Luigi Offeddu per www.corriere.it
Non erano ometti. E neppure bambine. Ai mattoncini o pupazzetti con le braccia e le gambe snodabili e intercambiabili che aveva creato con il marchio Lego per i bambini (ma anche per molti adulti dotati di fantasia) in tutto il mondo, Jens Nygaard Knudsen non aveva mai dato un’età, un sesso, un volto preciso, soprattutto una razza, il colore di una pelle (il colore giallo fu scelto soltanto perché, in un sondaggio, risultò «il preferito dei bambini»).
Quei pupazzetti o figurine avevano un’espressione neutra, perché tutti potessero giocare con loro in libertà, perché ogni bambino potesse scegliere la loro espressione, in un certo senso la loro «anima». E comporre con loro, con le loro minuscole braccia e gambe, un proprio mondo. Ogni figura, un’avventura, un sogno, un apprendistato giocoso alla vita: così almeno le considerava lui, e il mercato non lo ha mai smentito.
Knudsen è morto mercoledì a 78 anni in una casa di riposo sulla costa occidentale della sua Danimarca, dopo una vita «traboccante di idee», come ha detto qualcuno dei suoi antichi colleghi. E dopo avere, come ha detto la sua vedova all’agenzia France Presse, «messo la vita nelle case».
Aveva lavorato come disegnatore per la Lego dal 1968 al 2000, e aveva esercitato la sua fantasia su quei progetti di figurine per quasi 10 anni, prima di lanciarle ufficialmente nel 1978. Avevano quasi subito conquistato il mercato mondiale, superando i rivali americani come quelli della Hasbro, anche durante la crisi più profonda dell’industria dei giocattoli: la Lego, che produce in Danimarca, nella Repubblica Ceca e in Ungheria, solo nel 2019 e solo in Cina ha aperto 80 nuovi negozi.
I mattoncini, o figurine, disegnati da Knudsen hanno popolato nel tempo e nei Paesi dalle culture o sistemi sociali più diversi intere città in miniatura, film e video-giochi, scenari teatrali e panorami della natura. Tutto affidato all’immaginazione dei bambini.
Che quei bambini fossero iscritti a qualche organizzazione giovanile comunista, com’era il caso della Repubblica popolare cinese, o figli benestanti di una società occidentale liberista, come in Germania o in Scandinavia o negli Usa, che fossero cresciuti in famiglie conservatrici o all’avanguardia culturale nei rispettivi Paesi, poco cambiava.
Per Knudsen cambiavano e cambiano i valori, non il tocco della sua fantasia: che era sempre delicato, e rispettoso dei piccoli appassionati; anche gli smartphone, o tutti gli oggetti o giocattoli digitali, nonostante il loro successo negli ultimi anni non erano riusciti a umiliare i pupazzetti, a buttarli fuori dal mercato. Perché con loro, ogni bambino continuava a creare in libertà il suo piccolo universo.
Con i suoi baffoni e occhiali, il disegnatore danese era una sorta di mago nascosto dietro le quinte di quel mondo, presente ma sempre discreto, mai dominante. Leggendaria è sempre stata la battaglia impegnata dalla Lego con l’altra rivale Playmobil pure creatrice di grandi successi. Per il Natale 2019, per esempio, Playmobil ha «schierato» sul mercato italiano la «Casa delle bambole trasportabili», o la «Caserma dei Ghostbusters (“cacciatori di fantasmi”)». E la Lego, il famoso Castello di Hogwarts di Harry Potter. In quel momento, il mago Knudsen non era più in trincea. Ma in qualche modo, la sua passione per la fantasia aleggiava ancora su tutto il mondo dei giocattoli.