IL CINEMA DEI GIUSTI - FORTE DEL GRAND PRIX A CANNES E DI UNA CANDIDATURA IN SHORTLIST AGLI OSCAR, "CLOSE" DI LUKAS DHONT È UN’OPERA SOTTILE E PROFONDA SU QUELLA INCREDIBILE STAGIONE DELLA GIOVENTÙ DOVE L’AMICIZIA E L’AMORE SONO ANCORA CONFUSI. NON È IL LACRIMA MOVIE CHE SI POTEVA TEMERE, QUANTO UN FILM SU UNA SERIE DI SENTIMENTI, VERI, FALSI, CONTRADDITTORI CHE SOLO UN BAMBINO DI UNDICI ANNI CHE SI APRE IL MONDO RIESCE A SENTIRE... - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Costruito secondo una forte circolarità, al punto che la prima ripresa di corsa a due dei ragazzini protagonisti tra i fiori della bellissima campagna olandese di Zundert, diventerà l’inquadratura finale di una corsa a uno nello stesso momento e nello stesso posto un anno dopo, “Close” di Lukas Dhont, forte del Grand Prix a Cannes, di una candidatura in shortlist agli Oscar come film belga, è un’opera sottile e profonda su quella incredibile stagione della gioventù dove l’amicizia e l’amore sono sentimenti ancora confusi e un qualsiasi rifiuto all’amore può provocare un dramma.

 

Ispirato, su ammissione del regista, che già ci aveva dato l’altrettanto forte “Girl” che indagava su un giovane ballerino maschio che si sentiva donna, dalla visione dell’opera di David Hockney “We Two Boys Together Clinging”, a sua volta ispirato a una poesia di “leaves of Grass” di Walt Whitman, “Close” si apre sull’estate di due ragazzini olandesi, che si parlano in francese, il biondo Lèo di Eden Dambrine e il moro Rémi di Gustav De Waele, che sono, senza saperlo o forse solo intuendolo, qualcosa in più che migliori amici.

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La loro amicizia si sviluppa naturalmente in amore vivendo insieme tutto il giorno, complici le madri, Emilie Dequenne quella di Rémy e Léa Drucker quella di Léo, e complice la natura. Le corse a piedi o in bicicletta. Al punto che quando tornano a scuola, hanno undici anni, affrontano sia una situazione polilinguistica, in classe si parla olandese, ma c’è chi parla francese chi parla vallone, chi viene dall’Africa e chi viene dall’Italia, sia una situazione di piccolo gossip fra ragazzini. Il loro rapporto, il toccarsi l’uno con l’altro è visto dagli altri ragazzi come il rapporto fra due amanti non come quello fra due amici.

 

E, ovviamente, l’accusa di essere “frocio” porterà Léo a chiudersi nei confronti di Rémy, che non capisce questo cambiamento di rapporto, e a cercare delle prove della sua mascolinità, come giocare a hockey su ghiaccio. Ma proprio questo rifiuto all’amicizia e all’amore avrà da parte di Rémy una reazione inaspettata che sconvolgerà la vita di tutti. Il film poggia interamente sulle spalle del suo incredibile protagonista, Eden Dambrine, trovato casualmente da Lukas Dhont su un treno, che sembra trasmetterci sempre tutti i sentimenti di Lèo, anche quelli più nascosti.

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Anche quando rimane in silenzio sappiamo perfettamente a cosa sta pensando e perché. Questa ossessione del regista sul personaggio, un po’ dardenniana, è la carta maggiore che si gioca il film. Che pure è strutturato benissimo. Ma sappiamo che solo il rapporto con la mamma di Rémy potrà portarci allo sviluppo conclusivo del personaggio. Estremamente ben scritto, da Dhont assieme a Angelo Tijssen, e ben fotografato dall’olandese Frank Van Den Eeden, “Close” non è il lacrima movie che si poteva temere, quanto un film su una serie di sentimenti, veri, falsi, contraddittori che solo un bambino di undici anni che si apre il mondo e rischia di non trovare il suo posto riesce a sentire con quella intensità misteriosa che si nasconde dietro il suo sguardo. In sala. 

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