1. NANNINI: IL MIO ROCK NON HA BISOGNO DI FRONZOLI
A.Laf. per il “Corriere della Sera”
L' anima rock Gianna Nannini l' ha sempre avuta. In questo HitStory tour la tira fuori ancora di più. Il concerto di debutto di domenica all' Auditorium Lingotto di Torino è partito con uno schiaffo.
«America» è un aggressione a colpi di chitarre. E così tutta la prima parte con «Avventuriera» (non la faceva da 20 anni circa), «Possiamo sempre» e «Vita nuova». «Per fare il rock ci vuole la voce. Io ho imparato da quelle nere come Otis Redding, Nina Simone, Ray Charles o dalle francesi come Edith Piaf.
In futuro sarà difficile trovare cantanti come me perché l' uso degli auricolari ha cambiato il mondo. Tutti si canta perbenino, senti bene la tua voce e questo ti soddisfa. Con i monitor dovevi imparare a spingere per sentirti».
Niente foto al concerto. Lo dice un annuncio. «I concerti non sono un karaoke, ma una cosa seria. Se stai davanti allo schermo del telefono non te lo godi», spiega la rocker dietro le quinte. Qualche addetto alla sicurezza prende fin troppo alla lettera l' invito a non scattare e rimprovera in modo aggressivo e poco educato la platea creando imbarazzo e tensione.
Sul palco c' è anche il sestetto d' archi Red Rock Strings a dare un tocco sinfonico su alcuni brani, aperitivo di un concerto previsto all' Arena di Verona il 14 maggio quando Gianna si esibirà con una vera orchestra. «Ho aspettato tanto per far sentire il mio suono sinfonico-rock e finalmente eccolo».
Gianna pesca fra le hit storiche - «Profumo» rallentata e solo tastiere, archi e coriste gospel si fa godere, c' è anche «Un' estate italiana», spesso trascurata in passato - ci sono i brani più recenti e le cover che messo nei suoi ultimi due progetti, da «Ciao amore ciao» a una «Dio è morto» molto tirata. «Ho deciso la scaletta in funzione dei testi, delle risonanze fra le parole. È come un libretto d' opera che racconta momenti diversi della vita».
Il punto debole è la scenografia. «Non voglio contributi video perché distraggono. E niente led perché colorano invece che illuminare. Ho tolto i fronzoli: quelli vanno bene per chi non sa cantare». Allora invece di avere qualche proiezione impersonale e qualche addobbo da sera, meglio essere radicali e andare verso il palco nudo. Nel nome del rock.
2. NIENTE FOTO, SOLO MUSICA
Andrea Laffranchi per il “Corriere della Sera”
«No foto. No registrazioni audio e video». È stampato sui biglietti di tutti i concerti.
Divieto che nessuno rispetta. Per una volta non è un difetto di noi italiani eternamente allergici alle regole. Anche all' estero la platea è sempre illuminata dagli schermi led degli smartphone.
Come se non fossimo capaci di godere di un' esperienza in modo diretto. Come se il dimostrare che c' ero fosse più importante dell' esserci veramente. Fotografiamo il piatto al ristorante per postare lo scatto su Instagram. Al Louvre facciamo il selfie-ricordo davanti alla Gioconda.
E allora anche la canzone del cuore è destinata a finire in quella discarica di byte fatta di memorie dei telefonini, YouTube e social network. Al ristorante e al museo, però, l' esperienza non è mediata dal mezzo. Il piatto alla fine ce lo mangiamo. Ci voltiamo e il quadro lo guardiamo (si spera) con i nostri occhi. Durante un concerto nel momento in cui lasciamo che lo smartphone filtri la nostra esperienza, ce la siamo persa. Non possiamo chiedere al cantante di rifare un pezzo.
È andato. E il giorno dopo rivederlo su uno schermo da 5 pollici non è la stessa cosa (anche se ci risparmia il sudore del vicino) e non ha nemmeno il fascino dei bootleg, le registrazioni pirata di una volta.
Il divieto è storico. In era pre-smartphone si rischiava il sequestro dell' apparecchiatura e a fine serata i promoter avevano cestoni pieni di macchine fotografiche. Una decina di anni fa Renato Zero si esibì di spalle nell' ultimo bis di un concerto a Palermo perché infastidito dai flash.
pistoletto gianna nannini porta bianca
Per lo stesso motivo nel 2000 Robert Fripp dei King Crimson se ne andò dal palco della Cavea di Roma lasciando di stucco pubblico e resto della band. Con gli anni si sono visti i primi timidi scatti da cellulare e oggi i social network hanno convinto i cantanti a digerire scatti e riprese.
Non ovunque. Alla Scala e in generale nei teatri d' opera i telefonini sono vietati. Ma inizia a esserci tolleranza per il momento degli applausi finali al cast schierato. Keith Jarrett, uno che di manie ne ha più d' una, è ancora capace di interrompere il concerto se qualcuno scatta. Le direttive delle star e degli organizzatori cambiano. Bob Dylan e altri grandi nomi non vogliono vedere macchine reflex fra il pubblico, ma accettano i telefonini. David Byrne chiede di limitare gli scatti e di non usare tablet.
C' è chi ha provato a integrare i device nello spettacolo: Marco Mengoni nel tour dell' anno scorso ha sviluppato un'app che interagisce con alcuni momenti del concerto, Mika dirige una coreografia di luci dei flash. Però non è che durante il resto dello show i cellulari restino in tasca. Gianna Nannini ha provato a dire no. L' eccesso di zelo e la maleducazione della security (un rimprovero ad alta voce ha addirittura coperto le note di un passaggio voce e piano) hanno creato malumori e nervosismo in sala. Uno schermo acceso distrae, ma anche una guardia che gira come una ronda in un carcere non ti lascia godere lo show.
gianna nannini all'ariston fedez gianna nannini NANNINI