Federico Ercole per Dagospia
Gli zombi, rinati come putride fenici dal marciume dell’immaginario horror durante gli anni ’90 del secolo scorso grazie anche a Resident Evil, da qualche tempo non facevano più paura sia nei videogiochi che al cinema, qui soprattutto da quando si è estinto George Romero, il maestro che suggestionato da alcune intuizioni di Richard Matheson li inventò nel 1968.
Gli zombi non sono solo mostri, questi morti viventi siamo noi, una metafora sociologica di quanto può degradarsi un essere umano privo di ragione, etica e parola. Eppure negli ultimi anni i non-morti deambulanti sono diventati la carne da macello di tanti “sparatutto”, protagonisti di fumettose soap-opera oppure le masse anonime di film o serie spettacolari e “grandguignolesche” senza un’anima politica, decadente superficie di horror da spaventi altrettanto epidermici.
Shinji Mikami, l’inventore di Biohazard (così si intitola Resident Evil in Giappone) riportò in auge gli zombi, immettendoli in un bestiario virale e mutante di altri abomini, tentando inoltre di dare loro un significato oltre l’orrore, come sempre nelle pellicole di Romero.
Negli anni anche la saga di Resident Evil si è annacquata, complice la defezione di Mikami, divenendo spettacolo numerico dalla qualità altalenante o horror d’eccezione come il settimo episodio, una pietra miliare del genere soprattutto per la realtà virtuale di Playstation, un’opera che rimanda tuttavia all’America sordida, cannibale, e alle motoseghe di Tobe Hooper. Ecco tuttavia che Capcom ci ripropone il remake del secondo episodio di Resident Evil 2 e gli zombi, questa volta, tornano davvero a fare paura. E a farci pensare.
REMAKE DEFINITIVO
E’ raro che un rifacimento riesca a ripristinare i fasti del passato, ma come uno zombi che si rialza dalla tomba il remake di Resident Evil 2 ci riesce, ribadendo la validità imperitura delle dinamiche classiche del “survival horror” , semplificate negli anni a causa delle esigenze di un pubblico di giocatori impigrito, abituato a essere aiutato da prolissi tutorial e inutili informazioni anche quando non ce ne sarebbe davvero bisogno.
La superficie estetica di Resident Evil 2 Remake è fulgente, in linea con l’evoluzione tecnologica degli hardware, ma le sue dinamiche ludiche sono antiche, quasi dimenticate dai tanti, gli stessi che oggi si lamentano o si meravigliano della difficoltà del gioco
Ancora una volta viaggiamo verso l’immaginaria Raccoon City, sede della Umbrella, un’abominevole multinazionale farmaceutica adulata dagli eserciti, dove una pandemia ha trasformato la maggioranza di cittadini in affamati morti viventi.
Eccoci nella stazione di polizia e di nuovo nelle fogne, qui davvero maestose nella loro sotterranea e fetente grandiosità, in un orfanotrofio dove vengono praticati inaccettabili esperimenti sui bambini, in un laboratorio futuristico con i colori di 2001 e la verzura artificiale di Silent Running.
La mappatura di ognuno di questi luoghi precipitati nel terrore rimarrà tatuata nel cervello del giocatore, non solo grazie all’esemplare geometria del game-design, ma perchè solo dominandone la struttura, conoscendo a memoria ogni stanza e corridoio, potremo sopravvivere, sia che decidiamo di giocare nei panni della recluta Leon Kennedy o in quelli di Claire Redfield in cerca di suo fratello Chris. Sono un uomo e una donna, non dei super-eroi, e nei rarissimi momenti di quiete li scorgiamo sofferenti, sconvolti e stanchi quanto noi che giochiamo, con il timore di non farcela, di non riuscire a finire il gioco, di soccombere. A meno che non stiate giocando in una modalità facile o normale (già più accettabile) che penalizza la suspense e quel sentimento di disperazione che il gioco alimenta ogni istante.
