IL CINEMA DEI GIUSTI – ARRIVATO A 790 MILIONI DI DOLLARI GLOBALI IN DUE SETTIMANE, “BARBIE” È UN FENOMENO GLOBALE CHE NON È FACILE SPIEGARCI – CONFESSO CHE IL FILM MI HA UN PO’ DELUSO E PERFINO ANNOIATO – LA REGISTA GRETA GERWIG E SUO MARITO NOAH BAUMBACH SPALMANO SUL “BARBIE WORLD” UN BEL PO’ DI MARMELLATA IDEOLOGICA FEMMINISTA E ANTI-PATRIARCALE DI NUOVO GUSTO, ACCHIAPPA OSCAR… – VIDEO

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Marco Giusti per Dagospia

 

barbie il film 1 barbie il film 1

Mi dispiace per tutti i Ken del mondo, ma anche per tutti gli altri pupazzi portati al cinema negli anni passati, come G.I. Joe, ma “Barbie” diretto da Greta Gerwig con Margot Robbie non si batte. Arrivata a 790 milioni di dollari globali in due settimane, in Italia ha appena superato i 20 milioni di euro, “Barbie” è un fenomeno globale che non è facile spiegarci e che ha superato le più rosee previsioni dei suoi produttori.

 

Sono andato a vedere il film ieri, al Barberini, dove, in pratica, le sale davano solo quello in attesa di “Oppenheimer” di Christopher Nolan, e confesso che mi ha un po’ deluso e perfino annoiato. E’ vero che non mi sono mai piaciute allora né le Barbie né il loro mondo, ma nella ricostruzione del gusto camp americano degli anni ’60, è ovvio che il Barbie world mi sia interessato parecchio.

 

barbie il film 3 barbie il film 3

Ora. Da una parte c’è l’effetto Barbie che è abbastanza simile all’effetto Super Mario The Movie. Vai al cinema coi bambini e sai benissimo che sei proprio te la bambina o il bambino cresciuto che si tuffa in quel mondo rassicurante del passato. Che piacere!

 

Non pensiamo più a nulla, né alla Meloni e Giambruno, né a Pino Insegno e al trio miciomacho della culturetta de destra Buttafuoco-Veneziani-Giuli, né alla guerra, né ai due anni di Covid che ci portiamo sulle spalle, né al Ponte sullo stretto che tanto vuole Salvini. Ecco. Quello che volevamo era dimenticare il presente e tornare al mondo rassicurante dei giocattoli da pettinare e da coccolare. Tutti? Certo! Anche i maschi non gay? Certo!

 

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Ovviamente Greta Gerwig e suo marito Noah Baumbach sono abbastanza paraculi da non mascherarci per nulla il tuffo fondamentale nel Barbie World, pur spalmandoci sopra un bel po’ di marmellata ideologica femminista e anti-patriarcale di nuovo gusto, diciamo post “The Woman King”, acchiappa Oscar, e nel costruire un altro di quei film diretti da ragazze per le ragazze e, certo, senza dimenticare il pubblico gay degli Allen, ma lasciando ben innescata la miccia principale. Cioè il Barbie World che non deve farti pensare a nulla.

 

Se Margot Robbie è perfetta, meravigliosa nel suo farsi Barbie-Barbie Bionda-Bionda agli occhi del mondo, ma era favolosa anche in “Babylon”, un film che è stato assurdamente massacrato, e vale, da sola, già la metà del film, sono perfette anche la scenografia, i costumi, le parti grafiche, e tutte le Barbie strampalate che vediamo.

 

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Trovo invece un po’ sballato il Ken biondo e sfigato di Ryan Gosling, ma che personaggio aveva? Un Ken che torna a Barbieland per costruire un patriarcato come ha visto nel mondo reale… Mah!

 

Non parliamo poi della trama con la vecchia padroncina di Barbie, America Ferrera, con tanto di figlia post-femminista, ultra aggressiva, che le mette in testa pensieri di morte e l’ombra dell’odiata cellulite. Ecco, morte e cellulite sono proprio quello del quale il pubblico, femminile, di Barbie, non vorrebbe mai sentir parlare.

 

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E’ per questo che “Barbie”, il film di Greta Gerwig che sta incassando così tanto, alla fine si impone non per la sua intelligente satira sul patriarcato e sulla condizione della donna nella società americana, quanto per la sua precisa messa in scena del Barbie World, con le casette, il mare, la spiaggia, il cane che fa pupù, le battute più facile, la Barbie Stramba che puoi colorare come vuoi, l’effetto nostalgia come ai tempi della tv di Freccero.

 

Insomma “Barbie” vince perché è Barbie, e basta, plastica e design, in un mondo dove non ne possiamo più di film di supereroi di infiniti eroi maschi settantenni che fanno le acrobazie per dimostrarti che non si muore, quando mostrano i segni del tempo sul viso e su ogni altra parte del corpo. E alla fine muoiono come muoiono tutti gli esseri umani, come il poro Berlusconi, l’unico politico che davvero giocava con le Barbie-mogli che truccava come se Arcore fosse un Barbie World per il suo divertimento. No.

 

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La Barbie di Margot Robbie, come la Barbie-Meloni con Ken-Giambruno, è perfetta perché ci fa illudere, perfettamente, che Barbie e le sue serate solo per ragazze, senza maschi, dureranno per sempre, che la cellulite, come la morte, esistono solo nel mondo reale degli adulti maschi orrendi. Per questo vince su tutto, anche sulla regina guerriera che elimina i maschi con tortorate sulla capoccia. Perché è quello che il pubblico vuole vedere. Per “Oppenheimer”, per la guerra e la morte e l’orrore penseremo dopo. In sala. 

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