Per gentile concessione di Lietta Manganelli, figlia del grande scrittore, pubblichiamo alcuni estratti della sua lunga intervista rilasciata a Emiliano Tognetti, contenuta nel libro del padre, Notte tenebricosa, con la prefazione di Alessandro Zaccuri (Graphe.it edizioni, 2021,Euro 15).
Lietta, partirei dalla domanda più ovvia: com' è essere la figlia di Giorgio Manganelli?
«Te lo dico subito. Sto scrivendo la sua biografia e mi sta facendo impazzire, perché ci lavoro da cinque anni. Mio padre è il più grande bugiardo che sia esistito sulla faccia della Terra, o meglio aveva una sua regola di vita: "Chi dice la verità ha una vita sola, chi mente ha tutte le vite che vuole"...».
Quanti libri ha scritto Giorgio Manganelli?
«Compresi quelli che ho raccolto io dopo la morte, siamo a quarantacinque, quarantasei...».
Gli studenti, cosa dicevano del Professor Manganelli?
«Che era folle».
Le lezioni erano seguite?
«Sì, ma non era un insegnante tradizionale. Per anni ha insegnato in una scuola tecnica femminile. Lo amavano, ma era il professore strambo, che iniziava le lezioni leggendo il giornale...Era fuggito a gambe levate dall'università dove insegnava letteratura inglese. Nota bene che mio padre è sempre stato un anglista...Parlava molte lingue...».
Come avvenne l'incontro fra te e tuo padre?
Giorgio Manganelli negli anni Settanta
«Devi sapere che mio padre aveva dei problemi molto seri, soffriva di sindrome bipolare e aveva paura di danneggiarmi. Non voleva figli; per avere me mia madre ha dovuto ubriacarlo...Per tenerlo lontano mia madre aveva trovato un sistema subdolo; lui era a Roma e lei gli ha detto: "Guarda che la bambina ha gravi problemi nervosi. Stai lontana da lei che puoi solo danneggiarla..." .
Lui non si è mai avvicinato fino a quando non ho avuto diciotto anni....Ho preso un treno e sono arrivata a Roma... Vedo quest' uomo e gli dico: "Mi scusi, ma lei è il professor Manganelli?", "Sì". "Allora son tua figlia".... A un certo punto una scampanellata pazzesca. Mio padre guarda dallo spioncino, mi prende per le spalle, mi sbatte sul balconcino. Resto così per quaranta minuti. Sento dei rumori e delle voci, l'ultima cosa che capisco è: "Per carità professore, non mi rovini".
Poi mio padre mi libera e gli dico: "Ora mi spieghi che è successo...". "No, niente, un amico nevrotico...". Era entrato Carlo Emilio Gadda a fare una scenata magistrale perché era appena uscito Hilarotraogedia, il primo libro di mio padre, che l'ha fatto conoscere e l'ha, diciamo, battezzato "scrittore del Novecento". Gadda si era messo in testa che fosse una parodia de La cognizione del dolore...»
Com' era il rapporto con Alda Merini?
«Mio padre era innamoratissimo di mia madre, che però non lo ha mai amato nemmeno un giorno, e lo ha sempre ammesso...Mio padre ha incontrato Alda che aveva dieci anni in meno di lui; Alda era la persona che lo faceva sentire un dio. Lei beveva le sue parole, lo vedeva stupendo, meraviglioso ed era molto bella. Gli dava la sensazione di essere amato...».
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