UN VIDEOGAME ESTREMO
Il modo migliore per godere, pensare tatticamente e temere in Resident Evil 2 Remake è settare la difficoltà massima, ovvero quella estrema, che inoltre amplifica a dismisura la longevità dell’opera. Non ci sono salvataggi automatici e dovremo dipendere da un numero ridotto di “nastri inchiostratori” che trasformano in strategica la scelta di registrare o no i nostri attuali progressi, propio come nei classici della serie. Gli zombi diventano così avversari formidabili, spaventosi non solo per il loro orrido sembiante, ma macchine di morte in grado di eliminarci con due o tre morsi.
Per eliminare i morti viventi sono necessari numerosi proiettili, fino a 12, sebbene possa capitare di sconfiggerli addirittura con uno solo, dipende dalla fortuna. E le munizioni sono davvero poche, soprattutto quelle per le armi più potenti, che conviene conservare per nemici ancora più insidiosi perchè ce ne sono tanti, come i decorticati Licker, che possono annientarvi con un’artigliata.
Questi ultimi sono ciechi, per cui si può cercare di aggirarli muovendosi molto lentamente in momenti in cui la tensione sale verso altezze vertiginose. Ci sono altre mostruosità, alcune inarrestabii, come il monolitico Tyrant che ci da spietato la caccia mentre i suoi passi da colosso ci rimbombano nello stomaco. O i vari stadi della mutazione micidiale di William Birkin, inventore del virus G, scontri tesissimi sempre sull’orlo dell’immediato Game Over.
Giocando lentamente, in maniera riflessiva e abile (si impara dai fallimenti, con umiltà), cercando di non sprecare neanche una risorsa, con pazienza e strategia, chiunque può riuscire a terminare Resident Evil Remake in modalità estrema, ricavandone un piacere ludico che risulterà indelebile e che trasformerà quest’opera in un nuovo classico, uno dei videogame della vita.
SINFONIA DELL’ORRORE
E’ consigliabile giocare Resident Evil 2 Remake con le cuffie, sebbene una persona vicino con la quale condividere il controller e qualche chiacchiera distensiva dopo un’improvvisa morte possa risultare un sollievo, perchè il lavoro sul suono di Capcom è esemplare. Come in Hellblade Senua’s Sacrifice c’è un audio tridimensionale che qui non ha solo un valore artistico e raramente ludico ma risulta importantissimo per la strategia di gioco. I suoni ci lasciano intuire dove possa essere un nemico, la sua distanza, il suo umore, se sia consapevole o no della nostra presenza.
Il panorama sonoro di Resident Evil 2 Remake è una cacofonica sinfonia dell’orrore, fatta di biascichii, urla, suoni gutturali, risucchi rivoltanti, rantoli d’agonia, passi che annunciano letali avventi, spari di vario calibro, respiri affannati, tuoni assordanti.
IL RITORNO DEL RE
Resident Evil 2 Remake si pone con arte bella quanto orrenda tra i migliori horror non solo videludici della storia del genere, eguagliando per poi amplificare la labirintica, paurosa grandezza del gioco originale. Può essere un gioco per tutti, ovviamente se maggiorenni o quasi, ma non lasciatevi atterrire dalla sua mole difficoltosa di orrori, non giocatelo come se fosse una passeggiata in un museo delle cere a tema zombi e mutazioni.
Rischierete a tratti di odiarlo, di urlare improperi verso quell’abominevole e sventurata creatura che vi ha massacrato dopo un’ora di gioco, di volerlo rimettere nella custodia e non pensarci mai più.
Ma non cedete alla paura, concedetegli di mettervi alla prova con la sua massima difficoltà, perchè quando infine riuscirete a sconfiggere questa digitale trappola letale proverete un intimo e raro senso di trionfo e capirete davvero l’immenso valore di questa macabra opera d’arte dello spavento che non lusinga chi vi gioca, ma lo costringe a lottare per la propria sopravvivenza contro le ingiustizie inaccettabili di un sistema fittizio, ma tristemente probabile.