Valerio Palmieri per “Chi”
Settimana scorsa Mario Caucci, marito separato di Noemi Bocchi, ha commentato la relazione fra sua moglie e Francesco Totti. Adesso l’imprenditore del marmo ci racconta la nascita della sua storia con la Bocchi e i motivi per i quali, secondo lui, dopo 11 anni, sarebbe finita.
Domanda. Quando vi siete conosciuti lei e Noemi?
Risposta. «Nel 2008, eravamo a una festa, qui a Tivoli. Avevamo amici in comune, chiesi informazioni su di lei e lei mi scrisse su Facebook. All’epoca era fidanzata. Mi sono innamorato perdutamente, è stata una storia d’amore grandiosa. Eravamo molto giovani con una voglia di spaccare il mondo e dimostrare a tutti di poter fare qualsiasi cosa».
D. Qual è il fascino di Noemi?
R. «È una donna che ti prende. È una bella donna, quando vai in giro con lei suscita un certo effetto: è sempre curata, molto ben vestita, attenta al dettaglio estetico».
D. Dopo un anno aspettavate vostra figlia, Sofia.
R. «Ricordo che, il giorno in cui andammo a fare il test di gravidanza in ospedale, e scoprimmo che Noemi era incinta, le dissi: “Promettimi che questa figlia avrà sempre un padre e una madre uniti perché vengo da una famiglia patriarcale, con valori radicati da generazioni”».
D. Dopo tre anni avete avuto il secondo figlio.
R. «Tommaso, un bambino meraviglioso. Abbiamo vissuto anni stupendi nei quali eravamo io, Noemi e i nostri figli. Viaggiavamo per il mondo grazie al mio lavoro, siamo stati ovunque, ci siamo divertiti, avevamo tanti amici in ogni continente, dall’Europa all’America».
D. È vero che disse a sua moglie che non avrebbe dovuto lavorare perché avrebbe pensato a tutto lei? Non pensa che questo possa averla allontanata?
R. «La verità è leggermente diversa. Provengo da una famiglia all’antica, dove il marito provvede al lavoro e la moglie si occupa della casa e dei figli. Poi, giustamente, visto che non siamo all’età della pietra, ho capito che questa veste le stava stretta. Stava studiando e doveva portare a termine l’università. Quando è nata Sofia, ha dovuto interrompere. Poi mi ha detto: “Vorrei continuare a studiare”, e io: “Nessun problema”. Dopo che è nato Tommaso, mi ha detto: “Vorrei riprendere di nuovo”. E io l’ho iscritta per la terza volta, pagando anche gli anni in cui non aveva frequentato».
MARIO CAUCCI INTERVISTATO DA CHI
D. Qual era la sua vocazione? Scrivono che sia una flower designer.
R. «L’ho letto anch’io, penso che sia un refuso importante. Con tutto il rispetto dei “Mario Rossi”, mi trovo in questa situazione perché, se mi fossi chiamato Mario Rossi, non saremmo qui a parlare».
D. Quale lavoro avrebbe voluto fare sua moglie?
R. «Non mi ha espresso il desiderio di lavorare perché, ringraziando Dio, mi trovavo nella situazione di poter realizzare ogni tipo di volontà e di sogno. Ma, se mi avesse detto, per esempio: “Voglio aprire un negozio di caramelle”, le avrei aperto un franchising in tutto il mondo. Quando mi diceva di voler studiare, per me era importante, perché volevo che, frequentando insieme con lei imprenditori e persone importanti, fosse in grado di sostenere qualsiasi conversazione che andasse oltre scarpe e borse».
D. Poi si è laureata in Economia, giusto?
R. «Lo leggo anche questo sui giornali e sarei contento, vorrebbe dire che tutto quello che ho investito è servito, mi farebbe piacere sapere che si è laureata, ma non mi risulta».
