Ottavio Fabbri per “Libero quotidiano”
Estate 1971. Proveniente da Urbino, dove ho dato un esame di Storia del Teatro con l'eminente Luciano Codignola, e di Storia del Cinema con Luigi Chiarini, critico cinematografico e direttore del festival del Cinema, nonché con Michelangelo Antonioni, che mi ha appena promesso di prendermi come assistente essendo stato il migliore del corso universitario, arrivo a Venezia con la testa piena di sogni.
Morte a Venezia, luchino visconti
Visconti mi ha accettato come assistente volontario su indicazione di Romolo Valli, uno degli attori di Morte a Venezia adesso in lavorazione all'Hotel Des Bains. Mi riceve, naturalmente come un intruso, una specie di feldmaresciallo in gonna, Anna Davini, terrore della foltissima troupe del film, a sua volta terrorizzata dal Signor Conte Luchino.
Infatti il primo rauco urlo che risuona potente nella vecchia hall del Des Bains è quello del Signor Conte: «Anna!!!». La Davini scatta con una evidente consuetudine alla chiamata di Visconti mentre io mi faccio sempre più piccolo, angosciato dal mio altrettanto piccolo destino di volontario in un via vai di maestranze di geometrica precisione.
Morte a Venezia, luchino visconti
Dirk Bogarde, Silvana Mangano, Marisa Berenson e altre figure bellissime mi passano davanti agli occhi, sono incantato... «Ti vuole parlare il Conte. Sbrigati». Il feldmaresciallo per accelerare la cosa mi tira per un braccio fino al cospetto di Luchino Visconti seduto su di una sedia da regista con scritto il suo mitico nome.
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Ha in mano un bicchiere pieno di un liquido giallognolo. «Non bere mai le spremute di arancio sul set, le fanno con l'acqua della laguna! Non so se sanno più di merda o di piscia di topo». Non so cosa dire. Dico solo va bene. «Mi piaci perché parli poco e con questa chioma sembri il giovane Werther... Tu segui qualche giorno le riprese e poi ti do qualche cosa da fare».
Morte a Venezia, luchino visconti
Sono in estasi. Passo la notte insonne... Oggi ho deciso di prendere qualche appunto sui movimenti di macchina e sulla direzione degli attori. Il film è in presa diretta e Visconti si accorge di ogni mosca che vola e disturba le riprese. Più volte urla «Cappotto!. Anna! Il mio cappotto!» «Non si puoò!» e si alza infilando il cappotto per andarsene. Poi non se ne va.
Morte a Venezia, luchino visconti
Ce l'ha a morte con qualsiasi specie di volatile: dal moscerino agli aerei del vicino aeroporto Marco Polo che pare inviare apposta gli aeroplani a reazione sulla precisa traiettoria che porta a sorvolare il set, silenzioso santuario dei sogni di ognuno.
È passato qualche giorno da quando prendo appunti e faccio accurati disegni sulla lavorazione del film. Mi chiama il Conte con un cenno inequivocabile e mi chiede cosa sto facendo. Con una certa fierezza gli mostro i miei preziosi appunti e disegni. Li straccia con precisione quasi acrobatica e mi dice «Se vorrai fare un discreto film ricordati che bisogna avere letto molto e vissuto moltissimo». Grazie signor Conte.
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