IL CINEMA DEI GIUSTI - “MIMÌ IL PRINCIPE DELLE TENEBRE”, OPERA PRIMA DI BRANDO DE SICA, È UN CURIOSO, SCOMBINATO MA ASSOLUTAMENTE STRACULTISSIMO HORROR AMBIENTATO A NAPOLI CON UN GIOVANE PIZZAIOLO DAI PIEDI DEFORMI CHE SI INNAMORA DI UNA RAGAZZINA ANORESSICA E BIANCA COME UN CADAVERE E CERCA DI DIVENTARE UN VAMPIRO UNA VOLTA MORSO DAL CONTE DRACULA IN PERSONA - UN BUON FILM DI ESORDIO, SERIO E SENTITO, CHE CI FA SPERARE SU UN SEQUEL O QUALCOSA CHE PORTI AVANTI IL DISCORSO SULL’HORROR ITALIANO. IN SALA… - VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia  

 

Un horror ambientato a Napoli con un giovane pizzaiolo (anzi… il miglior pizzaiolo di Napoli), Mimì, dai piedi deformi che si innamora di una ragazzina anoressica bianca come un cadavere, Carmilla, e cerca di diventare un vampiro una volta morso dal conte Dracula in persona, per me è già qualcosa di imperdibile.

 

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Aggiungiamo che Brando De Sica, che lo presenta come sua opera prima, ma ne ha già fatti tre di film tutti legati al padre Christian, il documentario “Parlami di me”, e i non firmati “Sono solo fantasmi” e “Amici come prima”, con questo curioso, scombinato ma assolutamente stracultissimo “Mimì Il principe delle tenebre”, non solo ha voluto rendere omaggio al genere che più ama, l’horror inglese alla Terence Fisher, ma ci ha riversato dentro tutta l’esperienza fatta sui set favolosi e sugli effetti speciali di “Sono solo fantasmi”, horror parodistico ambientato a Napoli molto divertente, e penso molto anche dell’esperienza di famiglia cinematografica allargata fatta sui film di Matteo Garrone.

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 Non a caso il film lo ha scritto, oltre che da Irene Pollini Giolai, da Ugo Chiti, con Massimo Gaudioso il principale sceneggiatore di tutti i film di Garrone (Da “L’imbalsamatore” a “Dogman”). Per non pensare, inoltre, all’omaggio che fa nel film al cinema di nonno Vittorio (il funerale in carrozza sul lungomare) e alla vicinanza col cugino Andrea, che ci dette già un film di vampiri realistico ma romano con “Non uccidere”.

 

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Arrivato così al primo film firmato e del tutto suo dopo una lunga, lunghissima gestazione, Brando De Sica magari ha voluto strafare, ha voluto metterci dentro troppo, quando forse bastava anche meno, ma noto con piacere che ha cercato di costruire ogni scena, ogni inquadratura, con estrema attenzione, puntando a far qualcosa di diverso da quello che vediamo di solito, con l’aiuto del suo direttore della fotografia Andrea Arnone, lo stesso di “Sono solo fantasmi”, attivissimo anche nel cinema americano girato in Europa. E ha rovesciato in chiave horror-realistico napoletano pure le punte da horror parodistico all’italiana che poteva avere.

 

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Dando al personaggio di Carmilla, ragazzina spettrale che travolge il Mimì pizzaiolo dell’inedito Domenico Cuomo, il volto, la voce e il corpo della ormai mitica Sara Ciocca, che a 15 anni, si ritrova una filmografia degna di Barbara Steele, da “Il miracolo” di Ammaniti a “Una famiglia mostruosa”, da “La dea fortuna” a “America latina”, da “Blanca” a “Nina dei lupi”. Il giovane, timido, Mimì, pizzaiolo coi piedoni deformi che chiude dentro assurdi scarponi, vive con Nando, Mimmo Borrelli, padrone della pizzeria, che gli vuole bene, come gli vuole bene la trans spagnola Giusi, Abril Zamora, ma viene da subito bullizzato da una banda di giovani guappetti napoletani capitanati da Bastianello, Giuseppe Brunetti.

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Inutilmente Nando va a chiedere al padre di Bastianello, Peppe Lanzetta, chiuso dentro un polmone d’acciaio, spinge solo sempre di più il figlio a far del male a Mimì, che trova difesa e amore nella stravagante Carmilla, ragazzina scappata da casa, abitava in quel di Codogno, al Nord, e finita a Napoli a far danni. Sarà lei a spiegare a Mimì che il Conte Dracula è sepolto a Napoli e andrà fatto risorgere. Devo dire che a un certo punto, ahimé, la storia si fa un po’ confusa, la regia perde concentrazione, o forse la perdo io, e qualche buco di sceneggiatura lo troviamo. Pazienza.

 

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Diciamo che il film rimane sempre in bilico tra la realtà orrorifica, alla Garrone, e il vero horror, alla Terence Fisher, scegliendo quasi sempre la realtà. Ma non è sempre facile per lo spettatore capire dove stiamo andando e dove vuole portarci il regista. Se “Sono solo fantasmi”, alla fine, proprio perché meno autoriale, era più riuscito come horror o fantasy parodistico, “Mimì”, decisamente più ambizioso, cercando strade diverse e tutte autoriali, rischia di perdersi e spesso esagera con coca e bagni di sangue alla “Gomorra” (la serie). Ma è un buon film di esordio, serio e sentito, che ci fa sperare su un sequel o qualcosa che porti avanti il discorso sull’horror italiano o napoletano che sia. In sala.

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