D. Nel 2017 ha perso sua madre, e la sua vita è stata segnata.
R. «È stato l’anno peggiore, la fine della mia esistenza. Avevo una famiglia, dei figli, una casa, l’amore, i viaggi. La mia vita, per come la conoscevo, per come la volevo, per come l’avevo costruita, è stata rasa al suolo completamente e non è rimasto in piedi niente».
D. Come è successo?
R. «Nel 2016 mia moglie ha iniziato a essere insofferente perché abitavamo a Tivoli. Rappresento la terza generazione di una famiglia importante, che ha basato la propria storia sul lavoro e sulla creazione in questo territorio di aziende importanti che danno la possibilità a tante famiglie di vivere.
Ma tutta questa notorietà crea anche una strettoia: a Tivoli non ti puoi permettere di avere atteggiamenti e una vita sopra le righe. In una piccola comunità devi rispettare chi fa i sacrifici, chi lavora duramente dalla mattina alla sera per mettere insieme uno stipendio per mandare i figli a scuola.
Tutti sanno chi sei, dove vai, cosa fai, è una realtà che ti tiene stretto. Lei voleva andare a vivere a Roma, diceva che lì avremmo potuto muoverci con maggiore libertà. Soltanto dopo capii il vero motivo per cui voleva andare a vivere a Roma».
D. Che cos’è successo nel 2017?
R. «Nel 2017, forzatamente, ho preso una casa per noi a Roma. Quello è stato il mio primo grande errore. È stato l’inizio della fine. Ci siamo trasferiti prima dell’estate, mia madre stava male e, il 2 ottobre 2017, è morta. Con lei è venuto a mancare il perno, il pilastro fondamentale mio e di tutta la famiglia.
Una donna meravigliosa, una donna unica, portata via giovanissima da un tragico male. Il trasferimento a Roma ha segnato la fine del mio rapporto con mio padre e mio nonno. Senza mia madre sono caduto in una disperazione totale perché mi sono venuti a mancare la bussola, il consiglio, l’amore di una mamma, qualcosa che soltanto chi ha perso un genitore può capire. È un dolore che non passa mai, che è uguale ogni giorno».
D. E poi?
R. «Ho ripreso a lavorare, in qualche modo. Il 6 novembre del 2017, un mese dopo, rientro a casa e mia moglie mi dice: “Ti devo parlare. Sai che le cose tra noi non vanno bene, ci stiamo provando ma è dura, è molto difficile. Ti consiglio, quindi, visto che viaggi molto, di fare così: se devi stare fuori 3 giorni, stai fuori 10 giorni, se devi stare fuori 5 giorni, stai fuori 15, allentiamo la relazione e vediamo come va”.
E lì mi cade il secondo pilastro, a distanza di un mese. Avevo bisogno dell’amore di una moglie, dei figli, di rientrare in un nido dove sentirmi protetto. Il 7 novembre prendo le mie cose e ritorno nella mia casa di Tivoli e lì cado in depressione.
Rimango sdraiato su un divano per tre mesi, in una casa che era stata spogliata di tutto perché l’arredo era stato portato a Roma. Tornavo da solo dentro una dimora che avevamo costruito insieme, dove prima entravo e i miei figli mi correvano incontro dicendomi: “Papà!”. Non c’era più niente, neanche i lampadari, c’erano i fili che pendevano».
D. E la sua attività lavorativa?
R. «Avevo smesso di lavorare, non rispondevo al telefono, e avevo un’azienda a Verona che gestivo personalmente, quell’azienda ero io. Senza di me iniziò ad andare in crisi e fallì. Così è venuto meno il terzo pilastro della mia vita, di un uomo che ha basato tutto sul lavoro, i genitori, la famiglia. Tutta la vita che avevo costruito, in cui avevo creduto, era crollata. Mi alzavo la mattina e non sapevo che cosa fare, non avevo più rapporti con nessuno».
