Francesco Menichella per "www.gqitalia.it"
Sanremo 2020 regala un momento di profonda emozione grazie al coraggio e alla musica del brano Io sto con Paolo di Paolo Palumbo, giovane chef 22enne di Oristano, accompagnato dal fratello Rosario sul palco dell'Ariston e dal rapper Kumalibre, al secolo Cristian Pintus, insieme ad Andrea Cutri che dirige l'orchestra.
Amadeus, il direttore artistico e conduttore, resta in scena per incoraggiare il ragazzo che da 4 anni lotta con la SLA, acronimo di Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia che non colpisce le facoltà intellettuali e si resta coscienti del rapido deterioramento del proprio corpo.
«Alla fine si rimane chiusi in una conchiglia. Resta solo il volere ma non il potere», ha detto a GQ.it il professore Teepu Siddique responsabile del laboratorio di ricerca che da 35 anni a Chicago svolge esperimenti genetici molecolari per comprendere le cause di questa patologia. «Al momento non è disponibile una terapia funzionale. Ce ne sono alcune empiriche ma manca ancora un processo di conoscenza profonda e la SLA resta senza guarigione».
A novembre la sua canzone Io sto con Paolo non ha passato le selezioni per accedere alla finale, ma Amadeus gli ha garantito una presenza per toccare la sensibilità di tutti e realizzare la sua volontà. “Siamo 6000 in Italia e sapete chi è la persona che mi sta vicino? Si chiama Rosario, non è solo mio fratello, è anche il vero eroe,” ha detto Paolo grazie all’uso di un comunicatore vocale guidato con gli occhi.
“Al momento della diagnosi mio fratello ha lasciato tutto per me, diventando le mie braccia e le mie gambe, ogni tanto mi fa arrabbiare, ma poi torna tutto come prima. La mia famiglia mi ha insegnato cosa è la parola sacrificio senza chiedermi nulla in cambio, sono convinto che tutti abbiamo l’amore.”
Paolo, seguito dal Centro clinico NeMo dell’ospedale Niguarda di Milano, si era già fatto conoscere in occasione del Seeds & Chips Global Food Innovation Summit quando incontrò l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama a cui consegnò Sapori a colori, un libro di cucina con delle ricette da lui pensate per chi non può più nutrirsi in modo naturale e deve far ricorso a pappe omogeneizzate o al sondino.
Obama fu molto colpito dalle idee e dall’energia di Paolo e lo invitò a curarsi negli Stati Uniti. Lui ha deciso di rimanere a curarsi in Italia per aiutare la ricerca nel nostro Paese e insieme a Marco Gualtieri, fondatore del summit sull’innovazione in campo alimentare, ha lanciato un crowdfunding per sostenere la nascita di un pool internazionale dedicato alla ricerca di una cura per la SLA: #iostoconpaolo.
Nonostante le infinite difficoltà dovute a un serio aggravamento della malattia, Paolo Palumbo ha cantato assieme a Kumalimbre la sua canzone incantando tutto con le sue rime, gli occhi e un sorriso di profonda saggezza. Ecco il testo della canzone, Io sto con Paolo, che ha virtualmente vinto il 70° Festival della canzone italiana.
«Io sto con Paolo», il testo
Nella vita di ognuno di noi c’è un sogno da realizzare
dicono però per avere ciò che vuoi devi lottare
non me la sento proprio di lasciarmi andare
perché se esiste una speranza ci voglio provare
Mi chiamo Paolo e ho 22 anni e ho la sla
l’ho scoperto quattro anni fa
mi ha levato tutto tranne la vitalità
c’è chi mi giudica con troppa cattiveria
come se mi divertissi a star seduto tutto il giorno su una sedia
Il mio corpo è diventato una prigione
al di la delle sbarre ci arrivo usando gli occhi e l’immaginazione
vorrei camminare, mangiare, bere, parlare
guarire in fretta, una famiglia amici da baciare
Il percorso sarà lungo ma ce la farà promesso
nonostante la stanchezza che ogni giorno porto a presso
certe cose le capisci solo se le vivi
guardi il mondo da una finestra sperando che quel giorno arrivi
Faccio un rumore in silenzio perché ho un carattere
e do speranza a ogni malato in lacrime
ho una madre, un padre che adoro
e un fratello che mi presta gambe e braccia e non mi lascia mai da solo
Sono la montagna che va da Maometto
pur restando disteso nel letto
per volare mi bastano gli occhi
quelle volte che il mondo sta stretto
sono la montagna che va da Maometto
pur restando disteso nel letto
per volare mi bastano gli occhi
quelle volte che il mondo si è spento
Sono la montagna che va da Maometto
pur restando disteso nel letto
per volare mi bastano gli occhi
quelle volte che il mondo sta stretto
Piacere sono Paolo
ho fretta di raccontare
scusatemi la voce
da casello autostradale
sognavo di fare lo chef ci sono riuscito
vedermi con la sedia a rotelle ti ha infastidito?
