Fabrizio Accatino per “la Stampa”
«Girare un film non è stata una mia idea, mi hanno chiamato. Ci ho messo entusiasmo, umiltà e tanta ansia: il primo giorno di set ho iniziato con 9 gocce di Xanax, poi sono andato a scalare fino alla fine delle riprese».
Andrea Zalone è una persona schiva. Anche ora che deve accompagnare l'uscita della sua opera prima da regista, Il giorno più bello, l'insostituibile autore e spalla comica di Maurizio Crozza affronta le interviste come una tortura. Non lo aiuta il cast, su tutti Luca e Paolo, che mentre parla non smettono un istante di prenderlo per i fondelli. Lui prova a tirare dritto, perde il filo, raccoglie le idee, ricomincia.
Il film è la storia di un wedding planner cinquantenne (Paolo Kessisoglu) innamorato della moglie del suo migliore amico (Luca Bizzarri). Vuole vendere l'azienda e scappare con lei (Valeria Bilello), ma prima ha due problemi da risolvere: convincerla a separarsi e organizzare ancora un matrimonio per due rampolli dell'alta società (Stefano De Martino e Fiammetta Cicogna).
La cerimonia dovrà essere sontuosa, visto che la sposa è figlia dell'uomo che ha intenzione di rilevare l'attività (Carlo Buccirosso). «Ci siamo ispirati a un film francese del 2017, C'est la vie - Prendila come viene», spiega Zalone. «Fabio Bonifacci ha curato l'adattamento con il mio contributo, e insieme abbiamo scritto la sceneggiatura. Siamo stati blindati cinque settimane a San Giorgio Canavese, nel Torinese, su un set dal clima bellissimo. Tutti gli attori sono stati straordinari, a partire da Luca e Paolo. Hanno sempre un'alchimia incredibile ma qui sono stati particolarmente bravi, certo non per merito mio».
Non le piace apparire, vero?
«Per nulla. Quando in Fratelli di Crozza Maurizio mi chiama in scena ho sempre quell'interminabile attimo di gelo».
È difficile fare la spalla comica da fuori campo?
«Nella vita ho avuto la fortuna di fare tante cose, che mi hanno abituato a stare dietro a ritmi non miei: l'attore, il doppiatore, il regista radiofonico. Credo che Mauri si sia accorto di queste mie caratteristiche e le abbia apprezzate. Mentre interagisco con lui ho sempre nelle orecchie i miei numeri uno: Serena Dandini e la Gialappa' s Band».
Guarda tanta televisione?
«Solo talk show, ma tutti. A casa ho due televisori sempre accesi: appena sveglio seguo Omnibus e Agorà, la sera mi alterno tra Floris e Berlinguer. Un incubo. Quando la stagione finisce non apro più un giornale per mesi».
Il personaggio a cui è più affezionato?
«Red Ronnie. Mi fa davvero ridere, è un mio momento di grande evasione, di libertà totale. In più per scriverlo abbiamo il privilegio di ascoltare prima quello vero: meraviglioso, ipnotico».
Si può far ridere senza offendere nessuno?
«No. La comicità per definizione ha sempre un bersaglio, che sia una persona o un costume, quindi qualcuno che si sente colpito c'è sempre. Se si offende significa che è un bersaglio un po' troppo permaloso».
Il professor Orsini come ha reagito alla caricatura che gli fate?
«Non lo so, per scelta Maurizio non ha mai contatti con nessuna delle persone che interpreta. Lui è stato un bersaglio facile, si è quasi offerto alla satira, praticamente immolato».
Qual è la formula chimica della battuta?
«Si parte con un ragionamento che si ritiene importante. Per trasformarlo efficacemente in una battuta si sfruttano tecniche classiche come il paradosso o il ribaltamento. Se il processo funziona e comunica allo spettatore una verità, ecco nascere il tormentone. A monte occorre però avere quel tipo di talento».
Cosa risponde a chi le obietta che quella battuta era venuta anche a lui?
«Mi capita spesso. A tutti spiego che le battute possono venire, il problema è che loro non sono obbligati a pensarle, io sì, per otto ore al giorno». Ennio Flaiano definiva l'umorista «una persona di ottimo malumore».
ANDREA ZALONE IL GIORNO PIU BELLO 3
Aveva ragione?
«Sicuramente per fare questo mestiere a livello caratteriale qualcosa di malmostoso ce lo devi avere. Ma è una professione meravigliosa e io mi sento un privilegiato».
Come trova il tempo di continuare a doppiare il dott. Michael Niederbühl nella soap Tempesta d'amore?
«Il lunedì mattina, prima di ripartire per Milano. Mi ero ripromesso che sarei andato avanti a prestargli la voce fino a quando fosse esistito, ma 15 anni dopo è ancora lì. Credo di essere l'unico doppiatore a sperare che il proprio personaggio muoia».
Con che frequenza pensano che lei sia Checco Zalone?
«Ogni volta che prendo un taxi o prenoto al ristorante. Lo capisco dagli sguardi di delusione quando compaio io».