Giacomo Amadori per 'Libero Quotidiano'
la vera storia di Antonello Zappadu-il fotoreporter di Villa Certosa
Ho conosciuto Antonello Zappadu 12 anni fa a Porto Rotondo in occasione di un servizio sulle bombe degli anarchici in Sardegna. Era l' estate di Tony Blair ospite a Villa Certosa e di Silvio Berlusconi con la bandana. All' epoca io scrivevo per Panorama e lui collaborava con il settimanale della Mondadori. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti: Zappadu è diventato uno dei fotoreporter più famosi del mondo e io, più modestamente, ho cambiato giornale.
Da buoni colleghi io e Antonello ci diamo del tu dal primo incontro. Nel 2009 lo convinsi a proporre a Panorama le foto che aveva scattato a Villa Certosa agli ospiti di Berlusconi in déshabillé. Lui prima mi parlò di una cifra, poi in Mondadori tentò il colpo, chiedendo il doppio. Tanto che l' avvocato di Berlusconi, Nicolò Ghedini, lo denunciò per truffa. Era la vigilia del G8 dell' Aquila e quel caso scatenò un putiferio mondiale. Io venni contattato persino dai giornalisti del Wall street journal e alla vicenda Marco Travaglio, bontà sua, dedicò un intero capitolo del suo best seller «Papi».
A causa di quell'«incidente» per qualche tempo io e Zappadu abbiamo smesso di parlarci. Ma poi ho provato a capire le sue ragioni: «È normale che si parta con cifre esagerate per poi raggiungere il vero obiettivo: se ti va bene due/terzi, oppure ci si accontenta anche della metà» si è giustificato qualche anno dopo.
Nel frattempo la vicenda si è chiarita anche a livello giudiziario: «Recentemente un giudice, in riferimento a quelle foto e alla trattativa con Panorama, ha deciso che la truffa non sussisteva, mentre le accuse di violazione della privacy e del domicilio sono cadute in prescrizione» ci spiega l' ex «Incubo di Berlusconi» (così si intitolava un suo libro autobiografico). Resta in piedi la causa di Zappadu contro Emilio Fede che nel suo Tg4 raccontava le prodezze del fotoreporter storpiandone il nome, da «Zuppetta» a «Puzzeddu». Per quei soprannomi Fede è appena stato condannato in primo grado a pagare 15 mila euro di provvisionale.
Zappadu che fine hai fatto?
«Oramai sono colombiano dall' unghia dell' alluce sino alla testa: vivo con la mia bellissima moglie Susan (ventitrè anni più giovane di lui ndr) e i miei due piccolini a Cali, una metropoli tristemente nota per il "cartello" dei narcos. Sono fuggito dall' Italia quando venni licenziato dal gruppo Epolis, a causa delle foto fatte all' allora premier Berlusconi: non trovavo più lavoro, nessuno voleva correre il rischio di assumermi. Ora fotografo per me e mi sono reinventato scrittore: pubblico libri e li illustro con le mie foto.
Ho trovato un editore indipendente - Michele Longhi - che dà alle stampe, con coraggio, quello che produco.
L' ultimo lavoro si intitola "Il libro nero di Facebook" e denuncia l' ambiguità del social network statunitense che censura un capezzolo fuori posto e quadri come "L' origine del mondo" di Gustave Courbet e poi si fa sfuggire bieca pornografia e orrendi assassini perpetrati da islamici fondamentalisti e affiliati ai cartelli messicani della cocaina.
È un tomo che farebbe arrossire Tinto Brass e inorridire Dario Argento, ma è proprio lo scopo che io con mio fratello Salvatore ci eravamo prefissi, affinchè Facebook ritornasse sui suoi passi e proibisse l' accesso ai minori di 18 anni. Nessuno ha voluto metterlo in vendita online, anche Applestore e Amazon si sono rifiutati, eppure stiamo denunciando quello che i nostri figli possono trovare su Facebook».
Riscatteresti le foto scandalo di Villa Certosa che hanno segnato l' inizio della fine di Silvio Berlusconi?
«Con il senno di poi, no, non lo rifarei. Ho avuto troppi problemi, ho messo a rischio la mia stessa esistenza anche per colpa di una giustizia lenta e farraginosa. Mia moglie si è ammalata e ho dovuto vendere macchine e ottiche fotografiche per pagare le cure mediche; per saldare le parcelle degli avvocati sto pensando di dar via la mia casa in Colombia. Insomma da quando ho fatto quelle fotografie su di me si sono abbattute le dieci piaghe d' Egitto».
Mi racconti come ti sei specializzato nelle immagini dell' ex premier?
