Alberto Mattioli per la Stampa
Che questo Cannes numero 70 fosse un festival molto al femminile lo si era capito subito. Il giorno della solenne apertura l' ha confermato. Cannes inizia subito con un poker di donne, quattro attrici. Però solo due recitano, una milita e una presenta.
La militante è naturalmente la gloriosa Vanessa Redgrave, 80 anni, abbonata a tutte le buone cause progressiste più o meno dai tempi dell' ultimo governo Churchill. Il suo documentario Sea Sorrow ( Il dolore del mare ) è il primo film sui migranti visto in un Festival dove i migranti saranno il tema più trattato. Miss Redgrave parte dall' Italia, dove intervista quelli che ce l' hanno fatta, poi si concentra soprattutto su due delle piaghe aperte d' Europa (e nel frattempo, per la verità, chiuse): la «giungla» di Calais e il campo di Idomeni, in Grecia.
La tesi, ovviamente, è che bisogna accogliere tutti, in particolare i bambini senza accompagnatori. È il modo in cui è esposta che la rende interessante: la signora Nero (l' unico nero della sua vita, per il resto tutta in rosso acceso) nulla concede alla commozione facile, nemmeno quando si aggira fra ignobili baraccopoli e manifestazioni di protesta con in testa un foulard che la rende curiosamente uguale a Elisabetta II.
La sua sarà anche «un' elegia», come dice lei stessa, ma è solidamente appoggiata sui trattati internazionali, le Dichiarazioni dei diritti dell' uomo e così via, tutti puntigliosamente citati.
Fra un reportage e l' altro, le testimonianze di altri mattatori. Emma Thompson legge un giornale del '38 che racconta gli ebrei in fuga da Hitler che trovano rifugio nel Regno, come dire: siamo diventati più egoisti. Ralph Fiennes, che con Redgrave ha fatto a Londra, l' estate scorsa, un Riccardo III di quelli che si ricordano finché morte non ci separi dalla memoria, recita un altro passo di Shakespare, dalla Tempesta , che sembra scritto per i migranti, ecco - vedete? - lo raccomandava anche il Bardo, di mostrarsi generosi.
Tutto ben fatto, rigoroso, senza effettacci o ruffianerie. Però, come sempre, la buona volontà diventa nebulosa quando si viene al dunque, ai mezzi, alle risorse, alle effettive possibilità d' integrazione. Qui si sorvola, però Shakespeare non basta.
Le due attrici che fanno le attrici sono francesi, e ormai elevate al rango di sante laiche nazionali. Sono Marion Cotillard e Charlotte Gainsbourg, che nel film d' apertura, Les fantômes d' Ismaël di Arnaud Desplechin, si contendono Mathieu Amalric nel ruolo del cineasta fuori di testa, una sigaretta sempre in mano e nell' altra un cocktail di whisky e psicofarmaci. Il film è stato accolto freddamente, però le due star sono piaciute.
Infine, l' attrice che stavolta non recita (non è mai nemmeno stato il suo forte, diciamolo): Monica Bellucci, gran cerimoniera della serata d' apertura.
Gli anni passano, ormai sono 52, lei è sempre splendida. Continua a far perdere il controllo ai francesi; ai francesi che fanno i giornalisti, anche quello delle iperboli. Qualche assaggio? «Divine maîtresse de céremonie», «icona amata della Croisette», «Madonna sexy del cinema» e via esagerando.
Compare con un lungo blu tutto trasparenze e un collier con zaffiro, entrambi clamorosi. Legge il discorso che le ha scritto l' umorista Alex Lutz, però «serio» e femminista, a conferma della linea rosa del 2017: «Il festival ha 70 anni e, come le donne, con l' età acquista sicurezza e maturità». Poi presenta il presidente della Giuria, Pedro Almodóvar (prima standing ovation), i giurati, i film, accenna a un passo di danza con Lutz e alla fine lo bacia sulla bocca. Applausi. Il festival inizia con le donne, dunque bene.
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