Estratto dell’articolo di Valerio Cappelli per il “Corriere della Sera”
Benedetta Porcaroli è l’attrice di maggiore talento sotto i 30 anni. Ne ha 25. Ha cominciato molto presto. Appena maggiorenne andò a vivere da sola, perché «è difficile far coincidere ritmi e orari di un’attrice con chi non c’entra nulla». Tra poco la vedremo protagonista del «nuovo» Gattopardo. Dietro il successo e i tappeti rossi, un passato di adolescente presa di mira a scuola. La rivincita di Benedetta.
Ha un sentimento di rivalsa se ripensa a quando al liceo su Facebook crearono un gruppo dove la chiamavano «piatta»?
«Mi fa tenerezza, non ricordo com’era la mia vita prima di diventare attrice, anche se non mi sento così cresciuta. Ma ricordo che ci rimasi male, ero ferita. Bullismo, c’è poco da fare, anche se all’epoca non si usava questa parola. I social spesso sono usati per affondare la lama. Si deve infierire. È’ tutto estremizzato. Io cerco di proteggere chi è in difficoltà».
Dall’11 gennaio la vedremo in Enea di Pietro Castellitto.
«Lo spaccio, le feste e la giovinezza sono l’ombra di una storia che parla d’altro. Interpreto Eva che si innamora di Enea, che è Pietro. Capisco che si è infilato in un brutto giro, deve venir fuori dai propri demoni. Eva è una ragazza apparentemente serena, cambia il ritmo di una storia che va a 200 all’ora. E’ come se portasse una luce, portatrice sana di amore»
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A Venezia si parlò di un premio che poi non arrivò.
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«Ci dissero che era nella rosa dei premiati, non ho idea di quello che è successo. Io un riconoscimento all’originalità della scrittura l’avrei visto bene. E’ complicato fare un film con tutti quegli argomenti. Ma non c’è il nichilismo di una famiglia borghese, come si disse. Io lo metto tra i film che mi sono più piaciuti nella vita».
Al primo posto chi mette?
«Roma Città Aperta è la mia fonte di ispirazione. Anna Magnani, la sua capacità di portare in scena una verità drammatica che è anche dolce, di una morbidezza straziante. Portare quella verità è il motore che mi spinge a essere un’artista».
Continua a fare film su Roma Nord.
«Una realtà che conosco bene, ci sono cresciuta. In Enea Pietro dice che viverci è come aver fatto il Vietnam. Una provocazione, ma può essere un ghetto, è un quartiere freddo, lì mi viene l’angoscia. Ho comprato casa altrove».
Un anno fa a Berlino ci disse di essere in un momento di passaggio.
«Non mi ci sento più, ho una maggiore consapevolezza, sento di avere un certo potere e responsabilità. Continuano a dirmi che la mia aria malinconica riporta alle eroine letterarie del passato. Quando mia nonna mi ha visto nelle ragazze massacrate al Circeo e nelle baby squillo si è messa le mani nei capelli e mi ha detto, ma questi ruoli non possono darli ad altre attrici? In realtà sono anche ironica e si è visto in Amanda che è una commedia all’inglese, sono sarcastica, ho un umorismo tagliente, mi piace fare le battute. Non voglio entrare nell’immaginario con idee e ruoli prefissati».
La vedremo su Netflix nella serie sul Gattopardo.
«Il film è un capolavoro da cui ci siamo allontanati. Siamo partiti dal libro di Tomasi di Lampedusa, in particolare l’ultimo capitolo, quello su Concetta che è il mio personaggio, e il rapporto ancestrale che ha col suo ingombrante padre, il principe, Kim Rossi Stuart. E’ un coming of age di questa ragazza che deve capire qualcosa della sua vita, in quell’Italia di metà ‘800. La sua incapacità di raccontarsi per come si sente, se deve amare o no. Non si abbandona a nessuno, non è felice».
Concetta nel film di Visconti era coprotagonista. Le sarebbe piaciuto di più interpretare Angelica?
«Il provino l’avevo fatto per Angelica. Poi Tom Shankland, il regista, mi ha visto per Concetta e ha ragione lui. E’ stata una prova fisica durissima, sei puntate, 21 settimane. Quando sposo un progetto sono pronta a tutto, anche a farmi martoriare. Siamo chiamati ad assorbire cose della vita e a tirarle fuori. Sul set devo far coincidere due opposti: l’autodisciplina e l’abbandono totale, la non conoscenza. E l’inconscio è centrale. Io faccio sogni ricorrenti, sono quelli più angoscianti, Ingaggio dei corpo a corpo, per fortuna non muoio ma mi ritrovo in situazioni di pericolo: in uno mi azzanna un rottweiler, in un altro sono in mare aperto».
E un sogno per il 2024?
«Sto bene se faccio bei film. Devono uscire Immaculate, un horror americano dove sono una suora in un convento dove succedono cose terribili, e nel Vangelo secondo Maria interpreto una Maria ribelle. Ma sono felice anche nelle piccole cose».
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