«Conosco quel territorio come le mie tasche e le prime foto, quelle pubblicate dal settimanale Oggi - le più belle in assoluto - sono dovute al fatto che il giorno prima avevo organizzato una cena a casa mia ad Olbia con due miei amici. Loro portarono una cassa di birra e io cucinai il cous-cous, mangiammo e bevemmo sino a stare male. L' indomani decisi di fare una passeggiata a Porto Rotondo con la mia attrezzatura da lavoro, dovevo digerire quello che avevo ingurgitato il giorno prima.
TUNNEL DI VILLA CERTOSA FOTO DAL BLOG DI ZAPPADU jpeg
Mi portai solo due bottiglie d' acqua e salii su una collina che dà sul parco di Villa Certosa. Pensai di impiegare il tempo tentando uno scatto innocuo al premier e a sua moglie Veronica. Era la vigilia di Pasqua del 2007, rimasi lì dalle 8 del mattino sino alle sette di sera, all' aria aperta e in panciolle. Invece della Lario fotografai Silvio con cinque procaci ragazze. Quelle che vennero definite "l' harem di Berlusconi". Iniziò così la foto-novela di Villa Certosa. Tutto per colpa di un cous-cous un po' pesante».
Nei capitoli successivi andavi alla cieca o avevi informazioni riservate?
«Avevo i miei informatori, anche dentro la villa. Ma sul punto preferisco sorvolare».
Dove ti trovi in questo momento?
«Vicino a Orgosolo, dove alloggio in un piccolo hotel per trovare la giusta tranquillità per scrivere. Sto finendo un libro che racconta le mie verità sulla cocaina e sul suo mercato. In Colombia se ne sta già parlando: c' è dietro un lavoro di sette anni che mi ha portato alla convinzione che la liberalizzazione della "bamba" sia l' unica strada percorribile, tutte le altre soluzioni si sono rivelate un fallimento. Il titolo è fortemente provocatorio: "Cocaina, come si fa".
BERLUSCONI-OSPITI VILLA CERTOSA
Il sottotitolo è anche peggio: "Manuale per diventare un perfetto narcotrafficante". Io e mia moglie, coautrice del libro, spieghiamo, anche, come produrre un grammo di cocaina facendoselo in casa. Certo racconto che merda sia la cocaina, ma spiego pure che il fatturato della sua vendita nel mondo è di 1400 miliardi di narcodollari, che vanno alle mafie e alle banche. Rabbrividisco a immaginare per quali scopi criminali venga reimpiegato quell' oceano di denaro. Per questo predico la liberalizzazione».
In molti penseranno che tu sia un cocainomane incallito…
«Ma tu che sei venuto in Colombia con me (per tentare un reportage sui guerriglieri delle Farc nel 2005 ndr) sai che ho tanti vizi, ma non quello…».
Quanto hai guadagnato grazie a Berlusconi?
«I veri soldi li ho visti grazie al settimanale Oggi, il resto non mi è bastato per pagare gli avvocati. Grazie alla Rizzoli sono riuscito ad acquistare un auto, un po' di attrezzature e un appartamento signorile in Colombia, 220 metri quadrati e quattro bagni, anche se là il mercato immobiliare è estremamente conveniente ed è ancora possibile fare affari».
BERLUSCONI-OSPITI VILLA CERTOSA
Oggi quale scatto potrebbe valere quelle cifre?
«Il premier Matteo Renzi con Maria Elena Boschi infrascati (termine sardo) tra cespugli di mirto e di lentischio - i profumi di queste due piante sono altamente afrodisiaci -. Anche questa non sarebbe, a parer mio una foto da gossip, ma di "alta" politica. Ho anche in mente il prezzo».
Spara…
«Almeno 500mila euro. Anche se in realtà dubito che qualcuno in Italia la pubblicherebbe...».
Rispetto a dieci anni fa è cambiato il mercato delle fotografie?
«Maledetti siano gli smartphone e i loro inventori sino alla settima generazione! Grazie a loro fra poco noi fotografi spariremo come son spariti i dinosauri o dovremo chiedere di essere protetti dal Wwf al pari dei mufloni. Oggi spuntare un buon prezzo per una foto è difficilissimo perchè la concorrenza è diventata quella marea di gente armata di cellulare che magari ha immortalato la stessa situazione da una posizione più favorevole e con una luce migliore. E così tu che hai investito decine di migliaia di euro in attrezzature ti senti preso per il culo per colpa di uno smartphone da 300 euro».
