QUANDO LA TV ERA EDONISMO - TRENTA ANNI FA ANDAVANO IN ONDA LE 33 PUNTATE STRACULT DI “QUELLI DELLA NOTTE”, MIRACOLO TELEVISIVO DI RENZO ARBORE CHE MESCOLAVA CAZZEGGIO E SWING - NON ERA UN FORMAT, MA UNA FESTA CONTINUA

Nanni Delbecchi: “Improvvisamente, alle 23 su Rai2 il monoscopio fisso sparì; era nato quello che D'Agostino definì “il primo programma orizzontale della storia della tv”, la nemesi della notte sul giorno e del non - sense sul luogo comune, una parodia del talk show che anticipava il talk show serio”…

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Nanni Delbecchi per il “Fatto quotidiano”

RENZO ARBORE QUELLI DELLA NOTTE RENZO ARBORE QUELLI DELLA NOTTE

 

Chissà se Quelli della notte , di cui stasera Fabio Fazio celebra il trentennale su Rai3 ospitando a Che fuori tempo che fa Renzo Arbore, Maurizio Ferrini e Nino Frassica, sarebbe entrato nella storia della tv, e poi del costume, e poi nella leggenda se non fosse passato sugli schermi di casa in un lampo, come una stella cadente. Nei ritmi di quelle 33 puntate in onda dal 29 aprile al 14 giugno 1985, un mese e mezzo in tutto, ci fu qualcosa di così rapido e insieme di così perfetto da rasentare la magia.

 

Tutto accade nel centro esatto degli anni Ottanta, quando ancora la seconda serata in Tv non esiste, la Rai manda in onda solo il monoscopio fisso, ma il mondo è entrato in pieno trip da “Edonismo reaganiano” e l’Italia riscopre una gran voglia di divertirsi, una nuova età del jazz. La leggenda vuole che l’idea sia venuta ad Arbore dopo una riunione condominiale a casa della mamma a Foggia, sulle ali delle sue due grandi passioni, la radio e il jazz.

arbore quelli della notte arbore quelli della notte

 

Sullo swing del cazzeggio, quello di Bandiera gialla e soprattutto di Alto gradimento, si fanno largo i solisti che interpretano se stessi o un loro doppio: assoli, improvvisazioni, tormentoni, di una jam session televisiva, come l'ha definita Arbore stesso. “Volevo portare il blues nella parola”, ha dichiarato recentemente; e gli riuscì in pieno grazie al suo pollice verde, allo scouting infallibile per il talento altrui (altro che Bersani).

 

RENZO ARBORE QUELLI DELLA NOTTE RENZO ARBORE QUELLI DELLA NOTTE

I talent di oggi battono tutta Italia per selezionare migliaia di candidati; Arbore si limitò a passare dal condominio della mamma a quello di casa sua, per portare sullo schermo un po' di amici: il rappresentante di pedalò veterocomunista Maurizio Ferrini; Fra’ Antonino da Casazza, al secolo Nino Frassica; l'indefesso indossatore di foulard e scopritore di acqua calda Massimo Catalano; il teorizzatore del brodo primordiale professor Pazzaglia; Mario Marenco, alias Riccardino, il padre di tutti i b i mbiminkia; la telefonista svampita Iside Martufoni, alias Simona Marchini; il giovane Roberto D'Agostino in veste di effimerologo e lookologo.

 

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Di tutti solo Maurisa Laurito veniva dal teatro, ma fu lieta di dimenticarsene. Improvvisamente, alle 23 su Rai2 il monoscopio fisso sparì; era nato quello che D'Agostino definì “il primo programma orizzontale della storia della tv”, la nemesi della notte sul giorno e del non - sense sul luogo comune, una parodia del talk show che anticipava il talk show serio.

 

Lo share schizzò oltre il 51 per cento e da trent'anni non si è più smesso di chiedersi quale fosse il segreto di Quelli della notte . A ripensarci oggi, il sospetto è che consistesse in qualcosa di molto semplice: i protagonisti erano i primi a divertirsi come pazzi, per davvero, non per esigenze di copione. Ma perché si divertivano e facevano divertire così tanto?

DAGO A QUELLI DELLA NOTTE DAGO A QUELLI DELLA NOTTE

 

Qui entra in gioco la magia di una festa riuscita, sempre più riuscita, per tutti i suoi 33 giorni. A rivedere gli spezzoni d'epoca (come accadrà stasera a Che fuori tempo che fa) ci si accorge che in Quelli della notte brilla la fiamma dell'irripetibile, il mistero per cui ci sono feste in cui ti vorresti sparare dalla noia, poi ce ne sono altre così divertenti che vorresti non finissero mai; e non si è mai capito dove sta la differenza. No, Quelli della notte non anticipò e non aprì la strada a un bel niente.

 

Unica fu la festa, e unica è rimasta dopo avere illuminato il monoscopio come una stella cadente, ma che cadendo realizza il suo desiderio. Oggi si va per format, scalette, casting, script, si costruiscono i salotti come l'uvaggio di un vino barricato; oggi non ci sono più le seconde serate di una volta, anzi, non ci sono proprio le seconde serate. E dopo le lucciole, sta scomparendo anche la notte. Di giorno si suda, come diceva Neruda; ma come si fa a tirar tardi in compagnia di Salvini, di Orfini e della Santanchè? Finisce che uno se ne va a letto presto, come De Niro in C'era una volta in America , e si domanda se anche il monoscopio fisso, dopotutto, non avesse il suo perché.

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