chiara rapaccini mario monicelli
“Ero una marziana, planata dalla provincia a Roma. Moravia e gli altri li temevo, li vedevo più cattivi di quanto fossero perché ero una ragazzina. Avevo 20 anni…”.
A “Non è un Paese per giovani”, la trasmissione su Radio 2 condotta da Massimo Cervelli e Tommaso Labate, Chiara Rapaccini, l’ultima compagna di Mario Monicelli, parla del libro (“Mio amato Belzebù - L’amara Dolce vita con Monicelli e compagnia”) appena pubblicato da Giunti.
“Mario era circondato da donne molto più belle di me, da Monica Vitti a Claudia Cardinale. Era contento di andare in giro con una ventenne. Lui non aveva nessun problema. La mia famiglia non prese bene la nostra storia. In una società benpensante, borghese, era qualcosa contro le regole”.
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Chiara Rapaccini ricorda gli anni in Lotta Continua e una Roma che pullulava di mostri sacri del cinema e della letteratura legati a doppio filo al Pci, “quando c’era la vera sinistra e non il Pd”.
Cosa mi manca di lui? Mi manca un mondo di gente ironica, non politicamente corretta. Sono quelli che hanno inventato la commedia all’italiana, mi hanno insegnato a scrivere, a fare vignette”.
Il suicidio? Non c’entra la malattia. Mario era figlio di un suicida, suo padre Tommaso si tolse la vita per motivi politici. L’idea è frutto di una lucidità totale. A un certo punto, la sua vita non andava più secondo i suoi ideali e ha deciso di farla finita. Il film più amato di Monicelli? "I Soliti Ignoti. Lui invece preferiva “Risate di gioia”…"
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