Tu non ti consideri un paparazzo…
«No, quello del paparazzo è un altro mestiere. Io nasco come fotoreporter investigativo. Ho iniziato a 15 anni seguendo le orme di mio padre Mario, giornalista della Rai di Cagliari.Non mi piaceva studiare e allora lui mi regalò una macchina fotografica, una canon Ftb QL. Di fronte a quel regalo dovetti promettere di prendere uno "straccio" di diploma. Per questo sono diventato geometra anche se non ho mai esercitato, mentre ho iniziato subito a scattare.
Le mie prime foto pubblicate sono apparse sulla Nuova Sardegna nell' agosto 1972 e ritraevano la strage di Lanusei. Si trattava di 4 o 5 persone uccise durante un tentativo di sequestro di persona e io, un ragazzino, superato il primo momento di sgomento di fronte a tanta violenza, trattenni il respiro e iniziai a scattare. Da allora, e sono passati 45 anni, non ho più smesso».
Però le foto del pene «desnudo» del premier ceco Mirek Topolanek o di ragazze che si scambiano baci saffici sotto la doccia non li definirei esattamente reportage d' inchiesta…
«Che noia! In molti hanno sollevato la tua stessa obiezione. In parte ti rispondo come ho fatto altre volte: quell' unica foto di Topolanek a "pisello" sguainato ha fatto sì che non solo si dimettesse da ogni carica istituzionale, ma che abbandonasse definitivamente la politica. Il caso divenne talmente popolare che un giorno fui intervistato persino da un giornalista di Playboy Germania.
Ulf Lüdeke, così si chiama il cronista, mi chiese perché secondo me si trattasse di foto politiche e non di gossip. Replicai con un' altra domanda: "Se invece di Berlusconi avessi fotografato Angela Merkel con cinque ragazzoni palestrati e, di questi, due fossero stati sopra le sue ginocchia e lei avesse allungato le mani… sarebbe stata politica o gossip?". Non ci ha messo più di un secondo e la risposta è stata: "Politica"».
Mi risulta che in Italia non ti siano rimasti molti amici del nostro mondo, quello del giornalismo…
«Hai ragione. E anche quelli a cui ho fatto realizzare grandi scoop, per esempio Bruno Vespa, mi hanno voltato le spalle. Pensa che quando a Porta a porta mi attaccavano per le foto di Villa Certosa lui non mi ha concesso neanche il diritto di replica».
berlusconi rossa formosa da OGGI
Mi rammenti che cosa c' entri Vespa?
«Nel febbraio 1992 mi chiese, come direttore del Tg1, di aiutarlo durante il sequestro del piccolo Farouk Kassam. Il suo spauracchio era Enrico Mentana con il nuovo Tg5. Ottenne grazie a me un' esclusiva unica: l' inviato della sua testata, Pino Scaccia, diede per primo in diretta la notizia dell' avvenuta liberazione. Vespa nel suo libro «Il cambio» cita l' episodio e mi dedica cinque righe, ma poi diversi anni dopo, nell' ennesima intervista a Berlusconi, quando questi mi accusa di essere un ricattatore e un estorsore, da lui non arriva neanche una parola in mia difesa. Si è ricordato di me solo dopo la caduta di Silvio. Al governo c' era Enrico Letta e nel suo solito libro "natalizio" mi cita con benevolenza come "il fotografo di Villa Certosa" e, guarda un po', si ricorda che siamo anche "amici". Uno così voi in Italia come lo chiamate? Noi in Sardegna "faccia di…"».
Anche se non ne parli volentieri, a causa dei tuoi rapporti con il banditismo sardo, hai realizzato diversi scoop, compreso quello del rapimento Kassam, ma sei pure finito nei guai…
«Nel caso di Farouk Kassam, in un momento della storia, mi accorsi che non stavo più seguendo il sequestro, ma che c' ero proprio finito dentro. Sono stati momenti brutti e pericolosi. Sono stato messo sotto torchio dai magistrati della cosiddetta super procura di Cagliari per più di sei ore, ma alla fine, per fortuna, ne sono uscito per il rotto della cuffia; per Silvia Melis, invece, sono stato proprio indagato per favoreggiamento in sequestro di persona: da fotoreporter investigativo mi ero addentrato troppo nella vicenda e i magistrati giustamente mi chiedevano come, quando, perché, con chi... In quei casi devi essere bravo a mediare con gli inquirenti, ma soprattutto a non tradire chi, in buona fede, ti informa al solo scopo di aiutarti nel tuo lavoro. Insomma a proteggere le fonti».
Sei stato un grande amico del bandito Graziano Mesina, mediatore nel rapimento Kassam, condannato all' ergastolo per sequestro di persona, in carcere per quarant' anni e graziato nel 2004 dall' allora Presidente Carlo Azeglio Ciampi. Non basta. Nel giugno 2013, a 71 anni, Mesina è stato nuovamente arrestato ad Orgosolo: secondo i magistrati della Dda di Cagliari con la sua banda stava progettando un nuovo sequestro di persona ed era a capo di una potente organizzazione dedita al traffico di stupefacenti, furti e rapine.
