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Giorgia Meloni ha convocato, nei prossimi giorni, una riunione con i suoi due vicepremier, Matteo Salvini e Antonio Tajani, per mettere a punto la legge finanziaria che va approvata entro il 31 dicembre.
La premier dovrà usare il bilancino per non rischiare ulteriori strappi e tensioni all’interno della sua maggioranza, soprattutto perché la Ducetta ha capito che Salvini è in una fase molto complicata della sua leadership.
Le motivazioni della parziale bocciatura dell’autonomia differenziata, da parte della Consulta, hanno sì reso felici Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma hanno piantato una granata sotto i piedi dell’ex Truce del Papeete.
RACCOLTA FIRME CONTRO L AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Palazzo Chigi non freme per portare in aula le norme da correggere, e c’è il rischio che la discussione a riguardo venga calendarizzata molto in avanti, magari ripartendo dalla Camera invece che dal Senato (è lo scenario tratteggiato oggi dalla “Stampa”) e impantanando il provvedimento in Commissione Affari costituzionali, con il serio rischio di mandarlo a morire tra i farraginosi meccanismi di palazzo.
Senza l’autonomia da sventolare a beneficio degli elettori, Salvini finirebbe nel mirino dei suoi maggiorenti, già sul piede di guerra per i pessimi risultati elettorali del Carroccio.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Inoltre, a pungerlo c’è la spina nel fianco Vannacci: il generale, che vale il 3% dell’8 oggi attribuito alla Lega, ha sedotto molti elettori nel Centro e nel Sud, e nel caso di una sua futura scissione, l’ex partito di Bossi tornerebbe mestamente nella ridotta padana, a percentuali sempre più irrilevanti.
Giorgia Meloni ha capito il valore della posta in palio: un animale ferito è più pericoloso, ed è meglio trovare un’intesa che non mortifichi il già malmesso Salvini. Anche per questo, la premier ha avuto più di un colloquio con esponenti di Forza Italia, chiedendo di abbassare i toni e ridimensionare i continui contrasti con la Lega.
Il suo ragionamento è che mettere spalle al muro Salvini non faccia altro che destabilizzare la maggioranza, con il rischio di farla zompare in aria.
Ma il chiagni e fotti della Statista della Garbatella continua: ha capito che con una fava (il no al terzo mandato dei Governatori), porta a casa due piccioni: fa fuori l'uomo-simbolo Luca Zaia scippando così il Veneto alla Lega.
E, decapitando la terza ricanditatura di Vincenzo De Luca, il Pd perderebbe la Campania e Elly Schlein resterebbe cornuta e mazziata con De Luca sicuro vincitore a capo di un a lista civica di sinistra.
luca zaia a che tempo che fa 4
Il maggior ostacolo per Meloni arriva dal Veneto. Mantenere un presidio leghista nella Regione è visto come imprescindibile da un’ampia fetta del Carroccio e lo stesso Zaia ha usato toni apocalittici (“Se perdiamo anche il Veneto, va tutto a rotoli”). Coerenza vorrebbe che Giorgia Meloni, per non mettere nei guai Salvini, lasci le cose come stanno.
Il problema è che la premier coltiva da tempo il sogno di espugnare il ricco Veneto, togliendolo dalle grinfie della Lega, e vorrebbe farlo candidando il suo plenipotenziario nella Regione, il tosto Luca De Carlo.
Che fare? A pesare nella valutazione finale, sarà il comportamento di Salvini. Nelle ultime settimane il “Capitone” ha timidamente ripreso a evocare l’importanza, per la Lega, di tenere Venezia, ma in realtà non sarebbe così dispiaciuto dalla detronizzazione del “Doge”. Privato degli onori del ruolo, Zaia avrebbe meno influenza e sarebbe meno esposto mediaticamente.
Un bel vantaggio, visto che Salvini considera l’ex ministro dell’Agricoltura un pericoloso avversario interno al partito. Qualche malizioso sottolinea la pericolosità di sfilare a Zaia la poltrona dalle chiappe: libero dagli impegni istituzionali, chi può esser certo che non decida di dare l’assalto alla segreteria del partito?
salvini meloni zaia salvini MATTEO SALVINI - LUCA ZAIA GUIDO CROSETTO - ADUNATA DEGLI ALPINI - VICENZA Matteo Salvini e Luca Zaia MEME GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI salvini meloni