sicilia di "Alla fiera dell'Est", vecchio successo di Branduardi che è in realtà la rielaborazione di un vecchio canto degli ebrei dell'entroterra ligure piemontese, e lo spiegò tanti anni fa Lele Luzzati in quanto ebreo ligure.
Le cose si complicano quando Lokita accetta un lavoro claustrofobico di "giardiniera" in una specie di capannone dove si coltiva droga e non può vedere Tori. Bello, sincero, con un gran lavoro dei Dardenne sugli attori, magnifici, e sulla ricostruzione realistica di tutta la storia e l'ambientazione, magari ha una parte centrale un po' ovvia, ma è qualcosa che va visto senza snobismo cinefilo con gli occhi aperti per capire cosa accade in Europa oltre alla guerra alla pandemia al calcio alle strappone sul tappeto rosso di Cannes.
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