HORROR KING! - FEBBRE MONDIALE PER L’USCITA DI “DOCTOR SLEEP”, SEGUITO DI “SHINING”, CHE KING SCRISSE 36 ANNI FA DA ALCOLIZZATO: “È USCITO COME UN TORRENTE IN PIENA, SEMBRAVA CHE QUALCUNO ME LO DETTASSE”

“Ho allucinazioni dalle 7 alle 12, quando scrivo: vedo gli orrori che racconto, come fossi ipnotizzato. Sono un tossico e anche se smetti di bere e di farti, la compulsione rispunta sotto altre forme. Racconto ciò che mi terrorizza: l’irruzione di cose inspiegabili nella quotidianità, che si tratti di un tumore o di vampiri”…

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Antonella Barina per "il Venerdì - la Repubblica"

Parigi. Già i manifesti per la strada gonfiano l'evento: la copertina dell'ultimo libro di Stephen King, Doctor Sleep - autore e titolo in volute di fumo, su sfondo rosso sangue - è in formato gigante sui muri, i lampioni, le pensiline dei bus. L'inaspettato sequel di Shining, a 36 anni di distanza da quel bestseller da quattro milioni e passa di copie, sta per uscire in Francia e Germania, dopo il debutto americano di fine settembre.

I FILM DI STEPHEN KINGI FILM DI STEPHEN KING

E nel Circolo della stampa estera di Parigi è un delirio. King il Re, il re del terrore - quello che concede interviste con il contagocce, che non fa entrare nessuno nel suo castellotto di Bangor, nel Maine, dove vive dietro a un cancello che simula ragnatele e pipistrelli - è appena atterrato in Europa dopo sette anni d'assenza: l'ultima conferenza stampa al di qua dell'Oceano è del 2006, a Londra.

Ora quasi duecento giornalisti di due continenti, dalla Spagna alla Corea, lo attendono per le 15. Ma già alle 13.30 macchine fotografiche e videocamere sono schierate su una selva di cavalletti. La tabella di marcia è implacabile: dieci minuti di foto, non uno di più, senza flash. Poi il Re dirà due parole e via a un'ora esatta di domande. Vietate quelle non attinenti a Doctor Sleep o agli ultimi due romanzi, 11/22/63 e The Dome. Alle 14 la sala ha solo posti in piedi.

Il Re entra alle 14.58 (se ne andrà alle 15.58 precise) ed è preso di mira da una raffica di foto, che con le macchine elettroniche sembra l'attacco di uno sciame di cicale che friniscono. «A me gli occhi, Mister King». «Un sorriso, please». Dieci minuti e stop: lo stuolo intorno a lui si dilegua. Eccolo lì, un ragazzone di 66 anni dai capelli grigi, jeans logori e T-shirt: quel look casual che in America vuol dire «voglio star comodo e me ne frego della sciatteria».

Tanto lui ha venduto 400 milioni di copie in 42 lingue, è al suo 56° romanzo, più i racconti, la non-fiction, gli e-book: quasi tutto adattato per il cinema o la tv o il palcoscenico. E subito sbotta: «Non chiedetemi dove prendo le idee, perché non lo so». Mentre decine di braccia schizzano in aria a prenotare domande. Che si rivelano un campionario sorprendente della curiosità umana. Giornalista cinese: «Se le fosse concesso un superpotere, Mister King, quale sceglierebbe?».

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Lui ha un baleno negli occhi - sembra pensare: «Quello di incenerirla» - ma diplomatico sorride: «Vorrei poter ritrovare gli oggetti che perdo di continuo». Giornalista spagnolo: «In 22/11/63 ha scritto dell'attentato a Kennedy: perché non affrontare la crisi che ha coinciso con lo scandalo di Monica Lewinsky?» «Forse perché Bill Clinton è sopravvissuto a quella tragedia».

Reporter finlandese: «È vero che le è venuta l'idea di Shining in un albergo isolato sui monti, dove i fantasmi le hanno giocato brutti scherzi?» «Stronzate: i fantasmi non si sono fatti vedere. Di spettrale c'era solo l'atmosfera: mia moglie e io eravamo gli unici ospiti, fuori stagione, in enormi saloni vuoti e un silenzio di tomba».

