IL CINEMA DEI GIUSTI - “THE COUNSELOR”, OVVERO COME FLOPPARE UN FILM SCRITTO DA CORMAC MCCARTHY, DIRETTO DA RIDLEY SCOTT E INTERPRETATO DA UN CAST STELLARE - - -

“The Counselor - Il procuratore” rischia di diventare un oggetto di straculto senza volerlo. Scott si limita a una grande eleganza di messa in scena, ma non riesce a contaminare la pesantezza letteraria dei dialoghi con qualcosa di leggero o di buffo. Così tutto sembra pesantissimo e inutilmente serioso. E poi nessuno degli attori è in parte”…

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Marco Giusti per Dagospia

the counselor - il procuratorethe counselor - il procuratore

Beh!? Una sceneggiatura scritta per il cinema da Cormac McCarthy, uno dei più grandi scrittori viventi. Una regia firmata da Ridley Scott. Un cast che spazia da Michael Fassbender a Penelope Cruz, da Javier Bardem a Brad Pitt e Cameron Diaz, con camei di Bruno Ganz, Rosie Perez, Ruben Blades, Edgar Ramirez. Riprese in ogni parte del mondo. E il risultato è un disastro?

Capita, si dirà. Ma certo questo "The Counselor", cioè Il Consigliori, ma da noi tradotto calcisticamente come Il procuratore, rischia di diventare un oggetto di straculto senza volerlo. Delle tante critiche che lo massacrano, la più giusta è quella di Guy Lodge su "Time Out": "La pomposa idea alla Pulp Fiction di un grande scrittore che viene tratta con stupida seriosità da tutti quelli coinvolti". Perché, se Cormac McCarthy esagera con dialoghi "importanti" di ogni personaggio, battute impossibili per qualsiasi attore, Ridley Scott e il suo cast esagerano ancora di più trattando con troppa seriosità il materiale.

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Quel che viene fuori o annoia o rischia il comico involontario. Toccando, comunque, la vetta massima del trash con il racconto di Javier Bardem a Michael Fassbender di quando la sua donna, la terribile Malinka di Cameron Diaz, si scopò la sua Ferrari gialla. Si tolse le mutande, fece una spaccata sul cruscotto in modo che lui le vedesse bene la topona depilata sotto al vetro e si scopò la macchina. "Sembrava un pescegatto", conclude Bardem. "Un pescegatto?" fa incredulo Fassbender e noi con lui. "Un pescegatto?".

Mai visto qualcosa di simile in un film. Certo, è grandioso anche lo scambio di battute tra Bardem e Diaz: Lui: "Sei così fredda" - Lei: "La verità non ha temperatura". Senza scordare perle raccolte qua e là. Bardem: "Mi sono sempre piaciuto le donne intelligenti. Ma è un hobby che costa molto caro".

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In realtà, la storia non sarebbe affatto male. In quel di Ciudad Juarez, la città più violenta del Messico (3000 morti ammazzati all'anno), un avvocato yankee, Michael Fassbender, definito The Counselor, innamorato della dolce e ingenua Laura, Penelope Cruz, decide, malgrado ogni avvertimento, di entrare in un affare di droga assieme al suo amico Reiner, Javier Bardem, e un ambiguo americano, Westfray, cioè Brad Pitt con cappello texano.

Il tutto avviene sotto gli occhi della gelida donna di Reiner, tal Malinka, Cameron Diaz, che gira con due giaguari affamati per casa e sfoggia un tatuaggio maculato sulle spalle. Ma il carico di droga che viaggia su un camion verso l'America viene intercettato da non si sa bene chi, un corriere, difeso dall'avvocato, come sua mamma Ruth, viene decapitato mentre correva in moto in piena operazione. Un carico da 20 milioni di dollari scompare. E tutti i personaggi coinvolti finiscono sotto gli occhi del Cartello. Sono solo coincidenze, sostiene l'avvocato.

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Ma, come dice un vecchio uomo d'affari messicano, Ruben Blades, "Loro non credono alle coincidenze, ne hanno sentito parlare, sì. Ma non le hanno mai viste". Così partono i morti ammazzati. Storia e struttura, estremamente frantumata, da decifrare attraverso i dialoghi fra i diversi personaggi, sono molto simili a "Non è un paese per vecchi", compresa l'idea della caducità degli esseri umani, ma lì i Coen avevano riletto il testo di Cormac McCarthy riportandolo al loro cinema e non c'erano sbavature letterarie.

Inoltre riuscivano a mischiarci una certa ironia e uno sguardo compassionevole sui personaggi. Ridley Scott, invece, che non è un regista di noir né un autore alla Coen né è dotato di grande ironia, si limita a una grande eleganza di messa in scena, ma non riesce a contaminare la pesantezza letteraria dei dialoghi con qualcosa di leggero o di buffo. Così tutto sembra pesantissimo e inutilmente serioso.

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Nessun attore è in parte. Fassbender sembra uno che non sa cosa fare per tutto il film, la Cruz fa la bambolina innocente, Javier Bardem è massacrato da un taglio di capelli assurdo che non diventa però una maschera come in "Non è un paese per vecchi", ma lo rende solo assurdo, Brad Pitt ripete un personaggio visto mille volte e Cameron Diaz, perfida e sexy, sembra più una Simona Ventura alla "X Factor" che la terribile Malinka sempre "affamata" come i suoi animaletti carinivori. Ma almeno trionfa come superdominatrix trash.

Il risultato è un disastro perché il film è pomposo, pretenzioso e senza nessuna ironia. Alla fine ci ricordiamo di qualche comparsata, come l'esperto di diamanti Bruno Ganz, il gran numero di Rosie Perez ("ti faccio un pompino?") in carcere, il dialogo al telefono di Ruben Blades, ma non del film e dei suoi protagonisti. Certo, a parte la storia di Cameron Diaz che si scopa la Ferrari gialla di Bardem e gliela fa vedere dal vetro. Un pescegatto? In sala.

 

 

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