“SIAMO STATE SNOBBATE DAI CRITICI: ELODIE, EMMA, LEVANTE, NOEMI E ANA MENA SONO STATE PIU’ FORTUNATE" - PAOLA E CHIARA SI TOLGONO I MACIGNI DAI TACCHI 12 – OGGI C'È PIÙ MAGNANIMITÀ NEL GIUDICARE IL POP RISPETTO A PRIMA. UN CERTO TIPO DI INTELLIGHENZIA CI TRATTAVA COME RAGAZZINE CHE FACEVANO ROBA DI SERIE B. MA QUELLA CRITICA TI STIMOLAVA" - L’APERTURA DEL CONCERTO DI MICHAEL JACKSON A SAN SIRO E IL FAN INSOSPETTABILE: ALDO NOVE – VIDEO

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Estratto dell'articolo di Mattia Marzi per “il Messaggero”

 

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«Abbiamo sofferto il fatto di essere snobbate da un certo tipo di intellighenzia, musicale e no. Ci trattavano come ragazzine che facevano roba di Serie B. A distanza di tempo, abbiamo fatto pace anche con quella parte della critica: ti stimolava. Oggi che è così accomodante nei confronti degli artisti di successo, la rimpiangiamo», dicono Paola & Chiara, togliendosi subito un sassolino dalle scarpe.

 

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Paola in questi anni ha fatto la dj. Chiara ha scritto un romanzo (In un solo grammo di cielo, nel 2019), studiato recitazione a Los Angeles, partecipato a film indipendenti (ha fatto anche un cameo in Mare Fuori, interpretando la madre di una delle protagoniste, Crazy J) e si è convertita all'ebraismo a Gerusalemme sposando nel 2014 l'israeliano Meir Cohen (l'unione è durata pochi anni: «Ogni tanto vado in sinagoga, ma non osservo lo shabbat in modo rigido», ha confessato a Vanity Fair). «È strano festeggiare un disco all'indomani della scomparsa del discografico che ci scoprì, Roberto Rossi (morto ieri a 62 anni, ndr)», dicono.

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Avete fatto in tempo a fargli ascoltare l'album?

«Sì. Era venuto in studio con noi a mixare Furore, prima di Sanremo. All'Ariston avrebbe dovuto dirigere l'orchestra. La malattia non gliel'ha consentito. Senza di lui oggi non staremmo qui. Fu lui a mandarci a Sanremo con Amici come prima».

 

Era il 1997 e avevate vent'anni: eravate coscienti di quello che stava succedendo?

«No. Fu come entrare in un turbine: il tour da coriste degli 883, il primo disco Ci chiamano bambine, l'apertura del concerto di Michael Jackson a San Siro, i Festival di Sanremo. Ad un certo punto ci ribellammo».

 

Come?

«Nel '98 ce ne andammo in Irlanda. Lì scrivemmo l'album Giornata storica».

 

Cosa vi eravate messe in testa?

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«Rivendicare di essere sempre state avanti per i tempi, facendo un pop internazionale in un paese tradizionalista. Un flop: le canzoni erano troppo sofisticate. Ma poi ci prendemmo le nostre soddisfazioni».

 

Cioè?

«Nel 2012 il Guardian mise Non puoi dire di no tra le dieci canzoni più belle del pop italiano. In Festival suonava il basso Guy Pratt, che rimpiazzò Roger Waters nei Pink Floyd. La versione inglese fu tradotta da Billy Steinberg, autore di Like a Virgin di Madonna. Quella di Vamos a bailar da Gary Kemp, ex Spandau Ballet. Con questo disco prendiamo quello che c'era di buono nel passato e lo mixiamo con il talento degli artisti di oggi, facendoci produrre da Merk&Kremont, Cosmo e Fudasca».

 

Cosa vi lega a Elodie, Emma, Levante, Noemi e Ana Mena?

«Sono delle "sorelline". Elodie ci diceva: "Se rifarete i vostri pezzi io canto Festival". Emma ha voluto fare una versione elettronica di Fino alla fine prodotta da Andro dei Negramaro. Noemi ha portato una sfumatura di rock in A modo mio».

 

Sono state più fortunate rispetto a voi?

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«Sì. Oggi c'è più magnanimità nel giudicare il pop rispetto ad allora. Per convincere gli snob dovevi fare l'alternativo. Però a distanza di 20 anni abbiamo fan anche tra gli intellettuali».

 

 Il più insospettabile?

«Lo scrittore Aldo Nove».

 

Com'è stato ricantare con Pezzali "Amici come prima"?

«Come chiudere un cerchio. Max c'è sempre stato, come Jovanotti (con lui hanno reinciso Hey, ndr). È stato fondamentale anche nella reunion, quando l'estate scorsa ci ha invitate ai suoi live a San Siro».

 

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Dai vostri, di concerti (domani e domenica saranno al Fabrique di Milano, il 19 e 20 maggio all'Auditorium Conciliazione di Roma, dove torneranno ad esibirsi il 10 giugno come madrine del Roma Pride, ndr), cosa bisogna aspettarsi?

«Una celebrazione anche della nostra diversità

 

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