Il sequel di Shining uscirà in Italia a fine gennaio: a pubblicare Doctor Sleep sarà Sperling&Kupfer, che il 13 dicembre proporrà anche "Nell'erba alta" (pp. 60, euro 4,99), un e-book scritto a quattro mani con il figlio Joe, altro apprezzato autore di horror, che per distinguersi dal padre ingombrante si firma Joe Hill.

Intanto sulla nostra tv si è appena concluso il serial tratto da The Dome e su Rai 4 è iniziata la terza serie di Haven, dal suo Colorado Kid. E così il Re accetta di parlare in esclusiva con Il Venerdì. Anzi, sfoggia ridendo le uniche quattro parole che sa d'italiano: vaffa e simili, imparati da Dino De Laurentiis, che nell'86 produsse Brivido, l'unico film scritto e diretto da King: «A quei tempi ero ubriaco dalla mattina alla sera e la troupe era italiana: parlavamo senza capirci. Ne è nato il peggior horror della storia del cinema».

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Anche Shining, del ‘77, appartiene al naufragio di King nell'alcol e anche la versione cinematografica di Kubrick è tra i film più odiati dal Re («regia fredda, Jack Nicholson che gigioneggia, Shelley Duvall che sa solo urlare»).

Fu tra fiumi di birra che King scrisse la storia di Jack Torrence, beone frustrato e rabbioso, che con moglie e figlio piccolo va a fare il guardiano d'inverno in un albergo deserto, che la neve taglia fuori dal mondo. Un hotel maledetto, con una lunga catena di morti violente: lo scopre il piccolo Danny con i suoi poteri extrasensoriali e ne rimane vittima Jack, che le forze maligne spingono, in un crescendo di terrore, ad assalire la famiglia.

Oggi Danny (da grande Dan), sopravvissuto al rogo dell'albergo, è un alcolizzato di 41 anni che in Doctor Sleep tocca il fondo ma, a differenza del padre, cerca un'ancora negli Alcolisti Anonimi. Come fece King nell'87, quando la moglie Tabitha gli intimò di andarsene di casa, davanti ai tre figli adolescenti, se non avesse dato un taglio definitivo ad alcol e coca. Stephen pian piano riaffiorò.

E riaffiora Dan, il Doctor Sleep, dottor Sonno, che di mestiere accompagna dolcemente alla morte gli anziani di un ospizio. Mentre aiuta una bambina, dotata di poteri extrasensoriali ancor più forti dei suoi, a sfuggire a una temibile tribù di immortali che tortura e uccide i ragazzini con capacità paranormali, per nutrirsi del loro «vapore».

DOCTOR SLEEP STEPHEN KINGDOCTOR SLEEP STEPHEN KING

Mostri che lei descrive come quei pensionati che girano il mondo in giganteschi camper...
«Chi di noi non si è trovato in strada dietro a quelle enormi case viaggianti, a respirare i fumi dei loro scappamenti, in disperata attesa di poterli sorpassare? E quando li sorpassi, scopri che ce ne sono dieci in fila, tutti a 60 all'ora; e se incontri i loro abitanti nelle stazioni di servizio, puoi star certo che occupano le toilette per ore. Quei camper hanno i vetri oscurati e io immagino sempre riti satanici dietro a quei finestrini fumé...»
Visionario, tormentato, inquietante, Stephen King ha un modo quasi candido di raccontare la propria mente irrequieta.

