come lo spieghi agli stranieri Marco Mengoni e Fiorello che giocano a tennis alle due e mezza di notte subito dopo la prima serata del festival più importante d’Italia????
LE RISATE PER FAVORE
— g? (@zendayal0vebot) February 7, 2024
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera" - Estratti
Che il festival sia iniziato con la fanfara dei carabinieri e il segno della croce di Amadeus la dice lunga sul rapporto fra Sanremo e il Paese: segni e sogni di un’identità che si manifesta in maniera patriottica, sacristica, senza limiti di tempo perciò sghemba ma franca. Da cercarsi, questa volta, più nelle 30 canzoni che negli interventi degli ospiti.
È una serata scolastica, militaresca, freddina nonostante l’emozione iniziale di Mengoni (ma dopo gli scrivono una gag inguardabile). Il focus è sulla musica e gli intermezzi di scrittura tv (12 telecamere!) sono privi di guizzi. Nella quinta conduzione consecutiva, Amadeus sfrutta l’usato sicuro, la ripetizione, la comfort zone; per ora non c’è spazio per osare.
Eppure, ogni anno ci stupiamo e ci interroghiamo sul clamore che Sanremo riesce a suscitare, rimandando al Sanremo successivo le risposte.
Qualcosa però si può azzardare.
Sanremo è per sua natura espansivo: cinque giorni, sei ore ogni giorno, e poi il dopo, il prima, il sopra, il sotto: una vocazione seriale. Tutta la Rai è al servizio del Festival; nel frattempo, i media al completo s’inchinano all’evento, in diretta.
Sanremo è un mito che si autoalimenta, basti pensare che persino la sala stampa (l’amplificazione dell’evento) diventa parte della cerimonia.
Sarebbe sufficiente misurare il tempo e lo spazio che i media dedicano alla manifestazione (noi compresi) per capire come Sanremo sia un ventaglio che si espande in molti spicchi ciarlieri, e in ciascuna di tali storie divergenti si riflettono le altre, come lembi di uno stesso tessuto (narrativo). La manifestazione in sé non è un racconto coerente ma solo una giustapposizione di momenti; è il contesto che rivitalizza il testo, trasforma il Festival in un composito rito mediale.
Da qualche anno, Sanremo ha anche ritrovato quella brillantezza che negli anni passati si era un po’ appannata: lo streaming ha cambiato il modo di ascoltare la musica (non si vendono più i dischi) e quindi i cantanti devono arrivare a Sanremo non con una canzone «sanremese» ma con il meglio della loro produzione.
Amadeus, molto bravo nel fiutare l’aria in campo musicale, forse è più bravo come organizzatore, selezionatore di cantanti che come presentatore: per paradosso, ha saputo mettere i suoi limiti al servizio dello show. Giusto così, rimettere al centro di Sanremo la musica e i giovani, il cui ritorno come spettatori è il segno più rimarchevole. Quest’anno si è liberato dell’ingombrante presenza di Lucio Presta ma, in compenso, si è affidato al suo angelo custode, Rosario Fiorello presente a Sanremo in carne e in spirito, corroborato dal successo di Viva Rai2 ! (sempre il meglio, gli basta un’apparizione per creare la differenza).
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