Questa malattia fa paura vista fuori
ho lottato pure quando ho perso i sapori
ho guidato un drone nel cielo
ho parlato al G8
e ora canto a Sanremo
Sono la montagna che va da Maometto
pur restando disteso nel letto
per volare mi bastano gli occhi
quelle volte che il mondo sta stretto
sono la montagna che va da Maometto
pur restando disteso nel letto
per volare mi bastano gli occhi
quelle volte che il mondo si è spento
Sono la montagna che va da Maometto
pur restando disteso nel letto
per volare mi bastano gli occhi
quelle volte che il mondo sta stretto
Nella vita di ognuno di noi c’è un sogno da realizzare
dicono però per ottenere ciò che vuoi devi lottare
non me la sento proprio di lasciarmi andare
perché se esiste una speranza ci voglio provare
Credo e recito il Rosario
ed è proprio lui a tenere lontano il mio sicario
Una splendida canzone che ha dato gioia a Paolo Palumbo e sicuramente un rinnovato vigore e ispirazione a chi da tanto tempo lotta nei laboratori di ricerca per trovare un rimedio. Dopo i meritati applausi, Amadeus gli ha dato spazio per parlare di sé e del senso di tutti gli sforzi finora fatti.
«Io sto con Paolo», il significato spiegato direttamente da Paolo Palumbo, autore del brano
«Buonasera a tutti, lasciate che mi presenti. Mi chiamo Paolo Palumbo, ho 22 anni, sono nato in Sardegna e da 4 anni combatto contro la sclerosi laterale amiotrofica, conosciuta come SLA. Ringrazio lo staff di Sanremo e Amadeus per avermi dato l’opportunità di venire qui e portare il mio messaggio usando questa voce un po’ particolare. Chiudete gli occhi. Provate a immaginare che la vostra quotidianità, anche nei gesti più piccoli, venga improvvisamente stravolta.
Immaginate che il corpo che per anni vi ha sostenuti non risponda più ai vostri comandi e non possiate più provare il piacere di dissetarvi con un sorso d’acqua, canticchiare la vostra canzone preferita o fare un respiro profondo.
In Italia siamo oltre 6mila ad aver provato queste sensazioni e ad avere fatto degli accertamenti che ci hanno catapultati in un mondo ignoto. Sapete chi è la persona che mi sta vicino? Si chiama Rosario e non è solo mio fratello è anche il vero eroe di questa storia. Pensate che al momento della diagnosi lui ha lasciato tutto per prendersi cura di me, diventando le mie gambe e le mie braccia. Grazie a lui le mie incertezze sono scomparse.
Certo, ogni tanto mi fa arrabbiare e lo rimprovero ma basta la dolcezza con cui mi parla a far tornare tutto come prima. Rosario e la mia splendida famiglia mi hanno insegnato cosa significa la parola sacrificio, dedicandomi la loro vita senza chiedere nulla in cambio se non di rimanere qui con loro. Grazie al loro amore ho scoperto di avere una forza interiore che non sapevo di avere e che vorrei trasmettervi perché sono convinto che ce l’abbiamo tutti anche se non ce ne rendiamo conto.
È stato grazie a questa forza che la SLA non è riuscita a impedirmi di diventare uno chef e di realizzare tutto quello che avevo in mente di essere. Perciò la mia non è la storia di un ragazzo sfortunato, ma di un ragazzo che non si è arreso alle difficoltà e ha imparato a fine un punto d’appoggio sul quale costruire qualcosa di nuovo.
Quando vi dicono che i vostri sogni non si possono realizzare, continuate dritti per la vostra strada seguendo il cuore perché i limiti sono solo dentro di noi. La vita non è una passeggiata e dovremmo fronteggiare le sfide che ci mette davanti con tutto l’entusiasmo possibile.
Poco più di un mese fa ho affrontato un momento difficile, una crisi respiratoria. Se non fosse stato per la bravura dei medici e il sostegno di tutti quelli che sono accanto a me, oggi non ciò sarei. Quando mi sono risvegliato dalla rianimazione, ho riflettuto sulla fortuna di essere vivi.
Vi faccio una domanda: avete usato il vostro tempo nel migliore dei modi? Avete detto tutti i “ti voglio bene” che volevate dire? Avete cercato di fare il lavoro che sognavate per svegliarvi col sorriso? In questi ultimi anni ho imparato che il tempo che abbiamo a disposizione è poco e prezioso e dovremmo viverlo intensamente, riempiendolo di amore e di altruismo.
Date al mondo il lato migliore di voi e vedrete che le cose andranno meglio. Perché se abbiamo bisogno di un cambiamento è soprattutto nella mente dove stagnano le disabilità più pericolose come la mancanza di empatia e tolleranza. Malattie come la mia ci rendono uguali, colpiscono senza giudicare le nostre storie, la nostra bontà e il nostro ceto sociale o i nostri progetti.
Perciò nel vostro piccolo fate quanto più potete per aiutare il prossimo. Non buttate via la vostra vita e quando di fronte ad un problema crederete di non farcela, ascoltate e riascoltate la mia canzone. Fatela sentire a chi amate e pensate a me e a tutti quei guerrieri che ogni minuto lottano per vivere. Grazie a tutti».