«Sono ancora amico di Graziano e non rinnego assolutamente la mia amicizia con lui, gli auguro di risolvere al meglio i suoi attuali problemi giudiziari e che torni libero al più presto, ma è chiaro che poi ci dovremo guardare negli occhi perchè ho bisogno di capire».
Che cosa?
«Perché abbia fatto il mio nome per sponsorizzare i suoi traffici…».
In che senso?
«Aveva deciso di comprare la cocaina in Colombia. Ma i suoi viaggi non sarebbero passati inosservati e così a chi gli faceva notare la cosa rispose più o meno a questo modo: "Nessun problema: posso sempre giustificarmi dicendo che sto andando a trovare il mio amico fotografo, Antonello Zappadu, che si è trasferito in Colombia"».
Che cosa pensi oggi dei banditi sardi?
«Come noi fotoreporter anche loro sono in via di estinzione, anzi credo proprio che il bandito tradizionale si sia ormai estinto. E questo è un bene».
Da dove nasce la tua passione per il Sud America?
«Me l' ha trasmessa mio padre che mi raccontava dell' Argentina dove aveva vissuto diversi anni da emigrato. Ti posso assicurare che a quelle latitudini ci sono le donne più belle del mondo (ride ndr)».
Come si vive in Colombia e cosa ti manca dell' Italia?
«La Colombia è un paese difficile, con forti contraddizioni, ma ho imparato ad amarla, come amo i colombiani. Dell' Italia non mi manca niente, della Sardegna tutto».
Oltre a Francesco e Valentina, hai un terzo figlio, Manuel, avuto con una donna equadoriana. Oggi è un noto rapper con il nome d' arte di Hell Raton.
«Ho recuperato da poco il rapporto con lui: in passato non ho creduto nel mio ragazzo e tra noi ci sono state delle incomprensioni. Ora, anche se ho la testa dura da sardo, ho saputo chiedere scusa perché avevo sbagliato: per me Manuel "Hell Raton" è un grande».
Pure il figlio di Marco Travaglio fa il rapper.
«Da quello che mi dicono il figlio di Travaglio è una "pippa" nel rap, Manuel è molto più bravo, lo certificano i milioni di accessi su Youtube».
A proposito del Fatto quotidiano: per un periodo sei stato un idolo per i lettori di quel giornale e per l' estrema sinistra. Poi si sono disamorati di te. Ti sei sentito più tradito o strumentalizzato?
«Se avessi chiesto qualcosa o me l' avessero promessa mi sentirei tradito, ma non è accaduto. Certo alcuni giornali di sinistra hanno stumentalizzato il mio nome per scopi politici».
Sei stato in predicato di candidarti con il M5S, perché l' accordo fallì?
«Dovresti chiederlo a Beppe Grillo: forse avevano paura a dare alla Sardegna un governo diverso dai soliti cliché».
Si è parlato di te anche come candidato di Rivoluzione civile, il partito di Antonio Ingroia…
«Quando l' agenzia Ansa mi comunicò quella candidatura a mia insaputa mi trovavo in Colombia con la mia famiglia.
Allora feci una scelta importante, stare vicino a mia moglie ancora convalescente. Ho ringraziato, ma ho messo davanti la famiglia. Due anni dopo mi sono candidato in Sardegna con la scrittrice Michela Murgia: poteva andare meglio (ha preso 380 voti ndr), però è stata la mia ultima esperienza politica.Mai più vedrete il mio nome su un manifesto elettorale».
Da ragazzo non eri un ribelle, ma un giovane leader della democrazia cristiana.
«Sì, sono stato giovane democristiano, tendenza di sinistra. Ho abbandonato la Dc e la politica dopo l' assassinio di Aldo Moro. Ritenevo, e ritengo ancora oggi, che la mia vecchia Dc abbia avuto grandi responsabilità in quella morte: avrebbe potuto salvarlo ma non l' ha fatto».
Che cosa pensi dell' attuale sinistra italiana?
«Quella di un tempo ci ha regalato Enrico Berlinguer, una magia. Ora si vendica per come l' abbiamo trattata e ci mette davanti alle nostre responsabilità propinandoci Renzi».
Mi sembra che tu non abbia una grande considerazione di lui…
«No comment. Ho ancora il passaporto italiano».
Almeno mi dici qual è la differenza tra Renzi e Berlusconi?
«Silvio è meno noioso».