Lettera di Marco Travaglio a Dagospia
marco travaglio foto andrea arriga
Caro Dago, mi spiace sinceramente di aver annoiato Giampiero Mughini con i miei ritratti dei candidati al Quirinale, ma me ne farò una ragione. Auguro a Mughini di non trovarsi mai all'estero, dove non la Gestapo, ma tutti i giornali, quando si tratta di scegliere la prima carica dello Stato, e anche la seconda, la terza e così via, informano puntualmente i propri lettori degli eventuali scheletri nell'armadio dell'uno e dell'altro.
E anche dei loro familiari. Carter dovette rispondere del traffici di suo fratello, Rabin si dimise da premier per certi affarucci della moglie, così come il penultimo presidente della Repubblica tedesco (nella Germania della Merkel, non della Gestapo). E potrei continuare. Se Mughini non gradisce il lavoro giornalistico del Fatto, che si è permesso di riferire una serie di fatti veri e spiacevoli (non di "accuse") su Mattarella e famiglia, e su altri candidati alla presidenza della Repubblica, e non riesce a distinguere fra i requisiti consigliabili a un capo dello Stato e quelli richiesti per un giornalista, uno scrittore o un passante, non so che farci.
Io continuo a credere (a illudermi?) che la gente acquisti i giornali per sapere tutto di coloro che detengono il potere, possibilmente prima che ascendano a una carica istituzionale. Secondo il principio einaudiano "conoscere per deliberare". Se però Mughini si annoia, è liberissimo di non leggere il Fatto. Non gli mancano di certo i giornali che dei potenti raccontano soltanto le virtù, spesso anche inventandosele. E lì, lo riconosco, c'è poco da annoiarsi, anzi si gode come ricci.
Marco Travaglio