D. Sua moglie che cosa ha fatto?
R. «Ha iniziato a chiedere quello che, secondo lei, le spettava: “Mi devi dare questo”, “voglio la macchina nuova”, “mi servono questi soldi”, tutta una serie infinita di richieste che non potevo accontentare perché non avevo più risorse. Da lì è scaturita una richiesta di separazione giudiziale».
D. La versione di sua moglie, lo diciamo, è diversa. Nel settembre 2019 l’ha denunciata per maltrattamenti. Dalle carte si legge che, secondo Noemi, nel 2017, dopo la scomparsa di sua madre, lei “ha cominciato ad allontanarsi da me e dai figli, portando a casa un clima di totale assenza di rapporto e dialogo, dicendo che ormai la sua vita non aveva più senso”.
mario caucci e la nuova compagna, martina
Nel novembre del 2017 lei avrebbe abbandonato sua moglie, lasciandola sola a casa con i suoi figli. In seguito non le avrebbe fornito assistenza alcuna, così Noemi ha depositato un ricorso per la separazione giudiziale. Nell’aprile 2019 firmate un accordo consensuale, ma una settimana dopo lei, così raccontano i documenti, sarebbe piombato a casa di Noemi, di notte, le avrebbe chiesto di aprirle la porta, avrebbe insistito per entrare e parlare con lei, le avrebbe messo le mani al collo, l’avrebbe strattonata e aggredita. Sono accuse gravi.
francesco totti noemi bocchi foto chi
R. «È una macchinazione per arrivare ad altri risultati. Non è assolutamente vero quello che racconta ma, siccome c’è un procedimento in atto, non posso dare più informazioni prima che io le possa rendere a un giudice nella sede dove doveva rimanere questa cosa. Sono sconvolto perché soltanto oggi viene alla luce questa storia, viene infangato il mio nome, la vita di un uomo, di un padre, quando fino a ieri non c’era alcun interesse a renderla pubblica.
Dall’inizio di questo incubo ho cercato di proteggere i miei figli. C’è qui il mio avvocato, lui sa tutto quello che ho fatto per la mia famiglia. La grande differenza è che posso parlare con dati oggettivi e dico che, dall’inizio di tutta questa storia, non ho mai attaccato nemmeno una volta, ho sempre subito richieste assurde, di tutti i tipi, ho subito una separazione giudiziale assurda, ho subito ripicche, ho dovuto lottare ogni volta per difendermi».
D. Perché ha deciso di parlare?
R. «Perché voglio poter dimostrare ai miei figli che ci si deve impegnare nella vita con tutta le forze per difendere i propri valori e la propria storia e bisogna andare avanti a testa alta, con coraggio. Oggi parlo e parlerò perché ho la fortuna di poter essere ascoltato, ma ci sono migliaia di persone che non vengono ascoltate. Persone che nessuno ascolta e che sono le vere vittime. Se io fossi quello che viene descritto non potrei avere con me tutti i weekend i miei figli, non potrei andare in vacanza con loro, perché, se fai certe cose, i figli te li levano».
D. Come si è rialzato?
R. «È stata una ricerca infinita di forza, che deve venirti da dentro. Ho trovato l’appoggio dei miei amici, dei miei cari, della mia famiglia, ma nessuno può aiutarti fino in fondo perché, poi, la sera tornano tutti a casa loro e tu rimani solo: quello è il momento in cui fai i conti con tutti i tuoi mostri. Ringrazio Dio di aver avuto la forza per riemergere, tanti non ce la fanno. La mia famiglia si è riavvicinata e mi è costato tanti anni ricostruire i rapporti più stretti, a partire da mio padre, mio nonno, mia sorella».
D. Si è rifatto una vita?
R. «Ci sto lavorando, ho avuto la fortuna di conoscere due anni fa una persona, Martina, che, nel momento più buio della mia vita, mi ha teso la mano. Ha capito chi sono ed è stata la prima persona a credere di nuovo in me prima che lo facessi io».
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