Alessandro Gnocchi per “il Giornale”
Caravaggio era «indecoroso», Pier Paolo Pasolini era «scandaloso». Entrambi hanno incontrato il loro destino a Roma, in fuga dal Nord. Entrambi hanno tratto ispirazione dal popolo delle borgate e delle periferie. Entrambi sono stati affascinati dal Sud. Entrambi sono stati assassinati, in circostanze misteriose, nelle vicinanze di una spiaggia.
Caravaggio e Pasolini, dunque. Ne parliamo con Vittorio Sgarbi, che fin dagli anni Ottanta ha messo in parallelo il grande artista e il grande poeta, facendo tesoro della lezione di Roberto Longhi, primo fra tutti, Francesco Arcangeli, Cesare Garboli e Giovanni Testori. Il confronto sistematico sarà oggetto di una parte del Punto di vista del cavallo, libro di 17 anni fa ma aggiornato e ristampato da poco per La nave di Teseo.
Sgarbi affronterà il tema (assieme ad altri) alla serata della Milanesiana in programma ad Alessandria. Il titolo della lezione magistrale è Caravaggio e Canova ritrovati. Con un inedito scoperto ad Alessandria. Partiamo da Caravaggio.
CARAVAGGIO Seppellimento di santa Lucia Nicola Verlato Ritrovamento del corpo di Pasolini
Perché era «indecoroso»?
«Caravaggio fuggì da Milano. Aveva combinato qualcosa di grave, forse un omicidio.
Giunto a Roma, prese a dipingere soggetti mai visti prima, con modelli prelevati dalla strada. Dipinge un Bacchino, forse un autoritratto, che sembra malato, la pelle livida, le labbra viola. Dipinge la morte della Vergine riproducendo la morte di una popolana del rione, probabilmente una prostituta ripescata dal Tevere. I modelli di Caravaggio sono ragazzi di strada. Pasolini li chiamerà ragazzi di vita».
Sono davvero simili?
«Sì. Sono persone provenienti dallo stesso ambiente, anche se a distanza di secoli. I personaggi di Caravaggio sembrano tornare tra le pagine, e nella vita, di Pasolini. Per questo ci sono alcune somiglianze sbalorditive tra i quadri di Caravaggio e il mondo romano di Pasolini.
Il ragazzo con la canestra di frutta ha il volto di Ninetto Davoli, il suonatore di liuto è Franco Citti, mentre lo scugnizzo tutto nudo, forse Cecco Boneri, garzone del pittore, travestito con ali posticce da Amore vincitore (Amor Vincit Omnia) ha il sorriso beffardo di Pino Pelosi».
Veniamo a Pasolini...
«Innanzi tutto dobbiamo notare una coincidenza importante. Pasolini inizia a scrivere il romanzo Ragazzi di vita proprio mentre il critico d'arte Roberto Longhi, maestro di Pier Paolo all'università di Bologna, prepara la mostra milanese su Caravaggio del 1951.
Non è esagerato dire che l'esposizione longhiana sia l'atto di nascita di Caravaggio, del Caravaggio a noi contemporaneo. Possiamo dare per scontato che Pasolini avesse subito la seduzione di Caravaggio attraverso le parole di Longhi. Alle sue lezioni assistevano, assieme a Pasolini, Francesco Arcangeli, poi mio maestro, Giorgio Bassani, Antonio Rinaldi, Bruno Cavallini, Attilio Bertolucci. Quello di Longhi fu un magistero altissimo e decisivo per la cultura italiana».
Anche Pasolini, come Caravaggio, era in fuga. Da cosa?
«Giunse a Roma nel 1950, con la madre. Arrivavano da Casarsa della Delizia, in Friuli.
Pier Paolo, all'epoca insegnante, era finito a processo per corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico. Ne uscì pulito ma la gente non aveva aspettato la sentenza per giudicarlo. Particolarmente dura fu la reazione moralistica del Partito comunista: Pasolini fu cacciato per indegnità. A Roma trovò una città aperta, dove nessuno giudicava la sua sessualità e venne introdotto nell'ambiente omosessuale dal poeta Sandro Penna».
Oggi avremmo un Pasolini attivista Lgbt?
«La sessualità, in Pasolini, è trasgressione e appunto scandalo. Non cercava la legittimazione, cercava l'avventura, cosa che lo pone molto al di là del mondo gay di oggi, quello del Pride e delle unioni civili. In questo senso, non sarebbe stato a fianco dei compagni che lo hanno fatto diventare una bandiera ideologica».
INCORONAZIONE DI SPINE CARAVAGGIO
Tra le affinità tragiche c'è la morte violenta...
«È la ragione della mostra che ho fatto al Mart di Rovereto, Caravaggio. Il contemporaneo. Un'immagine continuava nell'altra, mettendo a confronto il Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio, opera dipinta nel 1608 per l'altare maggiore della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro di Siracusa, il Ferro di Alberto Burri, del 1961, e le fotografie dalla scena del crimine con il cadavere di Pasolini, nel 1975. La contemporaneità di Caravaggio non è solo tematica o filosofica ma anche formale».
Qual è il tratto d'unione dal punto di vista estetico?
«Sopra al cadavere della santa si erge un muro altissimo, che isola le figure umane.
Quello spazio angosciante tra noi e il cielo, che neppure si intuisce, prosegue nel Ferro di Burri e nel campetto in fondo al quale, lontano, minuscolo, nell'oscurità, in irreparabile solitudine, intravediamo il corpo massacrato del poeta».
Oggi sarebbe possibile l'emergere di un intellettuale come Pasolini?
«Mi pare che Michel Houellebecq sia un intellettuale di questo tipo, sempre indipendente nel pensiero e di grande spessore artistico. Non ce ne sono molti altri. Molti intellettuali si sono messi all'ombra di regimi e ideologie, e tra le ideologie ci metto anche il politicamente corretto del quale sono nemico. La smania di stare dalla parte giusta facilita le carriere ma non aiuta la libertà».
La testimonianza dello scandalo arriva fino al martirio?
«Il corpo di Pasolini è straziato. Una macchina è passata sopra al poeta agonizzante, sfigurandolo orribilmente. La Santa è schiacciata a terra, nel fango. È circondata dai carnefici. Il Ferro di Burri è attraversato da un taglio rosso, che sembra una ferita. C'è una frase meravigliosa di Alessandro Manzoni nell'Adelchi, vorrei citarla».
Prego.
vittorio sgarbi racconta caravaggio (3)
«Non resta che far torto, o patirlo. Una feroce forza il mondo possiede, e fa nomarsi dritto: la man degli avi insanguinata seminò l'ingiustizia; i padri l'hanno coltivata col sangue; e omai la terra altra messe non dà».
Cosa significa?
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«Che il male vince».