Quei sadici su ruote sono dipendenti dal «vapore» come Dan dall'alcol: un'altra storia di tossicodipendenza...
«Perché io per primo sono un tossico. Non capisco chi beve un bicchiere di vino: io voglio tutto il vino del mondo. E anche se smetti di bere e di farti, la compulsione del tossico rispunta sotto altre forme. Ti butti sul cibo o sulle sigarette. Ieri, mentre aspettavo l'aereo, sono entrato in un negozio. Ho visto un Babbo Natale e ho cercato di frenarmi dal comprarlo: che me ne faccio a Parigi? Ne ho acquistati cinque».

stephen kingstephen king

Li porterà ai suoi nipoti: lei è un uomo di famiglia. Un tema che torna in Doctor Sleep: gli Alcolisti Anonimi sono un nucleo familiare, Dan ha istinti paterni verso la bimba che protegge, perfino i cattivi in camper costituiscono una stirpe.
«Mi sono sposato a 23 anni, povero in canna: Tabitha vendeva dolci e io lavoravo in una lavanderia, pubblicando horror su riviste per soli uomini. A 30 anni avevo già tre figli. E siamo ancora molto uniti. Anche dalla scrittura, in cui ci aiutiamo l'un l'altro. Tabitha pubblica romanzi sulla classe operaia, Joe ha un notevole successo nell'horror, Owen scrive libri comici. Solo mia figlia Naomi non scrive: è ministro del culto nella Chiesa unitariana. Eppure la famiglia resta per me la realtà più difficile da raccontare. Come entrare nell'acqua gelida: devi farlo molto molto lentamente».

Un giorno, quando King aveva due anni, suo padre sparì per sempre: la madre allevò i due figli da sola, cambiando continuamente lavoro e alloggio. A dieci anni, Stephen trovò uno scatolone con i libri pulp del padre: da allora l'horror diventò un'ossessione. Non faceva che vedere film come L'attacco delle sanguisughe giganti, scrivere racconti intitolati Ero un profana-tombe adolescente, fondare giornali tipo Il vomito del villaggio.

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Shining: il padre, in un raptus d'ira, spezza il braccio del piccolo Danny. Doctor Sleep: i bambini sono vittime di sadici.
«È un modo per portare il raccapriccio alle stelle: se ti affezioni a un personaggio, impazzisci quando lo vedi in pericolo. L'amore crea orrore».

Trent'anni fa era più facile di oggi suscitare il panico?
«A forza di videogame e serial dozzinali, il pubblico è sempre più insensibile al sangue. E la paura è soggettiva, imprevedibile. Non esiste una ricetta per far tremare. Così mi limito a raccontare ciò che terrorizza me: l'irruzione di cose inspiegabili nella quotidianità, che si tratti di un tumore o di vampiri. Situazioni tanto più angosciose quanto più raccontate in modo credibile. Anche se i peggiori sono i mostri interiori, che perseguitano alle 4 del mattino».

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Lei ha allucinazioni?
«Tutti i giorni dalle 7 alle 12, quando scrivo: nei romanzieri si chiamano immaginazione. Io vedo realmente, davanti a me, gli orrori che racconto, come fossi ipnotizzato. Tant'è che se non scrivo, mi addormento a fatica e faccio brutti sogni: quelle allucinazioni devono comunque affiorare, nel sonno o nella veglia. Anche la scrittura dà assuefazione, come l'alcol».

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Ha scritto Shining a 28 anni, bevendo, e il sequel a 65, da sobrio: una bella differenza.
«Il primo è uscito come un torrente in piena, senza dover organizzare le idee. Sembrava che qualcuno me lo dettasse. La gioia era totale. Ma ho sempre lavorato la mattina, prima di bere. Al massimo con i postumi della sbornia: quando il cerchio alla testa ti fa captare ciò che di più orrido c'è intorno a te. Doctor Sleep è un libro più ponderato: ormai la sfida sta nel non cadere nella routine. Un tempo dovevo scrivere per pagare le bollette. Ora non più: ha senso farlo solo se ogni volta cerco di scrivere il miglior romanzo della mia carriera».

Certo, King sa portarti all'inferno e farti riemergere: forse perché all'inferno c'è stato anche lui. Ma guai a indagare le radici della sua immaginazione agghiacciante: si mette così sulle difensive (L'infanzia senza padre? Più serena che mai. Gli anni da tossico? Molto creativi) che alla fine sembri tu, con quelle domande morbose, a esser malsana.

Lei si è mai rivolto a uno psicologo?
«Per carità. Gli verserei una fortuna, invece di utilizzare la mia mente perversa per scrivere. E quella fortuna guadagnarla».
Oggi il suo patrimonio è valutato in 250 milioni di dollari.

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